GIORNATA MONDIALE CONTRO L’OMOFOBIA - VI EDIZIONE

RELIGIONI E OMOFOBIA. Intervista a Louis Georges Tin, a cura di Josyane Savigneau ("Le Monde") - a cura di Federico La Sala

La Francia è stata il primo paese al mondo a togliere la transessualità dalla lista delle malattie
sabato 15 maggio 2010.
 

[...] Quest’anno chiediamo ai credenti, e in particolare ai responsabili religiosi, non di approvare l’omosessualità, ma, cosa ben diversa, di disapprovare l’omofobia. In particolare quando si tratta di violenze commesse in nome di un Dio, quale che sia. Non intendiamo entrare sul terreno della teologia, che non è il nostro; chiediamo ai teologi di venire sul terreno dei diritti umani, che ci riguardano tutti.

Ad esempio, in Francia, organizziamo un convegno all’Assemblée Nationale (ndr. camera dei deputati), nel quale intervengono i rappresentanti ufficiali della Conferenza episcopale francese, della Federazione protestante, del Gran Rabbinato, della Moschea di Parigi e dell’Unione buddista francese. È un evento totalmente inedito.

Insieme alla Chiesa francese abbiamo redatto una preghiera universale che chiede il rispetto della dignità di ciascuno, in occasione di questa giornata. Per l’islam in Francia è anche un’occasione storica per por fine al pregiudizio che vorrebbe i musulmani forzatamente omofobi [...]


-  “Le religioni contribuiscono spesso all’omofobia”

-  intervista a Louis Georges Tin,
-  a cura di Josyane Savigneau

-  in “Le Monde” del 15 maggio 2010 (traduzione: www.finesettimana.org)

Portavoce del Consiglio rappresentativo delle associazioni nere (CRAN), Louis-Georges Tin ha diretto un Dictionnaire de l’homophobie (PUF, 2003)

Il 17 maggio sarà la 6a edizione della giornata mondiale contro l’omofobia, che lei ha istituito. Non c’è un’eccessiva moltiplicazione di queste giornate annuali dedicate ad un tema sociale o ad un altro?

Non credo. Queste giornate permettono alla società civile di appropriarsi dell’agenda politica e di introdurvi delle tematiche alquanto trascurate dai dirigenti. Rispondono quindi ad un’esigenza di democrazia.

Come ha deciso, nel 2005, di proporre questa giornata?

Questa giornata l’ho proposta in tutto il mondo a molte associazioni, che hanno trovato l’idea molto interessante, e che l’hanno fatta propria. L’ho proposta anche alle autorità politiche, e poi è stata riconosciuta ufficialmente dall’Unione Europea, dalla Francia e da molti altri paesi.

È stata scelta quella data perché è il 17 maggio 1990 che l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) ha tolto l’omosessualità dalla lista delle malattie mentali. È una data internazionale, positiva, che ci invita anche a chiedere che si faccia per i transessuali, domani, quello che è stato fatto per gli omosessuali, ieri.

La Francia è stata il primo paese al mondo a togliere la transessualità dalla lista delle malattie mentali, nel 2009, in occasione della Giornata contro l’omofobia e la transfobia, e noi ci auguriamo che porti questa battaglia all’OMS.

Che cosa si fa in quella giornata?

In più di 60 paesi nel mondo ci sono conferenze, mostre, festival, azioni di strada. Vengono prese delle decisioni politiche. In Francia, ci sono più di centocinquanta eventi in più di quaranta città.

La giornata del 2010 ha come tema “Omofobia e religioni”. Che cosa si augura di ottenere dalle diverse autorità religiose?

Le tradizioni religiose contribuiscono spesso a rafforzare l’omofobia, per questo motivo abbiamo scelto tale tema. Quest’anno chiediamo ai credenti, e in particolare ai responsabili religiosi, non di approvare l’omosessualità, ma, cosa ben diversa, di disapprovare l’omofobia. In particolare quando si tratta di violenze commesse in nome di un Dio, quale che sia. Non intendiamo entrare sul terreno della teologia, che non è il nostro; chiediamo ai teologi di venire sul terreno dei diritti umani, che ci riguardano tutti.

Ad esempio, in Francia, organizziamo un convegno all’Assemblée Nationale (ndr. camera dei deputati), nel quale intervengono i rappresentanti ufficiali della Conferenza episcopale francese, della Federazione protestante, del Gran Rabbinato, della Moschea di Parigi e dell’Unione buddista francese. È un evento totalmente inedito.

Insieme alla Chiesa francese abbiamo redatto una preghiera universale che chiede il rispetto della dignità di ciascuno, in occasione di questa giornata. Per l’islam in Francia è anche un’occasione storica per por fine al pregiudizio che vorrebbe i musulmani forzatamente omofobi.

Che cosa ha pensato delle recenti dichiarazioni di un cardinale che ha collegato la pedofilia nella Chiesa all’omosessualità?

Ha semplicemente detto quello che molte persone omofobe, nella Chiesa e altrove, pensano di solito. Invece, quello che è nuovo, è lo scandalo internazionale che tali dichiarazioni hanno suscitato. Qualche anno fa, chi se ne sarebbe preoccupato, a parte qualche militante? È il segno che i tempi cambiano. È ora che il Vaticano se ne renda conto...

Gli atti omofobi sono in aumento in Francia?

Non ci sono inchieste globali sull’argomento. Abbiamo dei numeri dell’associazione SOSHomophobie, che sono in aumento. Ma è difficile sapere se questo significa un aumento della realtà omofoba o della propensione a testimoniare questa realtà. Tuttavia, molte persone che dovrebbero testimoniarla non lo fanno ancora, per paura di esporsi ad una stigmatizzazione sociale. In Francia ci vorrebbero della inchieste più ampie sul tema, per stabilire più precisamente il grado di violenza omofoba o transfoba.

Lei è tra quelli che dicono che il rifiuto, in Francia, del matrimonio omosessuale è una omofobia di Stato?

È quello che penso. Credo che ci sia stato un tempo in cui, in certi paesi, i matrimoni tra Neri e Bianchi erano proibiti, era razzismo? Ci sono paesi in cui le donne non possono sposarsi come lo desiderano, è sessismo? Ci sono paesi in cui gli omosessuali non possono sposarsi come lo desiderano. Credo che la conclusione si imponga automaticamente...

Nel 2006 lei diceva che 80 paesi consideravano ancora l’omosessualità come un crimine, è ancora così?

Sì. E in sette paesi, principalmente nell’arco del Medio Oriente, è richiesta la pena di morte contro gli omosessuali, sulla base della sharìa. Nel 2006, abbiamo lanciato un appello “per una depenalizzazione dell’omosessualità”. Questa petizione è stata sostenuta ampiamente da personalità come Jacques Delors, da artisti come Meryl Streep, da Premi Nobel come Desmond Tutu, Dario Fo, ecc. La nostra campagna ha avuto come esito una dichiarazione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, portata da Rama Yade, nel 2008. Ma si tratta solo di una dichiarazione, un testo simbolico, forte, ma senza valore di legge. Occorrerebbe una risoluzione, e per questo dobbiamo convincere un numero maggiore di Stati, ottenere una maggioranza ed una decisione che bisognerà poi far applicare.

Al di fuori delle questioni istituzionali, come il matrimonio, come giudica la situazione sociale dell’omosessualità in Francia oggi?

Le cose migliorano. Due francesi su tre sono favorevoli al matrimonio di coppie dello stesso sesso. Ci sono sempre più azioni a livello sociale, e alcuni provvedimenti importanti a livello governativo. Ma, soprattutto per i giovani, l’omofobia si mantiene ad un livello elevato. Anche in un ambiente razzista, un bambino nero ha tutte le probabilità di crescere in una famiglia nera dove la sua “differenza” non viene percepita come tale. Ma non è così per i giovani omosessuali, che crescono generalmente in famiglie eterosessuali.

Quindi, se sono esposti all’omofobia sociale, non necessariamente potranno trovare nella loro famiglia il sostegno di cui avrebbero bisogno. Molti esempi mostrano che rischierebbero molto se se lo aspettassero. C’è un certo numero di famiglie che respingono ancora i loro figli quando annunciano la loro omosessualità. Allora i giovani preferiscono restare nel silenzio, il che è fonte di depressione, di strazio. Nei luoghi di ricreazione a scuola, nel mondo dello sport, nella vita quotidiana, gli insulti omofobi sono ancora frequenti, a volte senza che chi li pronuncia dia loro grande importanza, ma risultano molto duri per coloro che li ricevono.

La Francia è un paese rifugio per gli omosessuali perseguitati nel loro paese?

Più o meno, ma bisogna considerare la situazione riservata agli immigrati. I paesi più aperti sull’omosessualità non sono necessariamente i più aperti sull’immigrazione.

Recentemente abbiamo incontrato persone del ministero di Eric Besson (ndr. immigrazione), e ci aspettiamo dei provvedimenti importanti perché il personale che si occupa del diritto d’asilo sia meglio formato per l’accoglienza dei rifugiati perseguitati a causa del loro orientamento sessuale o della loro identità di genere. Non ci siamo ancora...


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