IL RITORNO DEL RIMOSSO E LA LEZIONE (’DIMENTICATA’) DI SIGMUND FREUD. LA "SACRA FAMIGLIA" DELLA GERARCHIA CATTOLICO-ROMANA E’ ZOPPA E CIECA: IL FIGLIO HA PRESO IL POSTO DEL PADRE DI GESU’ E DEL "PADRE NOSTRO" E FA IL SANTO "PADRINO".... CON "MAMMASANTISSIMA"!!!

CHIESA: LA PENITENZA, IL PECCATO, E LA SPERANZA. Una nota di Aldo Schiavone - a cura di Federico La Sala

È importante che il Papa abbia parlato, nella sua ultima omelia, del valore e del significato della penitenza (...) ma penitenza deve voler dire anche cercar di capire, per arrivare al fondo delle cose.
domenica 18 aprile 2010.
 

[...] Penitenza vuol dire oggi per la Chiesa sapersi rivoluzionare, nel nome di un Dio di speranza, d’amore, di libertà e di eguaglianza. Nel nome di una fuga epocale dalla politica: si abbandoni a Cesare quel che gli spetta. Nel nome di una riconciliazione con la modernità e con la scienza; nel nome di un nuovo, integrale umanesimo [...]

LA CHIESA DEL SILENZIO E DEL "LATINORUM". Il teologo Ratzinger scrive da papa l’enciclica "Deus caritas est" (2006) e, ancora oggi, nessuno ne sollecita la correzione del titolo. Che lapsus!!! O, meglio, che progetto!!!

INDIETRO NON SI TORNA....

RIPARARE IL MONDO. LA CRISI EPOCALE DELLA CHIESA ’CATTOLICA’ E LA LEZIONE DI SIGMUND FREUD.


Il peccato e la speranza

di Aldo Schiavone (la Repubblica, 16 aprile 2010)

Non è una tempesta improvvisa quella che, in queste settimane, sta scuotendo la Chiesa di Roma. Viene invece da molto lontano, e la sua furia si alimenta di scompensi profondi, che arrivano dritti dal cuore stesso della nostra epoca.

È importante che il Papa abbia parlato, nella sua ultima omelia, del valore e del significato della penitenza di fronte all’incalzare delle colpe e delle responsabilità. È una scelta di cui comprendiamo il significato: ma penitenza deve voler dire anche cercar di capire, per arrivare al fondo delle cose. Non è infatti solo questione dello scandalo e delle sue dimensioni; né dell’esistenza - ormai accertata - di un sistema mondiale di occultamento degli abusi commessi dal clero.

Un sistema che ha avuto il suo centro nella Congregazione per la Dottrina della Fede, come ha scritto Hans Küng in un articolo sofferto e memorabile, appena apparso su questo giornale. C’è qualcosa di ancora più decisivo e radicale che sta venendo alla luce; di più strutturale, se posso esprimermi così: una sconnessione di cui le vicende che abbiamo sotto gli occhi sono solo il segno e l’annuncio. Questi disastri non capitano mai per caso.

Quel che sta davvero emergendo è - mi sembra - un atteggiamento di fondo, un’intermittenza di pensiero e di azione che spiega e illumina quanto è accaduto: la definirei come la paura della Chiesa di fronte alla storia che ci sta innanzi - una sua vertiginosa caduta di speranza, sostituita da un sentimento persistente di smarrimento e di ripiegamento nel passato, che si colora a volte di una non trattenuta tragicità. Con la conseguenza gravissima che le gerarchie cattoliche stanno mettendo a rischio il proprio rapporto con il mondo, con il tempo, e anche con il loro stesso popolo. Far penitenza, vuol dire cominciare a rendersene conto.

E’ bene chiarirlo subito: da una Chiesa in crisi nessuno ha da guadagnare. Lo dico da non credente, da italiano e da cittadino del pianeta. Ma proprio perciò, le difficoltà che la minacciano toccano tutti noi, e ci vedono partecipi e coinvolti. La sconfitta del comunismo - il mortale nemico affrontato in tante battaglie - aveva aperto al cattolicesimo vittorioso una prospettiva straordinaria.

Esso si presentava, agli inizi degli anni Novanta del secolo scorso, come un centro spirituale in grado di parlare all’interezza della nostra specie, portatore di un messaggio che stava recuperando di colpo quell’universalità a lungo contestata nel corso drammatico del secolo che si chiudeva. La sua missione evangelizzatrice poteva riprendere slancio, e sembrava non avere più confini.

Caduta ormai la necessità strategica di dover scavare un abisso fra sé e il comunismo, la dottrina sociale della Chiesa poteva aprirsi con una forza critica insospettata sulle contraddizioni del nuovo capitalismo globale. Per qualche anno, il carisma misterioso e primario del papa polacco diede l’impressione che davvero si stesse varcando un nuovo confine.

La rivoluzione tecnologica non spegneva il bisogno di spiritualità e di soprannaturale - come i vecchi materialisti avevano creduto - ma spingeva grandi masse di donne e di uomini - soprattutto fra le giovani generazioni - a porsi nuove domande sul senso della loro esistenza, e a stabilire nuovi rapporti con l’immateriale. La Chiesa sembrava avere le parole giuste. Se la politica deludeva dovunque, bisognava guardare altrove per ritrovare la fascinazione di un annuncio di salvezza. Ma poi, qualcosa non ha tenuto; o per meglio dire, la proiezione in avanti non ha retto. Come mai?

Innanzitutto perché la Chiesa ha avuto la percezione precoce che si stava aprendo un tempo storico del tutto nuovo, dominato da un’inaudita potenza dell’umano - quale mai era stata finora sperimentata - grazie alla capacità trasformatrice della tecnica; e ha intuito che varcare questa soglia implicava la costruzione di una nuova antropologia dell’emancipazione, e dunque una nuova idea di destino e di speranza, della vita e della morte, diciamo anche una nuova escatologia; ma ha temuto che tutto ciò mettesse in discussione il suo primato e una larga parte del suo impianto dogmatico, e insieme che le nuove potenzialità tecnologiche potessero rivelare il loro lato letteralmente satanico - e si è ritratta. Ha intravisto, e ha avuto paura. Ha commesso, come si dice, un peccato di speranza.

Invece di elaborare una teologia della liberazione dell’umano dalle sue schiavitù millenarie, le regole di un nuovo patto fra l’umano e il divino, una revisione della sua idea di persona, ha preferito riscoprire le sue antiche vocazioni antimoderne, determinando così un penoso vuoto di senso, una rischiosa zona d’ombra fra il suo pensiero e il nostro tempo: in questo scarto poteva verificarsi di tutto - sottovalutazioni inconcepibili, fraintendimenti abissali, gaffes culturali che lasciano allibiti, e anche la formazione al suo interno di grandi strutture di peccato - e così è esattamente successo. I punti di caduta sono stati la sessualità e la tecnica: non a caso i due livelli - peraltro fra loro collegati da mille fili - attraverso i quali è passato gran parte del cambiamento che sta ridisegnando ogni giorno la forma delle nostre vite.

E sia chiaro: non sto sostenendo che la Chiesa si è rivelata inadeguata per non essere stata abbastanza permissiva di fronte alle derive dei tempi. Non c’è futuro senza regole, e senza un’autentica rigenerazione etica. E la Chiesa non può rinunciare a essere un grande motore di eticità. Ma i paradigmi di cui abbiamo bisogno non vanno dedotti da un’idea mistificata della natura, né da una concezione che condanni la nostra specie a una eterna minorità senza riscatto.

Penitenza vuol dire oggi per la Chiesa sapersi rivoluzionare, nel nome di un Dio di speranza, d’amore, di libertà e di eguaglianza. Nel nome di una fuga epocale dalla politica: si abbandoni a Cesare quel che gli spetta. Nel nome di una riconciliazione con la modernità e con la scienza; nel nome di un nuovo, integrale umanesimo.



NELL’OMELIA DELLA MESSA CELEBRATA, NELLA CAPPELLA PAOLINA IN VATICANO «Pedofilia, è l’ora di fare penitenza»

Il monito di Benedetto XVI: «Siamo sotto gli attacchi del mondo che ci parlano dei nostri peccati»

MILANO - «Noi cristiani, anche negli ultimi tempi, abbiamo spesso evitato la parola penitenza», ma «adesso, sotto gli attacchidel mondo che ci parlano dei nostri peccati, vediamo che poter far penitenza è grazia e vediamo come sia necessario fare penitenza».Lo ha detto papa Benedetto XVI nell’omelia della Messa celebrata,nella Cappella Paolina in Vaticano, con i membri della PontificiaCommissione Biblica.

IL RICHIAMO - Il richiamo del Pontefice alla penitenza è giunto al termine di un ragionamento sul «primato» dell’obbedienza a Dio, che dà a Pietro - ha aggiuntorichiamando le parole dell’apostolo davanti al Sinedrio - «la libertà di opporsi alla suprema istituzione religiosa» e sottopone tutti gli uomini al suo giudizio. Un giudizio che, in una prospettiva di vita eterna, non va inteso come un limite, ma come «la grazia» di una possibilità di rinnovamento. «Devo dire che noi cristiani, anche negli ultimi tempi - ha osservato il pontefice - abbiamo spesso evitato la parola penitenza, che ci appariva troppo dura. Adesso, sotto gli attacchi del mondo che ci parlano dei nostri peccati, vediamo che poter far penitenza è grazia e vediamo come sia necessario fare penitenza, riconoscere cioè ciò che è sbagliato nella nostra vita. Aprirsi al perdono, prepararsi al perdono, lasciarsi trasformare. Il dolore della penitenza, cioè della purificazione e della trasformazione, questo dolore è grazia, perchè è rinnovamento, è opera della Misericordia divina».(Fonte Ansa)

* Corriere della Sera, 15 aprile 2010


Sul tema, nel sito, si cfr.:

LA CHIESA DEL SILENZIO E DEL "LATINORUM". Il teologo Ratzinger scrive da papa l’enciclica "Deus caritas est" (2006) e, ancora oggi, nessuno ne sollecita la correzione del titolo. Che lapsus!!! O, meglio, che progetto!!!

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Per un ri-orientamento teologico-politico e antropologico...

PER LA CHIESA CATTOLICA, SAN GIUSEPPE E’ ANCORA UN "GOJ", UNO STRANIERO... LA "SACRA FAMIGLIA" DELLA GERARCHIA CATTOLICO-ROMANA E’ ZOPPA E CIECA: IL FIGLIO HA PRESO IL POSTO DEL PADRE DI GESU’ E DEL "PADRE NOSTRO" E FA IL SANTO "PADRINO".... CON "MAMMASANTISSIMA".

RIPARARE IL MONDO. LA CRISI EPOCALE DELLA CHIESA ’CATTOLICA’ E LA LEZIONE DI SIGMUND FREUD.


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