[...] Che qualcosa, però, non vada come dovrebbe nel Pdl lo confermano le parole del ministro per l’Attuazione del programma, Gianfranco Rotondi: "Sono il primo a criticare i dirigenti del Pdl che hanno presentato le liste a poche ore della chiusura. Nel Pdl saranno presi provvedimenti in merito, bisogna avviarsi verso una regolamentazione giuridica dei partiti" [...]
La candidata del centrodestra per la Regione: "I cittadini possono scegliermi e votare i partiti che mi sostengono"
La Russa: "Anche in Lombardia la burocrazia cedera’ alla liberta’ di voto". Rotondi: "Comunque abbiamo sbagliato"
Caos liste Pdl, attesa per il ricorso
Polverini: "Per il Lazio resto fiduciosa" *
ROMA - "Oggi ci potrebbe essere il secondo giudizio in merito alla lista del Pdl, sono fiduciosa, cosi’ come lo sono in generale per la mia campagna elettorale". Nonostante lo stop (in attesa della pronuncia del Tar) alla lista del Pdl, la candidata del centrodestra alla presidenza della Regione Lazio ostenta ottimismo. "Non c’e’ uno scenario peggiore - dice la sindacalista prestata alla politica - io sono candidata, ci sono altre liste ad iniziare dalla mia lista civica. I cittadini possono scegliere il presidente e le liste che sostengono la coalizione e, ne sono sicura, ci sara’ anche quella del Pdl".
"Noi continuiamo a richiamare l’attenzione, - continua la Polverini - con questa maratona oratoria di tutti i cittadini che ieri hanno chiesto di superare la burocrazia per dare a tutti la possibilita’ di trovare il proprio simbolo, quindi anche quello del Pdl. Noi continuiamo a prescindere". Senza ripetere l’invito, accolto con freddezza dal Colle, che chiedeva a Napolitano di intervenire: "’Giustamente si e’ detto molto preoccupato. Credo che questo possa e debba avere un peso".
Ottimista anche Ignazio La Russa che mette sullo stesso piano lo stop alla lista del Pdl nel Lazio e la situazione lombarda dove la lista del governatore uscente Roberto Formigoni non e’ stata ammessa perche’ nelle tradizionali verifiche d’ufficio sono state invalidate 514 firme. "Sono convintissimo che nell’uno e nell’altro caso la burocrazia cedera’ alla liberta’ di voto - dice il ministro della Difesa ad Affaritaliani.It - E’ giusto far rispettare le regole, ma a Milano si tratta di formalismi e a Roma di un’interpretazione sbagliata’’.
Che qualcosa, però, non vada come dovrebbe nel Pdl lo confermano le parole del ministro per l’Attuazione del programma, Gianfranco Rotondi: "Sono il primo a criticare i dirigenti del Pdl che hanno presentato le liste a poche ore della chiusura. Nel Pdl saranno presi provvedimenti in merito, bisogna avviarsi verso una regolamentazione giuridica dei partiti".
* la Repubblica, 02 marzo 2010
Sul tema, nel sito, si cfr.:
IL RETROSCENA.
L’incarico di sondare l’opposizione affidato al ministro Maroni
Bersani: "Noi non siamo d’accordo". Ed è ancoa scontro tra An e Forza Italia
Liste escluse, il Cavaliere studia una leggina
"Ma serve il consenso del Partito democratico"
di CARMELO LO PAPA *
ROMA - Preoccupato, incredulo, allibito. I ministri si sbizzarriscono nel definire l’umore del "Presidente", nel momento in cui a metà giornata, appena finito il consiglio dei ministri, plana su Palazzo Chigi la notizia dell’esclusione anche della lista di sostegno a Roberto Formigoni, in Lombardia. Di complotti, di attacco alla democrazia, per adesso il premier Berlusconi preferisce non parlare: ci sono i ricorsi amministrativi in ballo, troppo delicato il momento per lasciarsi andare a nuovi j’accuse contro i magistrati e i responsabili delle corti d’appello.
Certo, ora che una regione che il Pdl riteneva già in cassaforte come il Lazio finisce in bilico, complica tutto. I nervi sono a fior di pelle. L’atmosfera in consiglio dei ministri è tesissima, racconta chi vi ha preso parte. Anche per questo, per non dare la stura alle recriminazioni reciproche, del caso Polverini non si parla nel plenum di Palazzo Chigi. Un Berlusconi accigliato si chiude subito dopo in disparte per affrontare l’affaire con il sindaco di Roma Alemanno, col ministro dell’Interno Maroni, alla Difesa La Russa, alle Politiche comunitarie Andrea Ronchi, col sottosegretario Gianni Letta. "Fatemi capire come stanno le cose" chiede in prima istanza il premier. Lo stato maggiore degli ex An spiega, racconta. "Ma se le cose stanno così come mi dite, allora ci sono ancora margini per spuntarla coi ricorsi" avrebbe commentato quindi Berlusconi.
Ma nulla è scontato. Ecco allora farsi strada nel caminetto ristretto l’idea del decreto o della "leggina" ad hoc. Idea appena abbozzata e per ora congelata, il premier non è per niente convinto. Anche perché una norma per sanare quel pasticcio romano, data la delicatezza della materia elettorale e l’imminenza del voto, richiederebbe un’intesa preventiva col Pd e il resto dell’opposizione. "Si tratterebbe di un accordo tra gentiluomini per giocare alla pari nel Lazio" spiega il primo sponsor di questa soluzione, il ministro Gianfranco Rotondi. Berlusconi vede una prospettiva del genere come "ultima spiaggia", qualora anche i ricorsi all’Ufficio elettorale centrale e poi al Tar dovessero fallire.
L’incarico di sondare le disponibilità dell’opposizione verrebbe affidato in quel caso al ministro dell’Interno Maroni. Con chance di riuscita già pressoché nulle. Come spiegano nell’entourage del segretario Pd, Bersani stroncherebbe sul nascere una richiesta del genere: "Non siamo d’accordo". Come pure sembra preclusa, agli occhi del Cavaliere, la via di un decreto per rinviare il voto nel solo Lazio. Sull’una come sull’altra soluzione graverebbero le perplessità, se non la netta avversione, del Quirinale. Il "non decido io", pronunciato ieri dal presidente Napolitano, è stato accolto come una doccia gelata a Palazzo Chigi.
Sullo sfondo, il caso liste moltiplica gli effetti dello scontro tra berlusconiani e finiani, dentro il Pdl. L’ultimo spettro è alimentato dall’eventualità di un successo della Polverini nonostante l’esclusione della lista di partito. "Ci auguriamo venga accolto il ricorso, ma se così non fosse e lei vincesse, potremmo sentirci dire che la vittoria è merito dell’area finiana e dell’Udc e non sarebbe gradevole" racconta l’ex forzista Osvaldo Napoli dando voce agli ultimi boatos di Via dell’Umiltà. Anche perché una vittoria con handicap (senza la lista Pdl) finirebbe col rafforzare l’asse Casini-Fini, vissuto da Berlusconi sempre più come un bastone tra le ruote del suo governo. L’ultima prova del "complotto" in atto, per la cerchia ristretta del premier, è stato il pranzo di giovedì scorso tra il presidente della Camera, il leader Udc e Beppe Pisanu, anche lui sempre più critico sulla gestione del partito. L’attacco sferrato dal coordinatore Sandro Bondi e pubblicato ieri dal "Giornale" rende bene l’idea di cosa pensi il presidente del Consiglio dei tre: poco più che degli ingrati. "Solo grazie allo scudo Berlusconi - scrive il ministro - esponenti della Dc come Casini e Pisanu possono continuare a svolgere un ruolo di primo piano e un leader come Fini ha potuto traghettare un partito dal post-fascismo verso la piena legittimità democratica".
Decreto salva liste, Napolitano ha firmato *
08:37 Napolitano ha firmato il decreto
Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha firmato il decreto salvaliste, dopo l’ok del Cdm al dl interpretativo. Napolitano ha emanato il decreto legge finalizzato a una rapida e certa definizione delle modalità di svolgimento della consultazione elettorale, una volta verificato che il testo approvato dal Consiglio dei ministri corrisponde alle caratteristiche di un provvedimento interpretativo della normativa vigente. E già oggi, in tempo per poter essere utilizzato dai Tar, sarà pubblicato in Gazzetta Ufficiale.
* la Repubblica, 06.03.1010 - per aggiornamenti, clicca sul rosso).
La soluzione non dipende dal Quirinale
di GIAN ENRICO RUSCONI *
È l’ora della politica, quella vera. Quella che decide nei casi d’emergenza. O è l’ora dell’ennesimo aggiustamento che non va alla radice del problema?
L’ipotesi di elezioni regionali profondamente alterate, per l’impossibilità di milioni di cittadini di esprimersi nelle loro scelte, non è il risultato di banali contrattempi ma di dilettantismo e di indecenza politica inaccettabili.
Che la colpa sia di rappresentanti di partiti che sono al governo, pone il governo stesso in una posizione estremamente imbarazzante. Se è suo dovere intervenire a sanare una situazione che oggettivamente danneggia l’intera comunità politica, non può far finta che il danno non sia stato procurato dai suoi sostenitori. Per non parlare del discredito in cui è precipitato, per le scomposte reazioni di qualche suo rappresentante che invocava una protesta «antiburocratica» di piazza.
La Magistratura ordinaria ha fatto il suo dovere, con scrupolo. Ma sotto la pressione del tempo, difficilmente la procedura dei ricorsi - sino al Consiglio di Stato - avrebbe consentito tempestivamente l’eventuale disinnesco della eccezionale situazione politica venutasi a creare. Forse neppure una Corte Costituzionale funzionante come quella tedesca, sarebbe stata in grado di intervenire - come è suo costume - in modo rapido, autorevole, decisivo.
Da noi, invece, impropriamente ci si rivolge alla Presidenza della Repubblica come se fosse un sostituto politico della Corte Costituzionale. Il discorso sull’aumento smisurato delle aspettative verso il Quirinale ci porterebbe troppo lontano. Ma prima o poi dovremo farlo.
Rimaniamo all’emergenza di oggi. Alla fine essa approda sul tavolo del governo, ma - non dimentichiamolo - nel nostro Paese secondo la nostra Costituzione l’istanza politica sovrana è il Parlamento. E’ lì che ci aspettiamo la risposta politica vera a quanto è accaduto, non l’ennesima baruffa sull’ennesimo decreto.
In realtà in questa drammatica congiuntura paghiamo lo scotto dello scadimento di qualità della nostra classe politica (risparmiamoci il doveroso elenco delle eccezioni). Quando da tempo scriviamo che non abbiamo una classe politica dirigente degna di questo nome, non facciamo una esercitazione accademica. Domani o dopodomani ne avremo la prova.
Facciamo un sogno: che il governo chieda scusa pubblicamente ai cittadini; che l’opposizione risponda con un significativo silenzio; che la Camera tutta riconosca autocriticamente che la vita politica italiana da troppo tempo non è all’altezza delle aspettative dei cittadini; che tutte le parti politiche promettano di comportarsi lealmente e consensualmente. Purtroppo è solo un sogno.
In queste ore se a sinistra si nota una grande discrezione - non è chiaro se per senso di responsabilità o per incertezza su come comportarsi - nel centrodestra regna confusione completa. A parte il tirarsi fuori polemico e sarcastico degli uomini della Lega, il berlusconismo affronta il suo momento peggiore perché inatteso nella forma e nella sostanza. Ma indirettamente paga il suo vizio di fondo. Infatti il leader factotum che deve pensare a tutto ha bisogno di esecutori, tecnici, collaboratori, sostenitori - non di soggetti politici che interagiscono democraticamente con lui. Le istituzioni e le procedure poi appaiono fastidiose, fanno perdere tempo. Quando non sono considerate per principio strumenti ostili in mano agli avversari. Come tentano ancora di dire alcuni rappresentanti del centrodestra.
E’ probabile che il leader factotum in questo momento, dopo aver incrociato le dita affinché passi indenne la bufera, stia pensando di ricorrere alla tecnica politica più diretta che gli è cara: trasformare la prossima consultazione regionale in un plebiscito personale. Ma per fare questo ha bisogno non già di una classe politica ma di una compagnia di sostegno, fatta da uomini e da donne che gli fanno da coro. E di un apparato mediatico che per un malinteso scrupolo professionale ha rinunciato al suo ruolo e ha paura della sua ombra. Siamo daccapo.
* La Stampa, 5/3/2010
Slitta forse a domani il Cdm previsto per la serata. Sul tavolo anche l’ipotesi del dl
La Corte d’appello accoglie il ricorso per il reinserimento del listino dell’ex sindacalista"
Regionali, Berlusconi pensa al decreto
Napolitano frena. Riammessa Polverini
Il premier a colloquio per oltre un’ora con il presidente Napolitano
Radicali: "Annullare le elezioni". Di Pietro: "Nessun rinvio". Bersani: "Ddl, ipotesi senza fondamento" *
ROMA - Attesa, tensione e ricerca di una via d’uscita nella vicenda dello stop alle liste del centrodestra in Lazio e Lombardia. Il Pdl lavora per una "soluzione politica", non nascondendo la voglia di ricorrere al decreto. Berlusconi sale al Quirinale per un colloquio di oltre un’ora con il capo dello Stato. Poi annulla il Cdm straordinario annunciato per le 22, "forse domani", e si riunisce a Palazzo Chigi con Letta, Maroni, Calderoli, Scajola, Brunetta, La Russa, Matteoli, Alfano e il consigliere giuridico della Presidenza del consiglio Claudio Zucchelli. Sconvocata l’assemblea prevista in serata all’Hotel Excelsior di Roma che avrebbe visto la presenza del premier tra i responsabili regionali Pdl. Nulla di fatto per la manifestazione nel centro della capitale indetta da Renata Polverini: arrivano un migliaio di persone ma non Berlusconi e Fini. Poi la candidata ottiene una vittoria importante in serata: la Corte d’appello di Roma accoglie il suo ricorso e riammette il listino Polverini. A Milano, Formigoni è convinto che in Lombardia ci sia stata "una manovra ordita da soggetti ignoti al fine di danneggiare il centrodestra e impedirne la presentazione" alle Regionali.
Berlusconi da Napolitano. Il premier in serata ha visto Napolitano. Un incontro al Quirinale durato più di un’ora, al quale Berlusconi si è presentato insieme ai ministri dell’Interno e della Difesa, Roberto Maroni e Ignazio La Russa (quest’ultimo anche coordinatore del Pdl) e al ministro della Semplificazione normativa Roberto Calderoli. Al termine dell’incontro, intorno alle 21.45, Berlusconi è tornato a Palazzo Chigi. Poi ha annullato il Consiglio dei ministri straordinario previsto per la serata - sul tavolo, anche l’ipotesi del decreto legge. Forse sarà convocato domani mattina. Secondo quanto si apprende, Berlusconi avrebbe proposto al capo dello Stato un decreto legge che fisserebbe nuovi termini per gli adempimenti relativi alla presentazione delle liste.
Bersani: "Non cambiare le regole". Resta da capire che cosa farà l’opposizione in questa partita con il governo. Il Quirinale gioca un ruolo decisivo. "Qualsiasi intervento d’urgenza in materia elettorale in corso d’opera sarebbe totalmente inaccettabile - taglia corto il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani - abbiamo cinque gradi di giudizio, lasciamoli lavorare. Non si permettano di fare minacce, perché se la sono cercata da soli". Qualche ora prima, Napolitano, prima di rientrare in Italia da Bruxelles, aveva avvertito: "Ancora non c’è nulla di definito, in alcun modo. Quando arriverò a Roma, vedrò. Soluzione politica? Se qualcuno mi spiega cos’è, e da parte di chi e su che cosa, la esaminerò".
Le bozze di decreto legge. Diverse le possibilità al vaglio del centrodestra. Con il passare del tempo, le bozze di decreto legge su cui starebbe lavorando il governo sarebbero diventate cinque: quattro di Palazzo Chigi ed una del ministero dell’Interno. Un testo punterebbe anche alla proroga in carica di due mesi dei presidenti delle regioni e dei Consigli regionali, altri due sarebbero interpretazioni autentiche delle leggi elettorali regionali per il Lazio e per la Lombardia. C’è anche chi solleciterebbe la riflessione sull’opportunità o meno di presentarsi al Quirinale con un testo da sottoporre al capo dello Stato. In altre parole, viene fatto rilevare, il governo potrebbe chiedere a Napolitano, ove condivida la necessità e l’urgenza di un intervento legislativo, di dare indicazioni da seguire.
Il fronte ricorsi. Sul fronte ricorsi, il Pdl del Lazio presenterà domani mattina il reclamo contro l’esclusione della lista provinciale. La decisione riguardante la Polverini, in 4 pagine di provvedimento, è motivata dal fatto che sono stati superati gli "ostacoli formali" che martedì ne avevano provocato il blocco. Il presidente dell’Ufficio centrale elettorale, Fausto Severini, spiega che il ricorso è stato accolto "in quanto è stata integrata la ’procura’ mancante": "Nelle operazioni di presentazione era prevista una ’procura’ congiunta, ma una era risultata assente". Le motivazioni saranno pubblicate domani mattina.
Lombardia. Il presidente della Regione Roberto Formigoni, la cui lista è stata esclusa dalla tornata elettorale, ha annunciato che verranno presentate denunce in merito a irregolarità che sarebbero state commesse dall’Ufficio centrale regionale che ha accolto il ricorso dei Radicali e contro chi avrebbe potuto manomettere le liste con le firme. Aggiungendo che anche la legata al candidato del centrosinistra, Filippo Penati, "non può essere ammessa".
"Improponibile il ricorso dei Radicali". Il governatore ricorda che l’Ufficio centrale regionale ha accolto le liste e il listino del centrodestra e "quindi, compiendo un’irregolarità, ha accolto il ricorso dei Radicali che era improponibile ai sensi della legge". Formigoni spiega che l’Ufficio centrale ha dato agli esponenti della lista Bonino-Pannella "la disponibilità delle nostre liste lasciandole nelle loro mani per 12 ore. Dal punto di vista teorico avrebbero potuto compiere qualsiasi attività manipolatoria compresa la sottrazione dei documenti". E insiste: solo dopo il controllo fatto dai Radicali, l’Ufficio centrale ha riscontrato le irregolarità nelle liste. I rappresentanti del Pdl, continua, hanno passato al setaccio le liste degli altri partiti "alla presenza dei loro rappresentanti di lista". Tale controllo ha evidenziato che la lista "Penati presidente" ha un numero di firme valide inferiore alle 3.500 necessarie e quindi "non può essere ammessa alle Regionali".
Scontro Formigoni-Penati. "Abbiamo dimostrato alla Corte d’Appello la regolarità delle firme del mio listino - ribatte Penati - se Formigoni è di diversa opinione, faccia valere quello che ritiene un suo diritto nelle sedi opportune". E ricorda che il Pd non ha "alcuna responsabilità rispetto alla situazione. Voglio ricordare a tutti che io non ho fatto alcun ricorso, anzi, mi sono difeso da quello dei Radicali".
* la Repubblica, 04 marzo 2010
Renata Polverini chiama i sostenitori a piazza Farnese, ma il premier potrebbe non andare
Bossi prima parla di decreto e poi ci ripensa: "Soluzione politica". L’Avvenire attacca chi "ha commesso errori"
Regionali, Pdl in piazza a Roma
Napolitano: "Preoccupato, seguo da vicino"
Fini non ci sarà: "Il presidente della Camera non partecipa a manifestazioni elettorali"
Di Pietro: "Nessuno parli di rinvio". Bersani: "Mai pensato di vincere per abbandono dell’avversario" *
ROMA - Attesa e tensione. Lo stop alle liste del centrodestra in Lazio e Lombardia resta al centro della giornata politica. Con il Pdl che grida all’attentato alla democrazia, si appella al Tar e lavora per una "soluzione politica". E con Umberto Bossi che prima pare rafforzare l’idea di un decreto per riammettere le liste ("E’ materia urgente, si può fare"), poi frena: "Lasciamo stare il decreto. Si troverà una soluzione politica". Due le possibilità al vaglio del centrodestra. Un decreto per stabilire un rinvio del voto nelle regioni interessate quel tanto che basta per riaprire i termini di presentazione delle liste. Una legge ordinaria della maggioranza che, riaprendo i termini senza modificare la data delle elezioni, di fatto si limiti ad accorciare la durata della campagna elettorale riaprendo la possibilità di ammettere liste. La maggioranza ha i numeri per approvare il ddl anche da sola. Mentre la tranquillità di poter intervenire con decreto su data e assetto delle elezioni la può dare solo il via libera anche della minoranza.
Il decreto e la preoccupazione del Colle. Dal Colle il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano avverte: "Sono preoccupato, seguo con attenzione gli sviluppi della situazione". Al Quirinale guarderebbe anche Berlusconi che, ieri sera, parlando con i senatori, avrebbe espresso il desiderio di vedere il presidente: "E’ una persona saggia, domani vorrei incontrarlo. Il problema è che la situazione potrebbe sfuggirci di mano, serve una collaborazione tra istituzioni per risolvere la questione". Perché di una cosa è certo il Cavaliere: "Ci sono stati degli errori, ma ora credo che ci sia una chiara volontà di attaccare me, il Pdl e il governo".
Fini non va a piazza Farnese. Oggi, a piazza Farnese a Roma, Renata Polverini riunirà i fedelissimi. Avrebbe dovuto esserci anche Silvio Berlusconi ma le ultime indiscrezioni vanno in direzione contraria. Quello che è certo, invece, è il vertice a Palazzo Grazioli tra Berlusconi, e i vertici della Lega e del Pdl. A cui seguirà l’ufficio di presidenza del Pdl. Di sicuro in piazza non andrà Gianfranco Fini. "Il presidente della Camera non partecipa a comizi elettorali" taglia corto il poertavoce. Fini, invece, potrebbe partecipare alla riunione dei parlamentari del Pdl del Lazio all’hotel Excelsior di Roma alle 19. Nonostante i problemi, comunque, la Polverini non perde la speranza: "Per la questione del listino regionale, lo ripeto, sono assolutamente ottimista".
Un ottimismo che, però, potrebbe non bastare. E allora ecco che da alcuni settori del Pdl comincia a profilarsi l’ipotesi di far slittare le elezioni. Farle oggi, dice il sindaco di Roma Gianni Alemanno, sarebbe un danno: "Credo sia un problema, non solo del centrodestra ma anche del centrosinistra perchè ci si deve porre il problema di far sì che queste elezioni diano a tutti la possibilità di esprimersi".
Sul fronte dei ricorsi, il Pdl del Lazio presenterà, domani mattina, il ricorso contro l’esclusione della lista provinciale. Nel pomeriggio di oggi, poi, è atteso il verdetto sul listino della Polverini. Se dalla Corte d’appello dovesse arrivare un nuovo stop, anche sul listino si andrebbe davanti al giudice amministrativo.
Lombardia. "Chiediamo che intervenga il presidente della Repubblica che deve essere garante della libertà di voto dei cittadini. Si sta muovendo Berlusconi, con cui ho parlato più volte e sta muovendo anche il governo". Dopo la decisione della Corte d’appello di Milano di escludere la lista di centrodestra che sostiene la sua candidatura alle elezioni regionali, il presidente della Lombardia Roberto Formigoni lancia il suo appello su youtube. "Tentano di buttarci fuori dalle elezioni e tentano di impedire ai 10 milioni di cittadini lombardi di trovare il candidato presidente di riferimento e le liste di partiti a cui hanno sempre dato il 60% del loro consenso: e’ un problema che attiene alla democrazia", aggiunge il presidente uscente, che spera nel ricorso al Tar: "Siamo ottimisti perchè abbiamo le nostre fondatissime ragioni ma c’è bisogno che le nostre ragioni siano riconosciute".
Le reazioni. Resta aperta la questione delle responsabilità. In attesa di una resa dei conti che il centrodestra rimanda al dopo elezioni, il quotidiano dei vescovi, l’Avvenire, punta il dito contro "chi ha commesso errori e affastellato pasticci e improvvisazioni", cioè il Pdl, e "non di chi ha deciso di sanzionarli con rigore. Il rigore sulle regole non può far gridare al complotto". Mentre il segretario del Pd, Pierluigi Bersani avverte: "Di questa situazione è responsabile la maggioranza e se ne prendano la responsabilità, poi si vedrà. Certo non abbiamo mai pensato di vincere per abbandono degli avversari". Emma Bonino, però, taglia corto: Non chiedere il rispetto delle leggi è da autolesionisti. Chi non lo chiede sono i prepotenti perché a loro non servono. Ma agli altri servono". Categorico Antonio Di Pietro: "Basta con le leggi ad personam. Aspettiamo la decisione dei magistrati senza fare da sponda a chi vuole piegare la legge a uso e consumo proprio. Il decreto sarebbe un golpe".
* la Repubblica, 04 marzo 2010
Pdl, ricorsi respinti: Berlusconi in piazza
E Napolitano: «Che pasticcio con le liste» *
Il premier giovedì a Piazza Farnese con la Polverini. Cicchitto:«Così voto falsato». Il governo valuta ipotesi dl
MILANO -«Un pasticcio». Parola di Giorgio Napolitano. Il presidente della Repubblica ha commentato così l’intricata vicenda delle liste elettorali del Pdl che non sono state ammesse alle elezioni regionali. Il presidente della Repubblica ha parlato a Bruxelles, dove si trova in visita, dopo l’incontro con i vertici delle istituzioni europee. Il capo dello Stato non ha aggiunto nulla, ma a quanto si apprende la linea del Quirinale rimane quella fissata nei giorni scorsi da una nota ufficiale, in cui si afferma che la competenza sulla questione è della magistratura. Napolitano rientrerà al Quirinale venerdì mattina e probabilmente sarà investito da nuove richieste di concorrere al chiarimento della questione. Fabrizio Cicchitto (LaPresse)
E se il caos liste è «un pasticcio» per il Colle, esplode la rabbia del centrodestra dopo il doppio stop alle liste del Pdl nel Lazio e in Lombardia. Nella Capitale è stato infatti respinto il ricorso del Pdl per la riammissione della lista della provincia di Roma a sostegno della candidata Renata Polverini. E a Milano, la Corte d’Appello non ha ammesso la «Lista per la Lombardia» di Roberto Formigoni alle elezioni regionali lombarde: anche in questo caso è stato respinto il ricorso presentato dalla stessa lista contro il precedente provvedimento di esclusione. Il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, che mercoledì sera ha incontrato Denis Verdini e Ignazio La Russa (annullando inoltre all’ultimo minuto le interviste con alcune televisioni locali in programma proprio per la campagna elettorale delle regionali) ha deciso che parteciperà giovedì alle 17 alla manifestazione promossa dalla candidata del centrodestra alla guida della Regione Lazio Renata Polverini a piazza Farnese a Roma. Il premier, secondo quanto riferisce chi lo ha incontrato, potrebbe prendere la parola sul palco al fianco della Polverini per sostenere la sua candidatura alla luce delle polemiche per l’esclusione della lista del Pdl della provincia di Roma. «Abbiamo convocato domani un ufficio di presidenza del Pdl» a proposito dell’esclusione di alcune liste di centrodestra in Lazio e Lombardia, ha detto mercoledì sera La Russa lasciando Palazzo Grazioli. Fra le ipotesi che l’Ufficio di presidenza valuterà per superare l’impasse delle liste ci sarà anche quella di un decreto. Lo riferiscono fonti parlamentari della maggioranza al termine dell’incontro fra Silvio Berlusconi e i coordinatori del partito a palazzo Grazioli.
«DEMOCRAZIA A RISCHIO» - La maggioranza intanto parla apertamente di «voto falsato» e punta il dito contro «i furbi che vogliono vincere a tavolino». Il capogruppo del Pdl alla Camera, Fabrizio Cicchitto, non usa mezzi termini: «I ricorsi respinti sia della lista Formigoni, sia di quella provinciale del PdL del Lazio per Renata Polverini insieme all’accettazione della lista di disturbo a Cota in Piemonte, dimostrano che queste elezioni corrono il rischio di essere falsate con conseguenze gravissime per la nostra democrazia. Altro che dilettanti allo sbaraglio». Per il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Paolo Bonaiuti, il doppio stop è una cosa impensabile: «Come si può pensare di lasciare senza scelta nel momento più alto della democrazia, quello del voto, due Regioni che insieme rappresentano più di un quarto della popolazione italiana?» ha detto Bonaiuti riferendosi al Lazio e alla Lombardia. «Voglio sentire al più presto Bossi e Berlusconi - dice Roberto Calderoli - e poi decideremo perché serve subito una risposta politica ai furbi che cercano le vittorie a tavolino». «O il simbolo della Lega sarà presente dove abbiamo deciso di candidarci o tanto vale non presentarci alle elezioni perché non sarebbero valide» ha aggiunto il ministro leghista.
«CONFIDIAMO NEL TAR» - «Vincere facile, correndo da soli, è l’opposto della democrazia» è l’affondo di Ignazio La Russa, che non sembra sorpreso dagli ultimi sviluppi del caso e appare ottimista sugli ulteriori ricorsi. «Per noi non è una sorpresa», ma ora «confidiamo nella decisione del Tar» ha detto il ministro della Difesa e coordinatore Pdl. «Per noi non è una sorpresa la decisione della Corte d’appello, perché è un’anomalia, legata alla riforma del voto regionale, il fatto che si affidi allo stesso organi la potestà di decidere su un ricorso a una decisione presa dalla Corte stessa. In ventiquattr’ore raramente il ricorso ha la forza di modificare una decisione appena presa. Questa anomalia è stata introdotta con il Tatarellum che ha istituito il listino senza indicare un organo giudicante diverso dal primo. Dunque ritenevamo molto improbabile, anche se non impossibile, un cambiamento». «A questo punto - ha aggiunto La Russa - confidiamo nel Tar. Non credo che metà Lombardia possa essere privata del diritto di esprimersi perchè un bollo è quadrato invece che tondo. Sono irregolarità meramente formali. Penso che il Tar ci darà ragione».
«MARCIA SU ROMA?» - «Ora assisteremo a una marcia su Roma da parte del neofascista La Russa?» chiede provocatoriamente il leader dell’Idv Antonio Di Pietro commentando in Transatlantico alla Camera le parole del ministro della Difesa sull’esclusione di liste del centrodestra alle regionali («siamo pronti a tutti» aveva detto La Russa). «Per fortuna - ha aggiunto l’ex pm - oggi non è come allora e se dovessero farlo ci sarebbe una rivolta sociale che metterebbe a rischio la convivenza pacifica».
«NON PUNTIAMO A TURBARE IL VOTO» - «Ci sono diversi sedi istituzionali che devono giudicare; aspettiamo serenamente che finiscano queste pratiche, e noi non cerchiamo avvenimenti che turbino la fisiologia del voto» ha detto da parte sua il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani. «Detto questo - ha proseguito -, ci sono regole uguali per tutti e tutti devono rispettarle. Credo che ci si debba rimettere alle procedure di garanzia che la nostra legge fissa a iosa. Di più - ha concluso - non dico».
Redazione online
* Corriere della Sera, 03 marzo 2010
La Corte d’appello di Milano boccia il listino del governatore, nella capitale i giudici
respingono la richiesta del partito del premier. Partono i ricorsi al Tar
Formigoni per ora escluso dal voto
E a Roma anche il Pdl resta fuori *
ROMA - Maggioranza sempre più nel caos elettorale. La Corte d’appello di Roma ha bocciato il ricorso - il secondo - presentato dal Pdl dopo l’esclusione della propria lista di Roma e provincia, a causa di un ritardo nella presentazione. E da Milano arriva un’altra pessima notizia, per il centrodestra: la Corte d’appello del capoluogo lombardo non ha riammesso la lista per la Lombardia di Roberto Formigoni, respingendo il ricorso contro il precedente provvedimento di esclusione (dovuto all’irregolarità di alcune firme). Un doppio stop che hanno fatto scattare il ricorso al Tar per cercare di recuperare la situazione.
Le due bocciature. La più grave, da un punto di vista tecnico, è quella lombarda: al momento, senza il "suo" listino, il candidato del Pdl è escluso dalla competizione. Non può insomma essere votato. Analoga sorte per le liste a lui collegate. Ma i promotori hanno già annunciato un ulteriore ricorso, stavolta al Tar. Dal punto di vista politico, però, il caso Roma è altrettanto grave: l’esclusione del partito di maggioranza dalla capitale è una ferita difficile da sanare. Anche in questo caso, comunque, è stato annunciato il ricorso al Tar. ’Confidiamo nel Tar - dice il ministro della Difesa Ignazio La Russa - Per quel poco che so di diritto amministrativo credo che il principio di conservazione prevalga su irregolarità meramente formali. Ma vi pare possibile che milioni di elettori possano essere privati del loro diritto perchè il bollo è quadrato invece che tondo?". mentre Formigoni chiede che "venga fatta una verifica su tutte le liste".
La lista civica Polverini. I giudici della Corte d’appello di Roma hanno riammesso invece il ricorso della lista civica regionale per il Lazio di Renata Polverini, esclusa ieri. Per un altro caso, quello del ’listino’ respinto della candidata governatrice (a cui mancava la firma del vicecoordinatore del Pdl) bisognerà invece attendere almeno domani: ma tra i promotori c’è grande ottimismo. "Pronunciamento atteso - dice la Polverini - aspettavamo solo la conferma. ma adesso siamo fiduciosi che al Tar le cose andranno diversamente". Questo l’iter previsto: ricorso entro domani e udienza martedì o giovedì della prossima settimana.
Milano, le ragioni dei giudici. Nel motivare la bocciatura del ricorso della lista ’Per la Lombardia’ i giudici della Corte di Appello di Milano, ricordano che l’autenticazione delle sottoscrizioni delle firme "deve essere compiuta con le modalità" previste dalle normative specifiche. Queste formalità, non sarebbero state rispettate. "Queste modalità - è scritto ancora nella decisione di 5 pagine - costituiscono quindi il minimo essenziale per assicurare la certezza della provenienza della sottoscrizione dal soggetto che figura averla apposta e devono coesistere tutte". Per i giudici "la richiesta del legislatore di autenticazione delle firme dei sottoscrittori risponde all’imprescindibile necessità di verificare che la presentazione della lista corrisponda effettivamente alla volontà della quota di elettori in essa indicata".
Piemonte. Sono cinque le liste provinciali escluse dalle prossime elezioni regionali dalla Corte d’appello di Torino e comunque sempre per l’insufficienza di firme raccolte. In tre casi, nelle province di Asti, Cuneo e Torino, a essere messa fuori corsa è stata la lista Fiamma Tricolore Destra Sociale. Nei due restanti, nelle province di Asti e Alessandria, invece, è toccato alla lista Lega Padana Piemont. Tutte le liste escluse sostengono il candidato presidente Renzo Rabellino. Resta invece in corsa la lista di Nadia Cota, sempre a sostegno di Rabellino, che inizialmente era stata esclusa. Dal simbolo, infatti, è stata cancellata la scritta "Pdl".
* la Repubblica, 03 marzo 2010
La decisione della Corte d’appello del Lazio. La Corte d’appello di Milano
chiamata a pronunciarsi sulla lista Formigoni. E cresce la tensione
Lazio ammessa con riserva lista civica Polverini
Attesa per verdetto su listino e sul Pdl a Roma
La Russa: "Se ci escludono pronti a tutto". Ed è polemica *
ROMA - Per il pasticcio delle elezioni regionali in casa del centrodestra è giunta l’ora della verità. Un primo verdetto c’è già stato: la lista civica regionale per il Lazio di Renata Polverini, esclusa ieri, è stata riammessa con riserva dalla Corte d’appello di Roma. Il problema che i giudici ancora devono chiarire è legato alla documentazione anagrafica di tre dei candidati in lizza. Per il ’listino’ della candidata governatrice (a cui mancava la firma del vicecoordinatore del Pdl) bisognerà invece attendere 48 ore per un pronunciamento della Corte.
Sempre entro oggi, dovrebbero arrivare altre due sentenze cruciali. Una, dalla Corte d’appello di Roma, sulla lista Pdl Roma e Provincia (presentata in ritardo, e su cui il Tribunale di prima istanza si è già pronunciato in senso negativo). L’altra dalla Corte d’appello di Milano per la lista Formigoni, bocciata a causa della non regolarità di alcune firme.
La situazione resta tesissima. Il capogruppo del Pdl a Montecitorio Fabrizio Cicchitto ha parlato di "violazione dei principi della democrazia", dovuta "all’azione provocatoria di alcuni rappresentanti di lista di altri partiti che hanno fatto ostruzionismo e dall’inaccettabile ordine dato dal magistrato di impedire la consegna delle liste Pdl".
Ancora più duro il ministro della Difesa Ignazio La Russa, che in un’intervista al Riformista ha dichiarato: "Non vorrei fare la parte dell’eversivo ma lo dico chiaro e tondo: noi attendiamo fiduciosi i verdetti sulle nostre liste, ma non accetteremo mai una sentenza che impedisca a centinaia di migliaia di nostri elettori di votarci alle regionali. Se ci impediscono di correre siamo pronti a tutto’’.
Parole forti, che provocano preoccupazione e indignazione nei partiti d’opposizione. Dice Marco Pannella: "Vorrei ricordare, non al paleo-fascista La Russa ma a me stesso e ai cittadini italiani, che il Capo delle Forze Armate in Italia è il Presidente della Repubblica". Gli fa eco Ignazio Marino: "Minacce inquietanti ed eversive, trovo davvero gravi e inaccettabili parole e toni usati dal ministro". Toni analoghi da Savino Pezzotta, candidato governatore della Lombardia per l’Udc: "La Russa è un ministro della Repubblica quindi è meglio se cerca, per il momento, di trattenere i suoi appetiti eversivi".
* la Repubblica, 03 marzo 2010
La risposta di La Russa: "Tutti vogliamo un partito più bello e forte, però accontentiamoci"
Lupi: "Certamente si può fare di più, ma c’è bisogno dell’impegno di ognuno"
Fini: "Affezionato al Pdl
ma così com’è non mi piace"
ROMA - Il suo futuro lo vede ancorato nel Pdl ma il partito, cosi com’è, non gli piace. Questa in sintesi la risposta di Gianfranco Fini ai giornalisti che, in occasione della presentazione del suo libro "Il futuro della liberatà", gli chiedono se il suo di futuro sarà ancora con il Popolo della libertà. Un commento che provoca le reazioni di Ignazio La Russa e Maurizio Lupi, concordi nel dire che "si può fare meglio, ma con il tempo e l’aiuto di tutti".
"Avendo contribuito a fondarlo sono affezionato al Pdl", dice il presidente della Camera. "Mi sono assunto la responsabilità di consegnare al giudizio della storia 50 anni di vita nazionale cominciando con l’Msi sino ad An. Non eravamo alla canna del gas, An aveva percentuali a due cifre, ma ci siamo presi la responsabilità di dare vita a un nuovo soggetto politico perché credevamo nel bipolarismo, nell’alternanza e nell’europeismo. Ma se mi chiedi - osserva Fini, rivolgendosi al giornalista che gli ha posto la domanda - se il Pdl mi piace così come è adesso, la risposta credo l’abbiano capita tutti, non c’è bisogno di ripeterla".
Alle dichiarazioni di Fini risponde il ministro della Difesa, Ignazio La Russa. "Non credo che si riferisse alla presentazione delle liste", commenta La Russa, interpellato all’entrata della sede del Pdl di via dell’Umiltà. "Tutti vogliamo un Pdl più bello e forte, però accontentiamoci. Il Pdl in pochi mesi ha vinto tutti. Anche questa vicenda dimostra che si può fare di più e meglio. Col tempo".
"Il Pdl non è un contenitore riempito con ciò che capita ma un partito nato dal basso, tra gli elettori prima che nelle stanze della politica". Così il vicepresidente del gruppo Pdl alla Camera, Maurizio Lupi,commenta le osservazioni del presidente. "A Fini non piace? Credo che ognuno senta la necessità di migliorarsi sempre, ma non possiamo dimenticare quanto di buono fatto fino ad ora. Oggi il Pdl, nonostante sia stato fondato meno di un anno fa, è già una realtà radicata sul territorio. Certamente si può fare di più - conclude Lupi - ma c’è bisogno dell’impegno di tutti".
* la Repubblica, 02 marzo 2010
Il Cavaliere sfida Gianfranco
"Se insiste farò io un nuovo partito"
di CARMELO LOPAPA *
Silvio Berlusconi ROMA - Una provocazione. In piena campagna elettorale, "proprio mentre il Pdl è sotto attacco". Il premier Berlusconi prende malissimo anche l’ennesimo affondo del cofondatore Gianfranco Fini sulla gestione del Pdl. Un logorio quasi quotidiano al quale però il Cavaliere ha deciso che si sottrarrà, e in fretta, già all’indomani delle regionali, raccontano i dirigenti che lo hanno sentito nel pomeriggio.
Il redde rationem scatta alla chiusura delle urne, vada come vada, il 29 marzo. "Se continua così, dopo il voto faccio un nuovo partito. È venuto il momento di contarci, voglio proprio vedere su quanti parlamentari può fare affidamento, stavolta, l’amico Gianfranco, quanti siano davvero i finiani" è sbottato il presidente del Consiglio. Una pugnalata alle spalle, quest’ultimo "così com’è il Pdl non mi piace", spedito dalla Sardegna proprio nelle stesse ore in cui lui stava ricevendo a Palazzo Grazioli la "finiana" Renata Polverini. Alla candidata governatrice alle prese con l’imprevista corsa a ostacoli non ha lesinato promesse di sostegno: "Vai avanti serena, vedrai che tutto andrà per il meglio, ti darò una mano io". Al responsabile elettorale Pdl, Ignazio Abrignani, ha chiesto invece una dettagliata relazione scritta sull’"incidente" del Lazio. Con tanto di nomi dei responsabili. Ancora Berlusconi non si capacita dello scivolone che anche ieri ha dato il destro all’amico-avversario (nelle regioni del Nord) Umberto Bossi, di sbeffegiare il Pdl a modo suo. Sono altri voti che traballano dalla Lombardia al Veneto.
Sullo sfondo restano i sospetti. Anche alla Polverini, Berlusconi non ha nascosto le sue preoccupazioni sulla manovra a tenaglia che, a suo dire, da giorni sta stringendo partito e governo. Nell’edizione di ieri del "Mattinale" - documento che detta la linea del capo e che ogni giorno Palazzo Chigi recapita ai dirigenti Pdl su input dello staff comunicazione di Bonaiuti - la tesi viene argomentata al capitolo "Tranquilli, il popolo è con noi": "A Roma, esclusa la lista Pdl, a Milano quella del governatore Formigoni, sempre a Milano il Tribunale rifiuta il legittimo impedimento e tre giorni fa è stato rifiutato alla difesa di Berlusconi il rinvio del processo Mills. Un unico filo conduttore: la politica in questo momento è in mano ad aule di tribunale". Il pensiero del presidente, diramato ai suoi, è rude ma schietto: "Sembriamo i paesi satelliti dell’Iran o dei talebani. È un tentativo di truccare la partita, dimostra una volta di più agli italiani che razza di totalitarismo minacci questo Paese". Talebani, la stessa etichetta che Berlusconi aveva affibbiato giorni fai ai pm. Prima di dar fuoco alle polveri, però, il presidente del Consiglio attende oggi il pronunciamento dell’ufficio elettorale e, a seguire, quello del Tar, sui ricorsi. Poi, se la lista Pdl nel Lazio dovesse restare fuori e Formigoni penalizzato anche lui in Lombardia, allora l’argomento diventerebbe il cavallo di battaglia del rush elettorale: i magistrati hanno "falsato la partita", il "totalitarismo dei giudici minaccia la democrazia". Anche se il vero incubo di queste ore è un astensionismo diffuso, frutto degli scandali giudiziari e dei pasticci elettorali.
Il presidente della Camera Fini è preoccupato anche lui per le sorti della "sua" candidata. Ma se da Oristano ha scagliato un altro sasso, raccontano, è anche perché a sua volta ha incassato come una provocazione il via libera di Berlusconi all’ingresso di Daniela Santanché al governo, due giorni fa. Anche lì, in piena vigilia elettorale, mentre tutto lasciava presagire che della delicata questione se ne sarebbe parlato dopo. Ma ormai i rapporti tra l’inquilino di Montecitorio e quello di Palazzo Chigi sono quelli che sono. I fendenti tra i fedelissimi dei due schieramenti ormai si sprecano, giorno dopo giorno. Il finiano Granata torna nuovamente ad ammonire ("Dopo il voto si cambia tutto o non si va avanti") e in serata i pretoriani del premier replicano a stretto giro all’attacco di Fini (da Lupi a Napoli: "Dopo il 28 le cose cambiano"). Questa volta però anche il coordinatore Pdl di area An, Ignazio La Russa, sembra prendere le distanze dal suo ex leader: "Tutti vogliamo un Pdl più bello e forte, però accontentiamoci".
* © la Repubblica, 03 marzo 2010
Dopo lo stop al Pdl, nuovi intoppi per l’ex sindacalista. Il partito: "A questo punto è a rischio"
Al listino manca una firma. Una lista legata a Forza Nuova blocca la presentazione di quella della candidata
Regionali Lazio, centrodestra nel caos
bocciata anche la lista della Polverini
"Sono ottimista, anche Berlusconi lo è" ha detto la candidata dopo l’incontro con il presidente del Consiglio
Maroni: "Non c’è spazio per un provvedimento d’urgenza. Non si possono cambiare le regole" *
ROMA - Dopo quella del Pdl resta fuori anche la lista di Renata Polverini. Si profila come un vero disastro politico-organizzativo quello del centrodestra alle prese con le Regionali del Lazio. Il listino della sindacalista, mancante di una della firma di uno dei rappresentanti di lista, non sarebbe stato ammesso alle elezioni regionali dall’ufficio centrale elettorale della Corte d’Appello. La lista, invece, sarebbe stata bocciata avendo un simbolo troppo simile a quello di Fabio Polverini, candidato di una lista collegata a Forza Nuova di Roberto Fiore. Mentre la lista di Renata Polverini ha un simbolo rosso con il tricolore sotto, quello di Fabio Polverini ha la scritta Fabio in rosso e Polverini in bianco con la dicitura candidato per la regione Lazio. La lista con la candidatura di Fabio Polverini è stata presentata prima.
Una situazione che, in ambito Pdl, provoca reazioni diverse. "Solo una questione burocratica" minimizzano dal quartier generale della sindacalista. Mentre per Ignazio Abrignani, parlamentare e avvocato responsabile dell’ufficio elettorale del Pdl, con l’esclusione del "listino" di Renata Polverini, decadrebbe la candidatura della stessa Polverini e di conseguenza di tutte le liste di centrodestra collegate. Il ministro Roberto Maroni è severo: "L’avevo già detto tre settimane fa, non si possono cambiare le regole", ha detto a margine della discussione di una risoluzione sull’immigrazione a palazzo Madama. "Non c’è spazio per un provvedimento d’urgenza, non ci sono le condizioni e non ci sono precedenti specifici", ha spiegato. "C’è un precedente del 1995 - ha ricordato Maroni - ma non può essere invocato nel caso dell’esclusione del listino Pdl nel Lazio, perché in quel caso era stato emanato l’ultimo giorno utile per la presentazione delle liste ed era stato fatto per prorogare di tre giorni i tempi. Qui il tempo è scaduto, c’è qualcuno che può vantare il diritto di correre senza gli altri. Un diritto che non può essere violato". "Io - ha sottolineato - faccio il tifo perché la Lista del Pdl per il Lazio venga ammessa. Preferirei come ministro che non ci fossero deformazioni del sistema di rappresentanza, ma la parola spetta ora ai magistrati. Se il vizio è formale - ha aggiunto - mi auguro che venga sanato, se è sostanziale è un altro discorso".
In mattinata, invece, commentando lo stop (in attesa della pronuncia del Tar) alla lista del Pdl, la candidata del centrodestra alla presidenza della Regione Lazio ostentava ottimismo. "Non c’è uno scenario peggiore - dice la Polverini - io sono candidata, ci sono altre liste ad iniziare dalla mia lista civica. I cittadini possono scegliere il presidente e le liste che sostengono la coalizione e, ne sono sicura, ci sarà anche quella del Pdl". "Stiamo facendo tutto quello che serve e che hanno richiesto dal tribunale. Sono ottimista, anche Berlusconi lo è", ha detto la candidata lasciando nel pomeriggio palazzo Grazioli, dopo aver incontrato il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi.
"Noi continuiamo a richiamare l’attenzione, - continua la Polverini - con questa maratona oratoria di tutti i cittadini che ieri hanno chiesto di superare la burocrazia per dare a tutti la possibilità di trovare il proprio simbolo, quindi anche quello del Pdl. Noi continuiamo a prescindere". Senza ripetere l’invito, accolto con freddezza dal Colle, che chiedeva a Napolitano di intervenire: "’Giustamente si è detto molto preoccupato. Credo che questo possa e debba avere un peso".
"Mi auguro e tifo fortemente che, nel rispetto delle regole, possa essere garantito il diritto di voto sacrosanto, previsto dalla costituzione, a tutti i cittadini", dice il presidente del Senato. Renato Schifani si augura che "sempre nel rispetto delle regole prevalga la sostanza sulla forma quando la forma non è essenziale". Che fare adesso? "Non sta a me prevedere leggi di proroga o di riapertura dei termini - continua Schifani - tifo fortemente per garantire il voto a tutti i cittadini perché questi non vengano spogliati di un diritto costituzionalmente garantito". Il presidente del Senato non pensa che il caos sulle liste del Pdl nel Lazio sia dovuto a contrasti interni: "Credo si tratti di comportamenti banali - conclude - se non colpevoli di negligenza".
Sull’esito della vicenda si dice ottimista Ignazio La Russa, che mette sullo stesso piano lo stop alla lista del Pdl nel Lazio e la situazione lombarda dove la lista del governatore uscente Roberto Formigoni non è stata ammessa perché nelle tradizionali verifiche d’ufficio sono state invalidate 514 firme. "Sono convintissimo che nell’uno e nell’altro caso la burocrazia cederà alla libertà di voto - dice il ministro della Difesa ad Affaritaliani.It - E’ giusto far rispettare le regole, ma a Milano si tratta di formalismi e a Roma di un’interpretazione sbagliata’’. Per La Russa non c’è "Alcun complotto" ma certo "una volontà di andare a cercare il pelo nell’uovo" sicuramente per quanto riguarda milano mentre per Roma "i comportamenti che hanno prodotto la non presentazione della lista sono stati al limite del lecito".
Ancor più netto il presidente dei deputati del Pdl, Fabrizio Cicchitto: "Ci sembra evidente che è in atto un attacco mirato alla presentazione delle liste del Pdl in modo da modificare anche per quella via i rapporti politici". Pier Luigi Bersani non ci sta a sentire addossata al centrosinistra la colpa dell’affaire liste Polverini nel Lazio. "Il centrodestra dia la colpa a sè stesso", dice il segretario del Pd. "Il partito del predellino alla prima curva mostra dei problemi. Io non credo - aggiunge Bersani - che siano diventati tutti dei dilettanti, credo piuttosto che ci siano delle divisioni, della confusione".
Bersani sottolinea che "noi non abbiamo festeggiato, perché questi episodi creano turbamento nell’elettorato". Il segretario del Pd chiude la porta a qualsiasi ipotesi di "leggina" per il Lazio: "Spero che non siano nemmeno immaginate queste proposte - spiega - perché ci sono un sacco di liste che sono rimaste escluse. Ci sono norme uguali per tutti ed organismi deputati a farle rispettare ed a controllare".
Che qualcosa non vada come dovrebbe nel Pdl lo confermano le parole del ministro per l’Attuazione del programma, Gianfranco Rotondi: "Sono il primo a criticare i dirigenti del Pdl che hanno presentato le liste a poche ore della chiusura. Nel Pdl saranno presi provvedimenti in merito, bisogna avviarsi verso una regolamentazione giuridica dei partiti".
"Oggi è stata data prova di sciatteria e impunità ognuno pensa che le regole non servano. Le regole ci sono ma poi potenti e prepotenti pensano di non seguirle", dice la candidata del centrosinistra Emma Bonino inaugurando un comitato elettorale nel quartiere Valmelaina-Tufello. "Le regole - aggiunge - servono a tutelare i più fragili, se vostro figlio fa un concorso alle tre e si presenta alle quattro non lo accettano". Bonino assicura di "non voler nemmeno sapere perché c’è stato un ritardo nella consegna della lista qualunque sia il motivo la legge è perentoria".
* la Repubblica, 02 marzo 2010
IL GRANDE PASTICCIO DELLE ELEZIONI
Regionali Lazio, caos senza fine
Escluso il listino della Polverini
Nella bufera anche Formigoni
La Russa frena: "Sono convinto
che la burocrazia alla fine cederà"
Bossi: "Sono dilettanti allo sbaraglio"
ROMAIl caos liste si arricchisce di un nuovo capitolo. Dopo i guai nel Lazio e in Lombardia sul centrodestra arriva una nuova doccia fredda. L’ufficio centrale elettorale della Corte d’Appello di Roma non ha ammesso alle elezioni regionali il listino collegato alla candidata del centrodestra Renata Polverini. Si tratterebbe però solo della mancanza della firma di uno dei rappresentanti di lista di cui l’ufficio elettorale si sarebbe accorto solo successivamente all’accoglimento, ma allo stato attuale la Polverini non risulta candidata. Secondo la legge elettorale regionale, infatti, il candidato presidente è necessariamente capolista del listino a lui collegato. Emma Bonino, avversaria nella corsa alla poltrona di governatore dice: «Io non sono un giudice, ci sono gli organi preposti per decidere su queste vicende. Noi abbiamo il bollino a posto. Io- dice l’esponente radicale- vado avanti nella mia campagna elettorale parlando con i cittadini. Per il resto, le procedure sono stabilite per legge: chi ha il dovere di controllare e monitorare lo faccia nel rispetto della legge».
Mentre dalle parti del governo la tensione si alza la Polverini contrattacca: «Questa è una campagna elettorale difficile e importante, di una regione al tracollo. Quindi tutto quello che può essere messo in campo dalla parte politica che oggi governa sarà utilizzato». E sui candidati a rischio esclusione: «Sono convinta che la lista rientrerà , ma se così non fosse loro, comunque devono impegnarsi insieme a me. Abbiamo accettato una sfida e dobbiamo portarla fino in fondo». In ogni caso, dice Polverini, «io sono fiduciosa». Meno fiducioso Umberto Bossi, che, dopo lo sfogo di Berlusconi, gira il coltello nella piaga: «Sono dilettanti allo sbaraglio», dice. Il ministro La Russa si dice «convintissimo che nell’uno e nell’altro caso la burocrazia cederà alla libertà di voto».
Già, perché sotto i riflettori, oltre al caos romano, c’è anche la partita Lombardia. Il Pdl ha presentato ricorso contro la decisione dei giudici di escludere il listino Formigoni e la decisione, inizialmente attesa in serata, potrebbe slittare a domani. Ieri il tribunale milanese aveva accolto un ricorso presentato dai radicali che annullava una parte delle firme a supporto della lista «Per la Lombardia» in appoggio al candidato presidente Roberto Formigoni. L’annullamento delle firme irregolari aveva reso il numero di quelle valide inferiore alle 3500 necessarie per presentare una lista regionale e in tal modo è stata resa nulla la candidatura di Roberto Formigoni e di tutte le liste collegate al listino regionale. «Faccio una scommessa: vincerò io le elezioni e le opposizioni dovranno ingoiare tutti gli insulti che hanno fatto», tira dritto il governatore uscente. Il governatore non ha dubbi: sarà fatta chiarezza e parteciperà alla competizione del 28 e 29 marzo.
* La Stampa, 2/3/2010
Il caso di Renata Polverini fa scandalo sul web nel silenzio della politica *
Il caso di Renata Polverini conferma la teoria di Beppe Grillo : internet è spietato. Puoi mentire persino al notaio, come ha fatto la leader del sindacato Ugl per evadere le tasse, ma non puoi mentire alla rete. È impressionante la lettura del sito www.renatapolverini.it . Sono tantissimi i commenti al blog ( ne riportiamo tre, ma sono almeno dieci volte di più ) di persone comuni che scrivono per chiedere conto al candidato delle notizie pubblicate dal Fatto Quotidiano . Il caso dovrebbe essere studiato nelle scuole di comunicazione. L’apertura al web doveva essere la carta vincente della campagna obamiana della sindacalista di destra prestata alla politica.
Purtroppo, alla vigilia dell’inaugurazione del sito, è uscita l’inchiesta del nostro giornale: Renata Polverini ha comprato a prezzo stracciato dallo Ior nel dicembre del 2002 (272 mila euro per sei stanze tre bagni e due box vicino all’Aventino) e non soddisfatta dell’affarone ha anche mentito al notaio per avere l’agevolazione prima casa e pagareil 3 per cento di tasse invece del 10. La sindacalista, infatti, aveva già comprato 9 mesi prima un’altra casa dall’ Inpdap , a un prezzo ancora più basso: 148mila euro per sette vani catastali e un box al Torrino, vicino all’ Eur .
Oggi siamo in grado di aggiungere un dato: anche sull’acquisto di quella prima casa dall’ Inpdap c’è qualcosa che non va. Almeno dal punto di vista etico-politico. Renata Polverini compra con lo sconto in qualità di inquilina dell’ Inpdap ma è costretta a fare una donazione alla mamma di un’altra casa che aveva già comprato nel 2001, perché altrimenti non avrebbe avuto diritto a comprare con lo sconto. Anzi non avrebbe avuto diritto proprio a quella casa che sarebbe così rimasta nel patrimonio dell’ente che ne avrebbe tratto molti più soldi mettendola all’asta.
La storia della casa dell’ Inpdap è poco chiara dall’inizio. Dopo lo scandalo Affittopoli , il ministro Tiziano Treu nel 1997 aveva emanato una circolare vincolante. Le case in affitto dovevano andare prima a poveri, handicappati, sfrattati, militari e giovani coppie. Non è chiaro come abbia fatto Renata Polverini ad avere quella casa. Lo abbiamo chiesto al presidente dell’ente, Paolo Crescimbeni , ex consigliere regionale umbro di An (stessa area della candidata). Ovviamente non ci ha risposto, seguendo l’esempio di Renata Polverini, alla quale abbiamo chiesto ripetutamente un’intervista. Inutilmente.
Eppure sono molte le cose da spiegare: dall’evasione fiscale all’affitto dall’Inpdap. Il silenzio è aiutato dall’atteggiamento della stampa. Tutti tacciono. Compreso Il Giornale di Vittorio Feltri e Libero di Maurizio Belpietro . Erano stati i protagonisti di Affittopoli quando bisognava stanare dai loro appartamenti Massimo D’Alema e Franco Marini . Ora scoprono una politica-sindacalista furbissima che ha dribblato tutti ottenendo una casa con lo sconto e poi ne ha presa una seconda dichiarando il falso per non pagare le tasse. E loro muti. Ma tra i lettori ci sono molte persone che hanno lavorato una vita per comprare la casa e pagare le tasse. Per fortuna ci sono i blog .
* il Fatto Quotidiano, 30 gennaio 2010