Nozze di lungo corso non annullabili
La Cassazione: "stop alle scorciatoie"
La sentenza: l’annullamento ecclesiale dei matrimoni durati molti anni non può essere convalidato *
ROMA I giudici italiani non possono convalidare l’annullamento ecclesiale dei matrimoni concordatari nei quali la convivenza tra i coniugi si sia protratta per lunghi anni o, comunque, per un periodo di tempo considerevole. Questo perchè una volta che il rapporto matrimoniale prosegue nel tempo è contrario ai principi di «ordine pubblico» rimetterlo in discussione adducendo riserve mentali, o vizi del consenso, verificatisi nel momento del sì all’altare.
E’ una sentenza destinata a far discutere quella della Cassazione che ha accolto il ricorso di una moglie e invalidato la nullità di un matrimonio durato venti anni.
La Suprema Corte ha dato parere negativo al quesito di diritto posto da Maria Lorenza R., la moglie "ripudiata" dal marito dopo due decenni di convivenza con la scusa che la signora gli avrebbe taciuto la sua contrarietà a mettere al mondo figli. «Può essere riconosciuta nello Stato italiano - ha chiesto la signora alla Cassazione - la sentenza ecclesiastica che dichiara la nullità del matrimonio quando i coniugi abbiano convissuto come tali per oltre un anno, nella fattispecie per vent’anni, o detta sentenza produce effetti contrari all’ordine pubblico, per contrasto con gli articoli 123 del codice civile (simulazione del matrimonio) e 29 della Costituzione (tutela della famiglia)?».
No, non può essere riconosciuta, è stata la risposta dei supremi giudici. Così il ricorso è stato «accolto» e «cassata» la sentenza con la quale la Corte di Appello di Venezia, l’11 giugno 2007, aveva convalidato la nullità del matrimonio di Maria Lorenza e Gianpaolo V. sancita dal Tribunale ecclesiastico regionale ligure nel novembre 1994, e dichiarata esecutiva dalla Segnatura Apostolica con decreto del marzo 2001.
A chiedere l’annullamento era stato il marito sostenendo che le nozze celebrate nel giugno del 1972 erano viziate poichè la moglie - sosteneva lui - gli aveva taciuto di non volere figli, dunque era escluso uno dei "bona matrimoni", gli elementi che danno vitalità alle unioni concordatarie. Dando ragione al reclamo di Maria Lorenza, la Cassazione - sentenza 1343 - spiega, con riferimento «alle situazioni invalidanti l’atto del matrimonio», che «la successiva prolungata convivenza è considerata espressiva di una volontà di accettazione del rapporto che ne è seguito e con questa volontà è incompatibile il successivo esercizio della facoltà di rimetterlo in discussione, altrimenti riconosciuta dalla legge».
In pratica, dopo tanti anni, per mettere fine alla vita a due bisogna intraprendere la strada della separazione civile, senza cercare la scorciatoia della nullità, che mette al riparo dal dover pagare l’assegno di mantenimento alla ex ma viola i principi del nostro ordinamento.
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A cura della redazione LaStampa.it
20/01/2011
SUL TEMA, NEL SITO E IN RETE, SI CFR.:
Bendetto XVI alla Rota Romana:22 gennaio 2011
AL TRIBUNALE DELLA ROTA ROMANA
Evitare ammissioni facili a nozze e facili annullamenti
Un verdetto che cancella un’epoca
di Cesare Rimini (Corriere della Sera, 21 gennaio 2011)
La decisione della Suprema Corte è molto importante perché afferma che certe sentenze del giudice ecclesiastico sono contrarie all’ordine pubblico italiano, cioè a un principio fondamentale della legge dello Stato. È proprio per questo che non possono essere delibate dal nostro ordinamento, non possono entrare, diventare efficaci. Restano naturalmente valide per la legge della Chiesa, ma la porta rimane chiusa. Le sentenze che non passano sono quelle che pronunziano la nullità di un matrimonio che ha già avuto una lunga stagione, che è stato accettato e vissuto per anni dai coniugi.
La sentenza ecclesiastica pronunzia la nullità perché c’è stata una riserva mentale, perché nel processo si è dimostrato che al momento del matrimonio l’altro coniuge tanti anni prima aveva escluso il bonum prolis, aveva taciuto la volontà di non avere figli, o perché l’altro coniuge aveva escluso l’indissolubilità del vincolo. Insomma, la Corte di Cassazione ha chiuso il catenaccio: ha detto che il nostro ordinamento non può accogliere una sentenza che afferma che quel matrimonio non c’è mai stato (e questo è perfettamente comprensibile per la legge della Chiesa) dopo che per anni è stato accettato come valido. È facile prevedere che la delibazione sarà negata in molti casi e di conseguenza che molte cause di nullità avanti i tribunali ecclesiastici non verranno nemmeno promosse, se si sa che le sentenze sono destinate a non essere delibate dai giudici dello Stato.
La Cassazione contro la Sacra Rota
"Matrimonio valido se dura per anni"
Lo scorso anno anche Ratzinger aveva chiesto più rigore al tribunale ecclesiastico
di Elisa Vinci (la Repubblica, 21.01.2011)
ROMA - Rapido, poco costoso. Il divorzio all’italiana sempre più spesso si chiama annullamento. Dopo il monito del Papa, la Cassazione dice stop al disinvolto aumento dei riconoscimenti delle sentenze della Sacra Rota. «I tribunali laici non possono convalidare in automatico la nullità di unioni concordatarie fondate su decenni di convivenza», afferma la Corte. E gli avvocati matrimonialisti denunciano: «Cancellare le nozze è spesso una scappatoia per risparmiare tempo e denaro». Chi ottiene l’annullamento infatti non paga più, senza divorzio non c’è mantenimento. Maria Lorenza "ripudiata" dopo vent’anni dal consorte con il pretesto di avergli taciuto il rifiuto a diventare madre, aveva chiesto alla Cassazione se la delibazione trascritta dalla Corte d’appello di Venezia quattro anni fa, non fosse in contrasto con gli articoli del codice civile e della Costituzione sul matrimonio e la famiglia. Gli ermellini hanno raccolto le sue obiezioni, spiegando che «dopo un’unione tanto lunga», insomma dopo vent’anni, l’unica via percorribile resta quella della separazione civile.
Una «sentenza storica». «Basta con le disinvolte ed incontrollate scappatoie», afferma il presidente dell’Associazione avvocati matrimonialisti italiani, Gian Ettore Gassani. I numeri parlano chiaro, un matrimonio fallito su 5 finisce davanti alla Sacra Rota: 8.400 richieste solo nel 2009, quasi seimila le nullità. «È condivisibile l’orientamento della Suprema Corte - dicono i matrimonialisti - La ratio di tale decisione deriva dalla necessità di evitare che il ricorso alla giustizia ecclesiastica possa tradursi in una disinvolta ed incontrollata scorciatoia finalizzata all’ottenimento della libertà in tempi rapidissimi che nulla ha a che vedere con le reali cause che possano determinarne l’annullamento». Sono nove i casi di nullità previsti in Vaticano. Tra gli altri: matrimonio combinato, l’incapacità psicologica di vivere la donazione reciproca, non accettazione della sessualità aperta alla procreazione
Già nel 2008 e ancora l’anno scorso Papa Benedetto XVI aveva invitato il tribunale ecclesiastico a un maggiore rigore. Adesso la Cassazione invita apertamente i giudici italiani a stanare i furbi, soprattutto dopo unioni lunghe una vita. La Corte infatti sottolinea: «La prolungata convivenza è considerata espressiva di una volontà di accettazione del rapporto che ne è seguito ed è incompatibile con il successivo esercizio della facoltà di rimetterlo in discussione, altrimenti riconosciuto dalla legge». A chiedere la nullità delle nozze celebrate nel giugno 1972 era stato il marito. Raccogliendo il reclamo di Maria Lorenza, la prima sezione civile - sentenza 1343 - spiega che dopo tanti anni di matrimonio «è contrario ai principi di ordine pubblico rimetterlo in discussione adducendo vizi del consenso». Per sciogliere le nozze bisogna intraprendere la strada della separazione civile, senza cercare la scorciatoia della nullità, che mette al riparo dal dover pagare l’assegno alla ex moglie ma viola i principi del nostro ordinamento.
Il Vaticano chiede più moralità
di Carlo Marroni (Il Sole 24.Ore, 21 gennaio 2011)
CITTÀ DEL VATICANO La Santa Sede rompe il silenzio sull’escalation del caso Ruby. E lo fa al massimo livello. È infatti il segretario di stato, cardinale Tarcisio Bertone, a intervenire, sollecitando senza mezzi termini «moralità e legalità». I giornalisti gli chiedono se condivide il turbamento di Napolitano: «Avete visto la nota del Quirinale pubblicata dall’Osservatore romano», risponde Bertone, confermando la linea istituzionale di piena sintonia con il Colle, emersa già due giorni fa quando il giornale vaticano diretto da Gian Maria Vian aveva riportato integralmente e senza commenti la dura nota del presidente della Repubblica. «La Santa Sede segue con attenzione e in particolare con preoccupazione queste vicende italiane, alimentando la consapevolezza di una grande responsabilità soprattutto di fronte alle famiglie, alle nuove generazioni, di fronte alla domanda di esemplarità e ai problemi che pesano sulla società italiana», ha detto Bertone ai giornalisti che lo attendevano all’inaugurazione della casa di accoglienza Bellosguardo dell’Ospedale Bambino Gesù.
Una presa di posizione assunta con modalità a un livello intermedio di "ufficialità" ma che di certo non attenua la portata critica, già espressa qualche giorno fa in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario vaticano. «La Chiesa spinge e invita tutti, soprattutto coloro che hanno una responsabilità pubblica in qualunque settore amministrativo, politico e giudiziario, ad avere e ad assumere l’impegno di una più robusta moralità, di un senso di giustizia e di legalità» ha detto Bertone. Che ha aggiunto: «Credo che moralità, giustizia e legalità siano i cardini di una società che vuole crescere e che vuole dare delle risposte positive a tutti i problemi del nostro tempo».
Bertone ha voluto sottolineare che «la Santa Sede ha i suoi canali, le sue modalità di intervento e non fa dichiarazioni pubbliche». Umberto Bossi commenta così le parole di Bertone: «Il Vaticano non si commenta ma penso che per loro sia più facile parlare. Berlusconi si è trovato con la casa circondata, controllavano tutti quelli che entravano e che uscivano. Perché non hanno controllato anche là?». Poi l senatur chiarisce: «Mai criticato il Vaticano né tantomeno il cardinale Bertone che conosco da tempo e che considero amico e stimo molto». Per un altro ministro, Maurizio Sacconi, invece il messaggio del Vaticano «come al solito si rivolge alle coscienze in termini "alti" che vanno oltre la quotidianità»: «Come al solito - dice - sono proprio le persone più lontane dalla Chiesa e più ostili ai suoi valori a strumentalizzarne» le parole.
L’intervento del segretario di Stato rappresenta uno spartiacque della posizione della Chiesa verso il Cavaliere in questa fase particolarmente difficile e complessa della politica. Le prese di posizione erano arrivate da vescovi e organi di stampa della Cei (oltre che da «Famiglia cristiana») in attesa della prolusione del cardinale Angelo Bagnasco di lunedì al consiglio permanente: con le dichiarazioni di ieri Bertone, considerato l’interlocutore principale di Berlusconi di là dal Tevere, risponde alle sollecitazioni per un intervento e allo stesso tempo rivendica il suo primato dentro la Chiesa nei rapporti con la politica. Quando sottolinea che la Santa sede «ha i suoi canali» fa sapere che ci sono stati o ci saranno segnali attraversi i canali della diplomazia, ufficiale o parallela. Se non ci saranno incontri riservati prima l’appuntamento tra i due premier (presente anche il capo dello Stato) è fissato per il 18 febbraio a palazzo Borromeo, anniversario dei Patti lateranensi.
Ieri intanto è nuovamente intervenuto Avvenire. «È di questo che abbiamo bisogno tutti noi, in particolare i più giovani, e soprattutto oggi: buoni esempi». E questo perché «i risultati dei cattivi esempi, dei cattivi maestri, della cattiva politica e della cattiva informazione sono sotto gli occhi di tutti», ha scritto il direttore del quotidiano Cei, Marco Tarquinio, rispondendo alla lettera di un lettore. Domenico Delle Foglie, ex portavoce del Family day e vicino al cardinale Camillo Ruini, sul sito del laicato cattolico Piuvoce.net, ha scritto che «anche noi, con i media cattolici e con lo stesso presidente della Repubblica, ci associamo all’urgente necessità di restituire serenità, attraverso la chiarezza, ai cittadini italiani tutti. Credenti e non credenti».
LA SACRA ROTA E LO STATO ITALIANO
di Ernesto Miragoli
Su una sentenza della Corte di Cassazione
(21.1.11) *
Stupisce che gli organi istituzionali dello Stato italiano si permettano di contestare le sentenze di annullamento del matrimonio pronunciate dal Tribunale ecclesiastico e, in ultima istanza, dalla Sacra Rota vaticana.
Gli organi istituzionali e costituzionali italiani, nel merito, sanno, per scienza, almeno due cose: una sentenza di un tribunale di altro stato va rispettata (se nuoce allo Stato italiano, va ripresa in sedi internazionali competenti); per legge concordataria (1929 concordato Mussolini-Gasparri; 1984 concordato Craxi-Casaroli) ogni matrimonio contratto da cattolici e celebrato in chiesa ha valore anche civile (il parroco è anche ufficiale di stato civile) e l’annullamento del matrimonio religioso da parte del tribunale ecclesiastico viene riconosciuto anche dallo stato italiano se gli interessati ne fanno richiesta medinate accettazione della sentenza del tribunale ecclesiastico (operazione che, in termine giuridico, si definisce "delibazione").
Scrivo questa nota perchè stamane, su "Il Corriere" trovo che un organo dello stato italiano contesta una sentenza rotale di annullamento del matrimonio "ob exclusionem boni prolis" (il marito non voleva figli dal matrimonio e quindi il matrimonio cattolico è nullo) argomentando che da 20 anni la moglie sapeva che il suo compagno di vita non voleva figli. Non entro nel merito della questione perchè mi interessa sottolineare altro.
Primo: il tribunale ecclesiastico competente ha ritenuto convincenti le motivazioni dell’attore (in diritto così viene chiamato chi pone la richiesta di apertura di causa per nullità matrimoniale). L’attore, secondo il diritto, ha richiesto allo stato italiano di annullare il suo matrimonio. Non ha chiesto il divorzio, ma semplicemente di annotare nei registri che il suo matrimonio è nullo, cioè non è mai esistito, avvalendosi della legge concordataria. Lo Stato deve solo prendere atto del fatto e nulla più perchè così fu concordato fra le "Alte Parti".
Secondo: una situazione del genere dovrebbe far riflettere il legislatore sull’opportunità di stipulare un concordato fra l’Italia e la Santa Sede. E’ nota la mia avversione a simile prassi perchè ritengo che ogni chiesa debba essere libera in uno stato libero, ma qui vorrei puntualizzare che, nel merito, una sentenza di nullità di un matrimonio religioso cattolico, non deve avere alcun riscontro giuridico nella sede civile di uno stato. Voglio dire che se due cattolici si sono sposati in chiesa e il loro matrimonio naufraga per ragioni serie (esclusione dei figli da parte di uno dei due, esclusione della fede nel sacramento, esclusione della presenza di Dio nella loro vita coniugale, immaturità da parte di uno dei due al momento del consenso, ecc.ecc.), il problema lo debbono risolvere SOLO in sede giuridica ecclesiastica e la soluzione del problema, qualunque essa sia, NON deve avere alcun riscontro in sede civile. Basterebbe che la norma concordataria fosse ridiscussa dalle Alte Parti e abrogata.
Perchè nessuno prende questa iniziativa?
Sarebbe un primo passo - nel 150esimo anniversario dell’unità d’Italia - verso uno stato liberale come il Cavour lo pensava e lo intendeva.
Non sarebbe un affronto alla chiesa cattolica, ma semplicemente la presa d’atto che, per quanto riguarda gli aspetti giuridici, ogni istituzione ha una propria autonomia.
Come cattolico - pur non avendo mai approvato il Concordato - mi sento aggredito da uno stato che si permette di contestare una sentenza che attiene la sfera intima di due persone che hanno contratto matrimonio.
Solo di sfuggita, per finire, annoto che tale norma concordataria è ingiusta (nel senso più puramente etimologico del termine) perchè favorisce una delle due parti che è la chiesa cattolica. Avrei voluto vedere cosa sarebbe successo se una delle conditio sine qua non per la revisione del Concordato fosse stata quella che ogni sentenza di divorzio emessa dallo Stato italiano avrebbe dovuto essere "delibata" dalla chiesa cattolica!
Ernesto Miragoli
www.webalice.it/miragoli
* Il Dialogo, Venerdì 21 Gennaio,2011 Ore: 14:08