[...] La firma del contratto di lavoro dei dirigenti scolastici per il quadriennio 2006/2009, che al suo interno contiene le norme di comportamento e le relative sanzioni, è avvenuta lo scorso mese di luglio, ma non era ancora stato pubblicato. Probabilmente, non tutti i capi d’istituto sono a conoscenza del fatto che una semplice intervista ad un giornale o ad una tv può metterli nei guai. L’articolo 16, comma 7, del contratto dei capi d’istituto stabilisce infatti "la sospensione dal servizio con privazione della retribuzione da un minimo di tre giorni fino ad un massimo di tre mesi" nei casi previsti dall’articolo 55-sexies, comma 1, del decreto legislativo 165/2001 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche) [...]
Le nuove regole per i prèsidi
"Vietato criticare la riforma Gelmini"
Il "codice disciplinare per i dirigenti scolastici" è pienamente operativo. Se le dichiarazioni possono essere "lesive dell’immagine dell’amministrazione", si rischia la sospensione dal servizio e dello stipendio. Il "Codice Brunetta" non ammette scivoloni
di SALVO INTRAVAIA *
ROMA - Criticare pubblicamente la riforma Gelmini può costare ai dirigenti scolastici fino a tre mesi di stipendio. E alzare la voce nei confronti di un genitore una multa, fino a 350 euro. Stessa sanzione, da 150 a 350 euro di multa, per i capi d’istituto che andassero in giro senza cartellino di riconoscimento o che non avessero provveduto ad apporre una targa con nome e cognome davanti alla porta della propria stanza. Con la pubblicazione sul sito del ministero dell’Istruzione, avvenuta il 21 ottobre, il Codice disciplinare per i dirigenti scolastici è pienamente operativo.
Da oggi, i capi d’istituto dovranno stare attenti a esprimere la propria opinione in pubblico o sui media. Se infatti le loro dichiarazioni dovessero essere considerate lesive dell’immagine dell’amministrazione potrebbe scattare la "sospensione dal servizio con privazione della retribuzione da un minimo di tre giorni fino a un massimo di tre mesi". Il codice Brunetta ("Comportamento dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni"), recepito anche per i presidi, non ammette dichiarazioni pubbliche che vadano a "detrimento dell’immagine della pubblica amministrazione".
A maggio di quest’anno, il direttore dell’Ufficio scolastico regionale, Marcello Limina, aveva avvertito insegnanti e presidi: meglio "astenersi da dichiarazioni o enunciazioni che in qualche modo potessero ledere l’immagine dell’amministrazione pubblica e rapportarsi con i loro superiori gerarchici nella gestione delle relazioni con la stampa". Insomma: niente interviste tranchant su giornali e in tv. Ed era scoppiato il finimondo, con l’opposizione che ha chiesto di rimuovere Limina e la maggioranza che lo ha difeso.
Criticare pubblicamente la riforma Gelmini è da considerarsi "lesivo dell’immagine della pubblica amministrazione" o semplice manifestazione "della libertà di pensiero"? "A deciderlo - spiega Gianni Carlini, coordinatore dei dirigenti scolastici della Flc Cgil - è chi irroga la sanzione: cioè, il direttore dell’Ufficio scolastico regionale". Da quando è stato sottoscritto il Codice di comportamento "i presidi sono più prudenti", ammette Carlini. E da allora non mancano richieste di chiarimento, da parte del ministero dell’Istruzione o da parte del servizio ispettivo del ministero della Funzione pubblica, ai capi d’istituto per i motivi più disparati.
In un caso il preside è stato chiamato in causa da un genitore per non avere pubblicato retribuzione e curriculum sul sito della scuola. Per poi chiarire che la pubblicazione dei documenti in questione deve essere effettuata sul sito del ministero dell’Istruzione e non sul sito della scuola. In un’altra circostanza, il dirigente scolastico al quale era stata richiesta un’intervista ha comunicato il tutto al proprio superiore. E per tutta risposta il direttore dell’Ufficio scolastico regionale gli ha rammentato i vincoli cui è sottoposto il capo d’istituto: non denigrare la pubblica amministrazione.
La firma del contratto di lavoro dei dirigenti scolastici per il quadriennio 2006/2009, che al suo interno contiene le norme di comportamento e le relative sanzioni, è avvenuta lo scorso mese di luglio, ma non era ancora stato pubblicato. Probabilmente, non tutti i capi d’istituto sono a conoscenza del fatto che una semplice intervista ad un giornale o ad una tv può metterli nei guai. L’articolo 16, comma 7, del contratto dei capi d’istituto stabilisce infatti "la sospensione dal servizio con privazione della retribuzione da un minimo di tre giorni fino ad un massimo di tre mesi" nei casi previsti dall’articolo 55-sexies, comma 1, del decreto legislativo 165/2001 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche).
Il quale rinvia al Codice di comportamento dei dipendenti pubblici che all’articolo 11 recita: "salvo il diritto di esprimere valutazioni e diffondere informazioni a tutela dei diritti sindacali e dei cittadini, il dipendente si astiene da dichiarazioni pubbliche che vadano a detrimento dell’immagine dell’amministrazione. Il dipendente tiene informato il dirigente dell’ufficio dei propri rapporti con gli organi di stampa".
Il manuale di comportamento dei presidi regola tantissime fattispecie di irregolarità e comportamenti dubbi. E per la prima volta nella scuola introduce le sanzioni pecuniarie. "Da un minimo di 150 ad un massimo di 350 euro per i dirigenti scolastici che dovessero prodursi in "alterchi negli ambienti di lavoro, anche con utenti o terzi" o che non rendessero "conoscibile il proprio nominativo mediante l’uso di cartellini identificativi o di targhe da apporre presso la postazione di lavoro". Il Codice di comportamento stabilisce anche le sanzioni per ruberie, collusioni con insegnanti assenteisti e apertura di procedimenti penali a carico dei dirigenti scolastici. E a far capire che da quest’anno non si tollerano più comportamenti scorretti e ambigui interviene un recente decreto del ministro Gelmini, che allarga il raggio d’azione degli ispettori ministeriali: consente loro di controllare le scuole anche senza incarico da parte del direttore regionale. A sorpresa.
* la Repubblica, 23 ottobre 2010
Sul tema, nel sito, si cfr.:
IL CASO
Università, Napolitano: sì a riforma ma riscontra "criticità" nel testo
Dubbi tecnici su alcuni articoli della legge varata dal Senato il 23 dicembre tra le proteste di studenti e docenti. Gelmini: "Osservazioni non su elementi portanti". Gli studenti: "Chiediamo a rettori di disobbedire" *
ROMA - Il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha oggi promulgato la legge di riforma (testo) 1dell’università approvata dal Parlamento il 23 dicembre 2, rilevando la presenza di "criticità" nel testo. In una lettera al Presidente del Consiglio dei Ministri il capo dello Stato auspica infatti che "con successiva legislazione ministeriale" si risolvano le "talune criticità" riscontrate nel testo. Già in occasione dell’approvazione della legge in Senato, il Quirinale aveva espresso dubbi 3su alcune incongruenze tecniche del testo, poi specificate nella lettera.
In particolare, i rilievi del presidente riguardano l’articolo che riguarda la concessione di borse di studio anche su base della "appartenenza territoriale". Punto voluto dalla Lega nord nella riforma e considerato dal Quirinale a rischio incostituzionalità. Il presidente della Repubblica fa poi un preciso riferimento agli odg sul "sottofinanziamento del sistema universitario italiano" rispetto alla media europea.
Nella lettera al presidente del Consiglio, Napolitano sollecita quindi il governo a un confronto con tutte le parti per superare le criticità che permangono nel testo. E ricordando in modo inusuale il faticoso percorso della riforma, auspica che "il governo ricerchi un costruttivo confronto con tutte le parti interessate". Lo scontro si consegna dunque alla prossima fase, quella dei decreti attuativi.
Gelmini: "Osservazioni non su punti portanti". Ma il rettore... Per il ministro Gelmini le osservazioni del presidente della Repubblica non costituiscono una critica di sostanza alla sua riforma. ’’Esprimo la mia piena soddisfazione per la promulgazione della legge da parte del Presidente della Repubblica. Terremo, insieme al presidente Berlusconi, in massima considerazione le sue osservazioni. Appare evidente dall’analisi dei punti rilevati che nessuno di essi tocca elementi portanti e qualificanti della legge. Aver approvato la legge sull’università è un segnale positivo per il Paese perché dimostra che, seppur tra mille difficoltà, è possibile realizzare le riforme’’ ha detto il ministro dell’Istruzione.
Commenta il rettore di Sassari Attilio Mastini: "Non credo proprio che i rilievi del presidente della Repubblica siano secondari o irrilevanti. Si veda il richiamo ai finanziamenti, al dialogo con le altre componenti. E poi, per quanto riguarda l’articolo 6, il presidente riconosce la fondamentale funzione docente svolta dai ricercatori e afferma la necessità che il titolo aggregato non venga assegnato a intermittenza mese per mese, cancellandolo alla fine di ciascun anno accademico".
Il testo integrale della nota di Napolitano. "Il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha oggi promulgato la legge recante "Norme in materia di organizzazione delle università, di personale accademico e reclutamento, nonchè delega al Governo per incentivare la qualità e l’efficienza del sistema universitario". Il Capo dello Stato - si legge in una nota diffusa dal Quirinale- ha contestualmente indirizzato la seguente lettera al Presidente del Consiglio dei Ministri:
Promulgo la legge, ai sensi dell’art. 87 della Costituzione, non avendo ravvisato nel testo motivi evidenti e gravi per chiedere una nuova deliberazione alle Camere, correttiva della legge approvata a conclusione di un lungo e faticoso iter parlamentare. L’attuazione della legge è del resto demandata a un elevato numero di provvedimenti, a mezzo di delega legislativa, di regolamenti governativi e di decreti ministeriali; quel che sta per avviarsi è dunque un processo di riforma, nel corso del quale saranno concretamente definiti gli indirizzi indicati nel testo legislativo e potranno essere anche affrontate talune criticità, riscontrabili in particolare negli articoli 4, 23 e 26.
Per quel che riguarda l’articolo 6, concernente il titolo di professore aggregato - pur non lasciando la norma, da un punto di vista sostanziale, spazio a dubbi interpretativi della reale volontà del legislatore - si attende che ai fini di un auspicabile migliore coordinamento formale, il governo adempia senza indugio all’impegno assunto dal Ministro Gelmini nella seduta del 21 dicembre in Senato, eventualmente attraverso la soppressione del comma 5 dell’articolo. Per quanto concerne l’art. 4 relativo alla concessione di borse di studio agli studenti, appare non pienamente coerente con il criterio del merito nella parte in cui prevede una riserva basata anche sul criterio dell’appartenenza territoriale. Inoltre l’art. 23, nel disciplinare i contratti per attività di insegnamento, appare di dubbia ragionevolezza nella parte in cui aggiunge una limitazione oggettiva riferita al reddito ai requisiti soggettivi di carattere scientifico e professionale. Infine è opportuno che l’art. 26, nel prevedere l’interpretazione autentica dell’art. 1, comma 1, del decreto legge n. 2 del 2004 sia formulato in termini non equivoci e corrispondenti al consolidato indirizzo giurisprudenziale della Corte Costituzionale.
Al di là del possibile superamento - nel corso del processo di attuazione della legge - delle criticità relative agli articoli menzionati, resta importante l’iniziativa che spetta al governo in esecuzione degli ordini del giorno Valditara e altri G 28.100, Rusconi ed altri G24.301, accolti nella seduta del 21 dicembre in Senato, contenenti precise indicazioni anche integrative - sul piano dei contenuti e delle risorse - delle scelte compiute con la legge successivamente approvata dall’Assemblea. Auspico infine che su tutti gli impegni assunti con l’accoglimento degli ordini del giorno e sugli sviluppi della complessa fase attuativa del provvedimento, il governo ricerchi un costruttivo confronto con tutte le parti interessate".
Gli sudenti: "Bloccheremo riforma negli atenei". Non hanno alcuna intenzione di arrendersi, neanche dopo la firma del Ddl, gli studenti universitari che promettono ancora battaglia: ’’Non siamo sorpresi. - commentano gli studenti di Link-Coordinamento Universitario - Il presidente Napolitano ci ha ricevuto e ascoltato con rispetto, ma non ci aspettavamo che fosse lui a dare battaglia al posto nostro. A bloccare la riforma Gelmini dovranno essere gli studenti, i dottorandi, i precari, i ricercatori, i tecnici-amministrativi, tutti coloro che vivono sulla propria pelle la schiavitù della precarietà e il furto di futuro operato da questa riforma’’. Il piano della mobilitazione, fanno sapere gli studenti, si sposta dal parlamento verso il governo, con l’attesa dei decreti attuativi, e verso gli atenei, con l’adeguamento degli statuti universitari alla nuova legge. ’’Chiediamo fin da subito a tutti i rettori di disobbedire, e su questo daremo battaglia. - annunciano - Costruiremo proposte di statuti universitari in grado di bloccare la riforma e cambiare l’università dal basso’’. Link fa poi notare che una delle ’’criticita’’’ individuate dal presidente Napolitano riguarda l’emendamento della Lega Nord che riserva ai residenti in una regione una quota delle borse di studio: ’’Il presidente ha sottolineato come quella norma razzista sia completamente incoerente con una legge che dice di favorire il merito - spiegano -. Ora tocca al governo rispettare la Costituzione e cancellare la norma razzista nel decreti attuativi’’. Di ’conquista’ degli studenti in merito alle osservazioni di Napolitano parla Luca Cafagna, 25 anni, studente di Scienze Politiche della Sapienza di Roma: ’’Le osservazioni del presidente della Repubblica alla legge Gelmini sono una piccola conquista del nostro movimento’’.
L’Udu - Unione degli studenti universitari, commenta così la firma di Napolitano. ’’La Gelmini non ha mai deliberatamente ascoltato le ragioni della protesta studentesca, non ha mai ricevuto documenti di organi accademici favorevoli alla riforma se non dei Rettori. Questo Governo si e’ chiuso in se’ stesso ed appeso a tre voti ha scelto di proseguire nell’approvazione di una legge quadro stravolgente per il sistema universitario e destrutturante’’. "Ha avuto piu’ di un anno di tempo per ascoltare le nostre ragioni, l’apertura al confronto dopo l’approvazione di una legge quadro e’ propria di una turista della democrazia. Continueremo la nostra mobilitazione per raccogliere, come abbiamo fatto in questi mesi, lo sdegno verso un Governo autoreferenziale e autoritario’’.
Di Pietro: "Legge iniqua", Pd: "Governo apra confronto". ’’Il rispetto istituzionale che abbiamo verso la Presidenza della Repubblica ci impone di prendere atto della decisione di Napolitano. Resta il fatto che riteniamo questo provvedimento ingiusto, iniquo ed incostituzionale’’. Lo afferma in una nota il Presidente dell’Italia dei Valori, Antonio Di Pietro, che aggiunge: ’’Ci auguriamo, ad ogni modo, che i dibattiti e le riflessioni successive possano frenare la portata devastante che caratterizza la riforma". Della necessità che il Governo apra un confronto con le parti interessate parla la capogruppo del Pd nella commissione Cultura della Camera Manuela Ghizzoni: ’’La lettera del Presidente della Repubblica conferma la grande attenzione e sensibilità riposta dal Quirinale. Altresì impegna il governo a un confronto con le parti interessate in tutta la complessa fase attuativa della legge Gelmini’’.
* la Repubblica, 30 dicembre 2010
GELMINI PIU’ LA RUSSA, CHE PAURA!
di Eleonora Cirant *
Prendete un pò di Gelmini, miscelate con abbondante dose di La Russa, insaporite con fervore da militari in congedo, rassodate il tutto con gelatina leghista. Avrete cucinato un perfetto polpettone verde-militare da distribuire al desco degli studenti lombardi. Si tratta del progetto “didattico” suggellato una decina di giorni fa a Milano dalla Ministra per l’Istruzione e dal Ministro della Difesa, che hanno garantito con la loro presenza il sostegno al protocollo “Allenati alla vita”, sottoscritto dal Provveditorato agli studi di Milano e dal Comando militare dell’esercito della Lombardia.
Centoventi volontari dell’Unione Ufficiali in Congedo in Italia impartiranno a studenti (maschi e femmine?) insegnamenti di cultura militare, armi e tiro, sopravvivenza in ambienti ostili, difesa nucleare batteriologica e chimica, insieme ad elementi di primo soccorso, topografia e diritto costituzionale. Per verificare gli insegnamenti appresi, gli studenti si cimenteranno in una gara finale divisi in plotoncini da combattimento. Vincenti e perdenti avranno comunque guadagnato in crediti formativi. Non solo. Il protocollo prevede anche un “concorso civico - letterario” basato sui “150° dell’Unità d’Italia”. Per ognuna delle tot province interessate, saranno premiati i primi dieci classificati ai quali sarà corrisposto un premio in denaro, “elargito da vari sponsor istituzionali e non, ammontante a 5.000,00 € in media per provincia”.
Peccato che il referente del progetto, che abbiamo cercato di interpellare via mail e telefono, non si faccia trovare. Vorremmo conoscere, ad esempio, la composizione per genere degli 800 studenti che saranno coinvolti da ottobre a primavera prossima. Ci piacerebbe sapere su quali basi è avvenuta l’adesione: per classe, o per singolo allievo/a? E chi paga? La circolare inviata ai docenti dal Comando militare accenna soltanto ad “oneri di spesa sponsorizzati da Enti pubblici e privati”.
Ai promotori del progetto chiederemmo quale ipotesi o teoria educativa sia alla base della volontà di “contrastare il bullismo grazie al lavoro di squadra, che determina l’aumento dell’autostima individuale ed il senso di appartenenza ad un gruppo”. Glielo chiederemmo volentieri, perché le cronache ci raccontano piuttosto di un’altra realtà giovanile, quella per cui il “senso di appartenenza al gruppo“ tracima purtroppo nella logica del branco, dove le fragilità dell’uno sono compensate nella sopraffazione dell’altro - o, più spesso, dell’altra.
Gli chiederemmo che senso ha che l’esercito vada nelle aule scolastiche ad insegnare diritto costituzionale, quando dovrebbe esistere addirittura una materia intitolata “Cittadinanza e costituzione”, inserita nei programmi scolastici proprio dalla Ministra Gelmini. E perché debba toccare ad ufficiali in congedo (nostalgici? Forse no, ma forse anche sì) allenare centinaia di adolescenti, quando esiste un’altra materia che si chiama “educazione fisica”. Che il piacere della competizione sportiva debba passare attraverso l’abito di una tuta mimetica, ci fa un po’ paura.
Al Provveditore chiederemmo sulla base di quali priorità si è deciso di investire migliaia di euro nel tentativo di “avvicinare, in modo innovativo e coinvolgente, il mondo della Scuola alle Forze Armate, alla Protezione Civile, alla Croce Rossa ed ai Gruppi Volontari del Soccorso”, quando le cronache ci presentano ben altre emergenze. Ad esempio, quella di tante donne morte ammazzate dal proprio partner, come le cronache raccontano un giorno si e l’altro pure, tanto che la violenza intra-familiare è la prima causa di morte per le donne europee. Il Provveditore è in grado di rendicontare, con questi soldi, quante ore di formazione potrebbero essere sostenute dalle operatrici dei Centri antiviolenza della Lombardia per portare nelle scuole, laddove le coscienze sono più sensibili e malleabili, l’abc di una relazione tra i sessi che sia meno sanguinosa di quella attuale? Che cosa facciamo per fermare questi femminicidi quotidiani: mandiamo l’esercito dentro le mura domestiche?