"CHARISSIMI, NOLITE OMNI SPIRITUI CREDERE... DEUS CHARITAS EST" (1 Gv., 4.1-8)
"Carissimi, non prestate fede a ogni spirito (...) Dio è Amore pieno di grazia" (1 Gv., 4, 1-8)
IL VERBO SI FECE CARNE E VENNE AD ABITARE IN MEZZO A NOI (Cfr. tutto il Prologo dell’Evangelo di Giovanni - Gv., 1, 1-18) ....
E "noi" subito ci affrettammo ad aprire tante "macellerie" ("chiese") in cui poter vendere finalmente anche la "carne" di Dio a caro prezzo ("caritas")!!!
LA CHIESA DEI MERCANTI, DEL "LATINORUM", E DEL DIO "RICCHEZZA", DEL DIO-MAMMONA. Il teologo Ratzinger scrive da papa l’enciclica "Deus caritas est" (2006) e, ancora oggi, nessuno ne sollecita la correzione del titolo. Che lapsus!!! O, meglio, che progetto!!! E quanto consenso!!!
TUTTO IL PROLOGO DELL’EVANGELISTA GIOVANNI (Gv. 1, 1-18) PARLA DI GRAZIA (χάρις, χάριτος: "chàris" - "chàritos" ... charitas), DI "GRAZIA SU GRAZIA" ...
MA OGGI SI PREDICA E SI VENDE LA "CARNE" DI DIO SOLO SECONDO LE "TARIFFE" STABILITE DA PAPA BENEDETTO XVI ("Deus caritas est", 2006), A CARISSIMO PREZZO ("CARITAS") IN TUTTI I LUOGHI (E CON LA PRETESA DI NON PAGARE NEMEMNO L’I.C.I)!!!
E l’eu-charistia è diventata una eu-carestia per tutti gli esseri umani... e un grandissimo affare per tutto l’ordine sacerdotale e per tutta la gerarchia cattolico-romana!!! (Federico La Sala)
“Padre giusto, il mondo non ti ha conosciuto, ma io ti ho conosciuto...” (Gv 17,25).
*** * ***
O AMORE ("Charitas"),
SPIRITO SANTO,
PADRE NOSTRO,
CHE SEI NEI CIELI,
SIA SANTIFICATO IL TUO NOME,
VENGA IL TUO REGNO,
SIA FATTA LA TUA VOLONTA’
COME IN CIELO COSI’ IN TERRA.
TU CI DAI OGGI IL NOSTRO PANE PIU’ SOSTANZIOSO,
E RIMETTI A NOI I NOSTRI DEBITI
COME NOI LI RIMETTIAMO AI NOSTRI DEBITORI.
TU NON CI INDUCI IN TENTAZIONE
MA CI LIBERI DAL MALE.
COSI E’: COSI SIA.
AMEN.
Sul tema, nel sito, si cfr.:
BUONA NOTIZIA: BUON NATALE!!! ECCO COME AVVENNE LA NASCITA DI GESU’ CRISTO.
CREATIVITÀ. Una sollecitazione a svegliarsi dal sonno dogmatico.... *
Abbiamo visto la sua gloria
di Mario Delpini (Avvenire, sabato 22 dicembre 2018)
Se il Verbo, Parola eterna del Padre,
deve imparare a parlare
per dire “mamma”, “papà”, “amici”, “fratelli”,
per dire “sì” e per dire “no”,
per dire “acqua” e “fuoco”, “campo”, “pecore”,
allora abbiamo visto la sua gloria
nella parola d’uomo che chiama e consola e illumina i figli degli uomini.
Se colui che ha fatto il cielo e la terra,
deve imparare a lavorare
nella bottega del falegname
per guadagnarsi il pane, per dare forma e bellezza e utilità
e sentire la fatica nelle braccia e le mani indurite dai calli,
allora abbiamo visto la sua gloria
nella fatica quotidiana che rende abitabile il mondo,
la casa dei figli degli uomini.
Se Gesù, che è la vita del mondo,
deve vedere la morte e imparare il soffrire
e piangere la morte degli amici e delle persone care,
e consolare le lacrime degli afflitti
e condividere lo strazio degli affetti spezzati,
allora abbiamo visto la sua gloria
nella compassione che abita in cuore d’uomo.
Se il Figlio Unigenito, che è nel seno del Padre,
deve imparare la strada per Gerusalemme
e camminare insieme al popolo per cantare le antiche preghiere
ed esultare alle porte della città santa
e commuoversi per la devozione e per il peccato,
allora abbiamo visto la sua gloria
nell’abitare del Figlio nel seno del Padre
per preparare un posto per ogni figlio d’uomo.
La terra è piena della gloria di Dio,
il Figlio di Dio ha imparato a essere figlio dell’uomo,
i figli degli uomini possono imparare a vivere come figli di Dio.
Auguri!
Santo Natale 2018
*
Sul tema, nel sito, si cfr.:
GUARIRE LA NOSTRA TERRA: VERITÀ E RICONCILIAZIONE. Lettera aperta a Israele (già inviata a Karol Wojtyla) sulla necessità di "pensare un altro Abramo" -
CREATIVITÀ: KANT E LA CRITICA DELLA SOCIETÀ DELL’UOMO A "UNA" DIMENSIONE. Una sollecitazione a svegliarsi dal sonno dogmatico.
DAL "CHE COSA" AL "CHI": NUOVA ERMENEUTICA E NUOVO PRINCIPIO DI "CARITÀ"! DELLA TERRA, IL BRILLANTE COLORE.
Federico La Sala
ITALIA.
NATALE 2008 DOPO LA NASCITA DEL MESSIA... *
Per il generale e comune mondo accademico (laico e religioso), la parola "Cristo" (in greco) traduce la parola "Messia" (in ebraico), che viene fatta derivare dalla parola mashìach (משיח, "unto") ...
SEMBRA TUTTO CHIARO - COME L’ACQUA. Ma qui si parla di "unto" e, quindi, di "olio". E la cosa non è affatto chiara. E la "Vox populi", fosse anche la "voce" del popolo dotto e dei dottori, non è coincisa mai con la voce di Dio (Vox Dei). E’ stata sempre e solo uno strumento e uno slogan di manipolazione del popolo-massa da parte dei vari Signori della Terra e della Guerra.
IL MESSIA NON E’ AFFATTO UN "UNTO", UN MESSO DI DIO. A rigor di logica e di testi evangelici, la differenza è abissale, come tra il messaggio dell’Imperatore (ricordiamo la lezione di Kafka) portato da un com-messo - un funzionario, e il figlio dell’Imperatore, inviato dall’Imperatore stesso, che è uno con il Padre ed è il messaggio in persona - in carne ossa e spirito.
Per risalire la corrente e, come un pesce salomonico ("Ichthus"), ritrovare la sorgente d’acqua viva, dobbiamo quanto meno ripensare al "perch’io te sovra te corono e mitria" di Virgilio a Dante (Purg.; XXVII, 142) a Lutero (sacerdozio universale) e a don Milani (sovranità universale) e ricordarci di Melchisedech.
Il MESSIA è CHI sa CHI è, CHI sa CHI lo manda, e che sa CHE COSA vuole e CHE COSA viene a fare. Non è un servo - e non è "unto" (come un pesce morto, pronto da friggere)! Porta la "spada" come Salomone, e porta la "luce", il "fuoco" che non brucia, e illumina le tenebre! Egli sa da dove viene e dove va: al di qua e al di là di Mosè e di Elia, egli è il Principio e la Fine, l’Alfa e l’Omega.
IL MESSIA E’ IL FIGLIO DI DIO, E DEL DIO AMORE ("DEUS CHARITAS EST", 1 Gv., 4, 1-16). Con il Padre e insieme al Padre, lo Spirito Santo ("Deus charitas est"), Egli è il Messaggio e il Messaggero! La Verità, tutta intera, di fronte a Pilato: Gesù, "Dio salva". E’ la Persona che è la via la verità e la vita, per tutti gli esseri umani per procedere verso la Salvezza, la Terra Promessa - il Regno di Dio (Charitas - Amore).
QUESTO E’ IL MESSIA. E questo Messia è già venuto - ed è il figlio del Dio di Giuseppe e di Maria!!!. La luce splende nelle tenebre: è nato il Messia, è nato Gesù ("Dio salva") , oggi - e per l’eternità.
La tragedia è finita. Il buon-messaggio è arrivato sulla Terra: Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli esseri umani di buona volontà...
ORA TUTTO CAMBIA ED E’ TUTTO CAMBIATO. "ORA", NOI, tutti gli esseri umani, SIAMO DIVENTATI PER NOI STESSI UN GRANDE PROBLEMA!!!
DA AGOSTINO, A ROUSSEAU, A NIETZSCHE, A WITTGENSTEIN, SEMPRE LO STESSO INTERROGATIVO. La questione antropologica antica ("che cosa è l’uomo?") diventa un’altra. Ora - dopo la venuta del Messia, dopo la venuta di "Cristo", siamo sollecitati e costretti a interrogarci diversamente, con più profondità e con più altezza: "CHI SIAMO NOI, IN REALTA’?"(Nietzsche). "L’Io, l’IO, è il mistero profondo - e non in senso psicologico"(Wittgenstein).
"QUI E ORA", TOCCA A NOI DECIDERE. Siamo noi, tutti gli esseri umani, il Messia che deve venire sulla Terra.... ed è "qui e ora" che siamo chiamati a svegliarci e a decidere. Continuare ad essere servi, olive da schiacciare e farne olio dei vari Signori di Mammona di turno (come il teologo della "Dominus Jesus" e della "Deus caritas est" dell’af-faraonismo vaticano) per ungere il loro inviato di turno o, diversamente, diventare fratelli e compagni di viaggio di Gesù e quindi figli e figlie dello Spirito del Dio (Charitas)dei nostri Padri e delle nostre Madri Costituenti.... decisi, finalmente, a vivere e a operare in Spirito di Giustizia e Pace?!
SAPERE AUDE! IL MOTTO DELL’ILLUMINISMO KANT LO RIPRENDE VIENE DAL LATINO DI ORAZIO E NON SIGNIFICA SOLO AVER IL CORAGGIO INTELLETTUALE DI SAPERE. Richiama l’esperienza e la sensibilità: significa anche avere il coraggio di as-saggiare.
Nella Lingua d’Amore (Charitas) della Buona Novella (Eu-angelo) e della Buona-Grazia (Eu-Charistia), significa accogliere l’invito alla tavola della Sapienza del Messia (e non di qualche Cannibale unto dal Signore del posto) ed essere accolti a nostra volta come Messia: Prendete, questo è il mio corpo... questo è il mio sangue....
E’ una rinascita e una risurrezione, non la morte e la devastazione senza fine. Amore è più forte di Morte (Ct., 8.6). E’ l’inizio di un’amicizia infinita - non di una guerra, e di un dialogo nuovo - nella Lingua d’Amore.
La tragedia è finita. Inizia la Commedia. E Dante è sempre qui a ricordarcelo...
Il Messia è nato.
Che il Messia che deve venire, venga finalmente...
Moltissimi, moltissimi Auguri...
BUON NATALE
Federico La Sala (18.12.2008)
Natale mistico
La notte di luce che rivela noi a noi stessi
Il senso della festa non è nel mito, ma in un evento reale che ha diretta incidenza sull’animo umano
di Marco Vannini (la Repubblica, 24.12.2013)
La nascita di Gesù fu posta dalla Chiesa latina al solstizio di inverno perché in quella data i romani festeggiavano il sol invictus, ovvero il sole che, giunto al punto più basso del suo corso nel cielo, non scompare, ma sembra fermarsi in attesa, e riprende da allora in poi vigore. Come molte altre, questa festività cristiana prese così il posto di una pagana: Cristo, sole di giustizia, sostituì la precedente divinità astrale.
In questi giorni del solstizio tutti provano comunque una sensazione di pace, che invita al raccoglimento, alla meditazione, e non v’è dubbio che la stagione astronomica e meteorologica sia per questo determinante: il tempo sembra fermarsi, la natura sembra silenziosa, in ascolto, la vegetazione in attesa di rinascita.
Oltre alla natura però contribuisce potentemente a questa sensazione la cultura, ovvero il passato cristiano, la cui influenza continua a farsi sentire nella nostra società post-cristiana: anche molti secoli dopo che Buddha era morto, come ricorda Nietzsche, la sua ombra continuò ad essere presente.E non meraviglia che sia così: quel passato era infatti ricco, forte, tanto - ad esempio - da dare a un oscuro maestro elementare e a un povero parroco di villaggio l’ispirazione per quella Stille Nacht, la cui struggente melodia, colma di nostalgia, muove tutti gli animi alla pace, all’amore, indipendentemente da ogni religione.
Si capisce allora come la Chiesa cerchi di far leva su questo sentimento per cercare di ravvivare la fede che una volta si riteneva fondata su reali eventi storici, ovvero sulla “storia della salvezza” che da Adamo procede verso Cristo. Oggi, però, dal momento che quella storia appare per ciò che è, una mera costruzione mitico-teologica, la fede si è ridotta a una combinazione di sentimento più fantasia: una cosa da bambini, dunque. Non a caso ai nostri giorni il Natale è festa non solo per un Bambino, ma soprattutto per bambini.
La fede è infatti in questo caso una credenza, che si difende con una sorta di infantile testardaggine, ignorando la realtà, tanto storica quanto psicologica. Se invece la fede è volontà di verità, essa guarda in faccia la realtà, scoprendo che quella credenza è desiderio di consolazione e rassicurazione, frutto del desiderio di permanenza di un ego che si sente debole e incerto e che perciò cerca “salvezza” nel rimando ad altro fuori di sé, restando così sempre nell’attesa, nell’anelito. La fede allora non produce affatto credenze ma, al contrario, le toglie via tutte, smascherando come menzogna anche l’immaginazione teologica.
La fede - scrive san Giovanni della Croce - «non solo non produce nozione e scienza, ma anzi accieca e priva l’anima di qualunque altra notizia e conoscenza: la fede è notte oscura per l’anima e, quanto più la ottenebra, tanto maggiore è la luce che le comunica». Fede come notte, dunque, ma una notte che mentre libera da ogni presunto sapere di verità esteriori, fa risplendere una luce interiore, sapere non di altro ma di se stessa, sapere che è un essere: questa, possiamo dire, è la verastille nacht, heilige nacht, notte silenziosa, notte santa.
La notte in cui Dio nasce nell’umanità è la notte prodotta dalla fede, ovvero il silenzio, il vuoto che l’intelligenza ha fatto nell’anima. Il Natale, riferimento a una nascita del divino nel tempo, ha dunque il senso di ri-cordare, nel suo senso etimologico di riportare all’interiorità, risvegliare nell’anima nostra ciò che le è proprio ed essenziale: il divino che è nel suo fondo più intimo. Questo è il passaggioaus historie ins wesen, dalla storia all’essenza, come dicevano i mistici tedeschi, ovvero da una verità esteriore, che non ha alcun effetto, a una verità interiore, che salva davvero.
La salvezza non è infatti dal peccato di un altro, Adamo, da cui un altro, Cristo,ti deve liberare, ma da quel peccato davvero “originale” che è l’amore di sé. In te è Adamo, in te è Cristo, ovvero tanto l’amore di te stesso quanto l’amore del Bene, e la salvezza ti appare nella sua realtà, non futura ma presente, non sperata ma reale, quando il bene degli altri ti è caro quanto il tuo, assolutamente, in nulla di meno. Niente può turbare allora la pace dell’anima: non a caso i mistici ripetono la cosiddetta supposizione impossibile: se anche Dio mi destinasse all’inferno, sarei comunque “salvo”.
Il senso vero del Natale non va dunque cercato all’esterno ma in se stessi, non in una costruzione teologica, ma nel vuoto, nel distacco. Questo è anche il senso profondo della storia che precede e rende possibile la nascita del Figlio, come del resto ogni nascita umana, ovvero la storia della Madre: Maria fu capace di generare il divino per la sua umiltà, per la sua verginità, che non significa una condizione fisica, ma il vuoto fatto in se stessa. Il Logos nasce infatti nell’anima di ciascuno di noi quando essa è come Maria: distaccata, ovvero libera, spoglia di ogni preteso valore e preteso sapere. Il mistico poeta Angelus Silesius perciò recita: «Davvero ancor oggi è generato il Logos eterno! Dove? Qui, se in te hai dimenticato te stesso».
Il mistero del Natale si svela infatti quando si comprende il significato non blasfemo, ma al contrario profondamente spirituale -anzi,essosolocristiano, senza il quale la religione restasuperstizione, la fede credenza infantile - del principio che innerva la mistica: tutto quello che la Sacra Scrittura dice di Cristo, si verifica totalmente anche in ogni uomo buono e divino.
Purtroppo tale principio fu condannato come eretico da uno di quei papi avignonesi che Dante definisce “lupi rapaci”, separando così divino da umano, sacro da profano, avocando alla chiesa il monopolio del sacro e con questo ribadendo la divisione ragione-fede, scienza-religione che perdura ancora oggi e che costringe i “credenti” in quella condizione di minorità da cui l’illuminismo, secondo le celebri parole kantiane, ha inteso togliere l’uomo occidentale.
Accanto a un Natale storico, nel quale una sola volta, in un solo luogo e in una sola persona, il divino è nato sulla terra, c’è dunque un Natale eterno, per cui, secondo le parole di Origene, il divino si genera nell’anima non una volta soltanto, ma in ogni istante, in ogni luogo e in ogni uomo, in ogni pensiero che egli rivolge a Dio con purezza, in ogni gesto di amore che compie.
Anche se non legata al solstizio d’inverno, la nascita di Gesù è comunque un evento reale, non un mito. In quanto ha a che fare con realtà profonde ed universali dell’anima umana, il mito riguarda ciò che non è mai avvenuto ma in eterno avviene, come diceva un filosofo pagano, mentre per il Natale noi dobbiamo dire: ciò che è avvenuto una volta e in eterno avviene.
Attenzione però: avviene solo se avviene. Perciò lo stesso poeta mistico che abbiamo prima citato lancia al suo lettore un avvertimento davvero terribile: «Nascesse mille volte Cristo in Betlemme, se in te non nasce, sei perduto in eterno».
Letterina a Gesù Bambino
di Ermanno Olmi (Il Sole 24 Ore, 24 dicembre 2011)
Buon Natale, tanti auguri, felice anno nuovo! Cos’altro scrivere? In questa vigilia di Natale c’è in giro una gran brutta aria che neanche i cartoncini decorati degli auguri riescono a scongiurare. Nessuno può aiutarci a venirne fuori se non da noi stessi, tutti insieme, con le nostre forze. Ma anche confidando nell’aiuto dei sogni e delle belle favole. Come quella di Gesù Bambino a cui da piccolo anch’io scrivevo la mia letterina per confidargli i miei desideri.
Sono passati più di settantacinque anni. Una vita. E adesso che sono vecchio e le energie affievoliscono, ecco che torno ad aver ancora bisogno di sogni e belle favole. E allora, sommessamente, ma con un nuovo slancio, voglio scrivere a Gesù Bambino che non l’ho dimenticato. Certo: un po’ trascurato, questo sì.
Tuttavia Lui sa bene come vanno queste cose. Si comincia che quasi non ce ne si accorge e poi ci facciamo prendere dentro dai cambiamenti del mondo e un po’ alla volta si finisce col cambiare anche noi. E così è stato. Appena siamo diventati ricchi abbiamo cominciato a praticare i modi e le mode dell’agiatezza che sono cose, queste, che s’imparano subito e senza bisogno che qualcuno ci spieghi che coi soldi è comunque un gran bel vivere.
E tu invece, caro Gesù Bambino, che sei venuto al mondo in una stalla come l’ultimo dei poverelli, francamente non eri intonato a comparire in mezzo a quel lusso sfavillante delle nostre vetrine sempre traboccanti d’ogni bendidio.
Molto meglio Babbo Natale, ben più rappresentativo del nostro improvviso benessere con quel suo sgargiante costume rosso cocacola, che dispensa doni favolosi come mai s’erano visti prima. Anche questo è stato un sogno. E noi dentro quel sogno.
Ma oggi, una nuova realtà ci sorprende. Dopo tanti anni di spensieratezza, quasi da un giorno all’altro, ci dicono che non siamo più ricchi e che in realtà non lo siamo mai stati per davvero. O se anche lo siamo stati per un po’, non poteva durare per sempre.
A ripensarci, adesso sembra quasi che sia stata tutta una messinscena e anche Babbo Natale è ormai un attore secondario e s’è ridotto ad arrampicarsi lungo le facciate delle case, tanto da somigliare più a un ladro che a un fantoccione che porta regali...
Triste Natale del 2011. Natale di sacrifici. Ma non bisogna perdersi d’animo.
Intanto con mia moglie Loredana ci prepariamo ad accogliere i nostri tre figli che sono oramai degli adulti e vivono la loro vita altrove. Ma tornano sempre per il giorno di Natale. Non hanno mai mancato.
E come sempre ci ritroviamo tutti insieme intorno alla tavola imbandita, ciascuno al proprio posto, lo stesso che hanno sempre occupato fin da quand’erano piccoli. E così, anche solo per un giorno torniamo a essere la ’nostra famiglia’ e ogni anno che passa, questo sentimento, per me e Loredana, ci diventa sempre più caro.
E credo anche per loro.
Loredana ha cominciato per tempo a ornare la casa di luminarie, a incartare e infiocchettare i regali e a preparare il patè di fegatini che piace tanto ai bambini. Bambini? Per noi, nel giorno di Natale, sono sempre «i nostri bambini». E se anche la vedo un po’ affaticata, so che è felice. E anch’io lo sono. Eppure non dovrei, a causa di questi nostri giorni così carichi di incertezze per tutti, con tanta sofferenza nel mondo e disperazione, conflitti, odio e morte.
Caro Gesù Bambino, è forse per questo che dopo tanti anni ho sentito ancora il bisogno di scriverti questa mia letterina. Quante cose vorrei chiederti in regalo! Di quanto aiuto sentiamo ancora il bisogno di ricevere da te. E che tu solo puoi regalarci. Lo so bene che ascolti più volentieri ibambini perché hanno il cuore puro degli innocenti.
Ma se vorrai ascoltare anche noi che da troppo tempo abbiamo lasciato che il nostro cuore si chiudesse all’amore degli altri, lasciaci almeno la speranza di poterci mettere alla prova per diventare uomini di buona volontà e di pace.
Per questo ho deciso che da quest’anno riprenderò a fare il presepe ogni Natale. Loredana tirerà fuori dal ripostiglio lo scatolone con le statuine che tanto tempo fa avevamo modellato nella creta insieme ai bambini e quest’anno, inaspettatamente, se lo troveranno lì, sotto gli occhi e io, da poco distante, li spierò mentre loro, senza darlo a vedere, ne sono sicuro, tratterranno un brivido di commozione.
Poi, prima che faccia buio, quando i figli se ne saranno già andati, Loredana e io saremo nuovamente soli. Adesso lei comincia a sentire la stanchezza e si stende sul divano a vedere un po’ di televisione. Ma so bene che più della stanchezza deve scacciare la malinconia.
E io, per lasciarla sola, rimango in cucina a dare un’occhiata ai giornali, sempre più o meno con gli stessi titoli di ieri e l’altrieri, di domani e posdomani. Il mondo è sempre più a rischio di un inceppo totale e non si fa che ripetere l’inutile ammonimento: promuovere sviluppo, rilanciare la crescita, produrre nuova ricchezza.
Caro Bambinello Gesù, lo vedi? Tu li conosci bene gli uomini. Non impareranno mai. Siamo dentro a una situazione talmente disastrosa che chissà come andrà a finire e nonostante l’evidenza si pensa ancora di risolvere i problemi con gli stessi criteri, ripetendo i medesimi errori.
Non vogliono capire che la sola salvezza è nella povertà come tu ci hai mostrato. Povertà come virtù. Che non è la miseria, bensì la liberazione dal superfluo, una ritrovata misura del necessario. E se ricomiciassimo di nuovo dal gesto che smuove la zolla? Lascio la lettura del giornale e mi avvicino al presepio. Guardo il Bambinello e gli parlo.
«Quando il mondo era in attesa della tua venuta, l’annuncio proclamava il tuo arrivo alla testa di schiere di angeli come un esercito celeste. Sei arrivato fra noi in silenzio, in disparte, senza gli onori dei potenti. Ti sei mostrato agli umili e ci hai narrato la più bella delle favole: la favola dove l’amore è la realtà più vera e di tutti, con giustizia».