Festival

Omologazione spettacolare

martedì 28 febbraio 2006.
 

Rai uno, prima televisione italiana, dello stato italiano. È vero che oramai nessuno si aspetta chissà che. Non sono un esperto di tivù, ma mi viene spontaneo manifestare dispiacere. Se non altro in difesa della musica italiana che ha una storia e un nome conosciuti a livello mondiale. Ovvio che anche questi devono essere persi, annullati, omologati, livellati all’andazzo generale. Prescindo dalle singole canzoni, che a me personalmente non piacciono. Il festival, a mio modesto avviso, ha poco di nuovo, geniale, artistico. Nulla di messaggi e contenuti. Complimenti davvero alla Rai e al suo presidente! Complimenti al regista, per il tocco unico. Pubblicità demenziali ogni due canzoni, effetti speciali da fictions americane, comicità fritta, prevedibile e ripresa da moduli ora in voga. Non capisco perché una donna per far ridere debba mettersi in ridicolo o debba fare cabaret. Mancava l’attore holliwoodiano, al quale è importante chiedere quanti aerei possegga. Invitato per apparire e non dire: ciò che conta, d’altro canto, è l’apparire. Potevano anche mettere il suo manichino - tanto era uguale: almeno si risparmiavano bei quattrini pagati dallo Stato e quindi da noi. L’opinione pubblica europea e mondiale ci giudica per tutto, anche per la televisione. Noi italiani fino a poco tempo fa considerati maestri di spettacolo, non siamo più in grado di intrattenere, emozionare, piacere. O meglio, non gli italiani ma la tivù italiana, continuo spot commerciale, all’insegna della frivolezza, della sessualità spicciola e degli zoo umani. La televisione ha (dovrebbe avere) una funzione educativa, oltre che di stimolo alla riflessione. Ma alla gente va bene così. Può darsi che bombardata da cattive notizie (sciagure, atti di guerra, terrorismo) fruisca della superficialità, come valvola di sfogo. Però il Festival della canzone italiana meriterebbe qualcos’altro, almeno per la canzone.

Vincenzo Tiano


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