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Calabria, sanità e fabbrica dei voti: Giuseppe Scopelliti e Mario Oliverio due facce d’una sola medaglia

giovedì 5 maggio 2011.
 

Succede in Calabria, incanto e laboratorio politico-mafioso. C’è un comune, San Giovanni in Fiore (Cs), col record italiano della disoccupazione ed emigrazione. Vi si trova un ospedale, irregolare, vecchio e morente, usato come fabbrica di voti e clientele. La politica se n’è sempre fottuta, giocando sul bisogno altrui. Lì, medici, infermieri e amministrativi hanno consolidato bacini di voti, assicurandosi il potere e benefici come dipendenti pubblici.

In ogni periferia del Sud, il dottore è un papa, e l’infermiere può sempre servire. Soprattutto a San Giovanni in Fiore, isolato fra i monti della Sila, dove perfino la neve porta guai, tanto la città è disastrata. Riguardo ai sanitari a palazzo, potrei esporre un lungo elenco di nomi, in parte già nel volume “La società sparente”. Membri della sinistra locale o d’una destra furbamente ballerina, hanno ottenuto migliaia di preferenze, grazie alla paura, diffusa, della malattia. Promettendo prenotazioni, visite anticipate e trattamenti di favore.

La stessa classe politica, arrogante e arrugginita, ha gabbato tanti disoccupati, per anni foraggiandoli, grazie al governo centrale e regionale, con un sussidio a fondo perduto. Togliendo, cioè, dignità e prospettive a masse di cinquantenni e giovani; abbagliati dalla possibilità di ricevere, comodi a casa propria, poche centinaia di euro al mese. Poi bar, birra, tabacco, carte, calcio. Miseria. Con uno schema fisso: finti corsi di formazione professionale e l’avallo di carte false, per un reddito garantito, ad opera di consiglieri comunali e amministratori interessati. Quindi scioperi, blocchi stradali e aggressioni, dai destinatari del contentino, per ottenerne la proroga a cadenza periodica.

San Giovanni in Fiore è una frontiera del Mezzogiorno in cui la povertà, anzitutto culturale e morale, crea dipendenze e governatori. Uno di loro è il presidente della Provincia di Cosenza, Mario Oliverio, signore del luogo. Celebrato più di Mastella, gli mancano il sorriso e la simpatia del “padrino” campano. Oliverio è più d’un commendatore, noto alla stampa per le tante consulenze assegnate, formalmente in regola, ad amici degli amici e compagni di partito. Ma è uno che non riesce a guardarti in faccia, che sfugge al confronto. Sta in poltrona da un ventennio, e s’è riciclato con la complicità di chi lo teme, specie nel suo Pd: è il capo indiscusso.

Oggi Oliverio è il regista di un’operazione politicamente truffaldina: a San Giovanni in Fiore, i consiglieri comunali d’opposizione si sono dimessi, nei giorni scorsi, determinando la caduta della giunta di Antonio Barile; una brava persona, pur se nel Pdl. Nelle motivazioni, si racconta d’una scelta responsabile a difesa dell’ospedale civile, il cui punto nascite è stato soppresso dal presidente della Regione Calabria, Giuseppe Scopelliti. Primo atto, secondo esponenti d’un centrosinistra inquieto e bugiardo alla Ghedini, per la chiusura definitiva dell’intero presidio.

Oliverio e Scopelliti sono due facce d’una sola medaglia. Perfettamente dentro il sistema calabrese doc, per cui i voti s’incassano col calcolo di ragioneria. Il primo ne prese un migliaio da Luigi Garofalo, sotto processo per voto di scambio trattato coi Forastefano, rispettati ‘ndranghetisti. Senza mai allontanarlo dalla sua corte. Il secondo, invece, è nel mirino della magistratura che sta verificando suoi rapporti con uomini d’onore.

Il dramma è che i giovani della mia città, io sono di San Giovanni in Fiore, non hanno capito che dobbiamo essere distanti sia dagli Oliverio che dagli Scopelliti. E dai loro accoliti. Perché entrambi, pur d’arrivare al potere, non si sono mai dissociati dai compari. Quei Loiero e Chiaravalloti che hanno distrutto la sanità calabrese, il cui bilancio parla chiaro: su tre miliardi, uno va ad altre regioni per cure fuori del territorio. E nessuno sa bene quanto ne mangi Cosa nuova. Carmine Gazzanni


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