DIO, DONNE, UOMINI ....

ISLAM E DONNE. "NON TEMERE IL VENTO AVVERSO, O FALCONE" (IQBAL). Discorso di Syeda Hameed, gia’ membro della Commissione nazionale per le donne in India, tenuto a Nuova Delhi (trad. di M.G. Di Rienzo) - a c. di Federico La Sala

venerdì 17 luglio 2009.
 



SYEDA HAMEED: DONNE MUSULMANE FORTI E INDIPENDENTI *

"E quante donne hanno diretto gli affari, si sono fatte notare per l’intelligenza e la perfezione, e la loro istruzione non dipendeva dagli uomini". Questa frase e’ stata scritta nel 1892 da Hind Nawfel, la prima donna egiziana a dare vita ad un giornale femminista in arabo, "Al-Fatat", che fu seguito da una lunga scia di periodici femministi nei successivi due decenni. In effetti, all’epoca della prima guerra mondiale, piu’ di 25 giornali femministi arabi venivano prodotti da donne in tutto il Medio Oriente: al Cairo, a Damasco, a Beirut, a Baghdad. Hind Nawfel parla di donne musulmane forti ed indipendenti, la cui fiducia in se stesse e la cui assertivita’ non erano avvolte nei veli. Ci sono state tante di queste donne, queste grandi antenate, le "Perdute regine dell’Islam", come dice Fatima Mernissi, che sono sempre state parte integrante della tradizione islamica, ma i cui nomi sono stati oscurati dalle sabbie del tempo, i cui successi sono stati dimenticati, e il tutto e’ stato rimpiazzato con un’immagine differente.

E’ lo stereotipo che vuole le donne musulmane prive di potere, oppresse, deboli, senza voce. Oggi vorrei discutere con voi quest’immagine (dando riconoscimento al fatto che esiste non solo come immagine) ma anche viaggiare attraverso i secoli e gli spazi dell’Islam per mostrarvi che cio’ che vedete e avete visto non e’ il quadro completo. Sia l’Islam spirituale sia l’Islam politico sono zeppi di storie e di lotte che hanno per protagoniste donne forti, non soggiogate, le cui eredita’ ci chiedono oggi di ripensare le donne nell’Islam, di reimmaginarle.

Vorrei cominciare con la Surah "Al Ahzab", il comando coranico spesso citato al giorno d’oggi per ribadire l’eguaglianza tra donne ed uomini [la Surah viene ovvamente letta dalla dott. Hameed in arabo, io ne riporto parte in versione italiana - ndt]:
-  "Per gli uomini musulmani e le donne musulmane Per i credenti e le credenti Per gli uomini obbedienti e le donne obbedienti Per gli uomini sinceri e le donne sincere Per gli uomini pazienti e le donne pazienti Per gli umili e le umili Per i caritatevoli e le caritatevoli (...) Per costoro Allah ha il perdono e una grande ricompensa".

Questa Surah postula l’eguaglianza tra uomini e donne. Eppure attorno a noi vediamo giornalmente come questa eguaglianza, questa dignita’, che fu data come diritto di ciascuna di noi e di noi tutte, vengano violate. La condizione che vivono i 75 milioni di donne e ragazze musulmane in India mi strazia. Come musulmana so che la legge islamica, quale fu estrapolata dai piu’ eminenti Fuqaha o giuristi, non ha mai ordinato le ingiustizie che vengono commesse contro le donne in nome della religione.

Sono stata membro della Commissione nazionale per le donne. Nella ricerca per documentare lo status delle donne musulmane, ho viaggiato per il paese in lungo e in largo, dalle metropoli come Chennai, Trivandrum, Bangalore e Bombay a piccole citta’ come Ahmedabad, Tezpur, Kozhikode, Bhopal, a villaggi ancora piu’ piccoli come Reshampura in Gwalior, Hariya ki Ghari in Mathura, Sudaka in Mewat e Nehtaur in Bijnore, e ovunque ho tenuto audizioni pubbliche con le donne musulmane, per ascoltare i loro problemi.

Ho udito storie di matrimoni di bambine, di poligamia, di divorzi unilaterali. Ho udito storie di sorelle adolescenti che avevano stretto il patto di aiutarsi reciprocamente a morire, perche’ erano state tolte da scuola per essere date in mogli. Le donne hanno narrato di come vengono separate dai figli, o come viene loro comunicato il ripudio via posta o persino via e-mail dopo decenni di matrimonio. Nessuno, ne’ le loro famiglie ne’ la societa’, si era fatto avanti per aiutarle.

Il mio rapporto che scaturi’ da questi incontri, "Voce delle senzavoce", fu pubblicato nel 2000. Ma le parole di una donna che venne all’audizione, Ayesha Khatoon, mi risuonano ancora nelle orecchie: "Mio marito mi ha ripudiata quando ero incinta di tre mesi. Non ho ricevuto compenso ne’ qualcosa per il mantenimento". Ci sono centinaia di migliaia di Ayesha non solo in India, oggi, ma in tutto il mondo.

Nel mio rapporto ho documentato che per le donne musulmane, in circa un secolo, ben poco e’ cambiato. Ed in alcuni casi il cambiamento e’ stato per il peggio. Io vengo da un posto che si chiama Panipat, nella regione di Haryana. C’e’ stato un tempo in cui le abitazioni di Panipat erano conosciute per il nome delle donne che ci vivevano, tale era il livello di riconoscimento per esse. Oggi lo stesso stato, Haryana, e la stessa citta’, Panipat, sono famose per i crimini contro le donne. In questo posto, dove le donne musulmane sono state rispettate ed avevano ruoli di potere, oggi non si permette loro quasi neppure di nascere [Panipat ha un altissimo tasso di aborti selettivi - ndt]. E questo mi addolora immensamente ogni volta che penso a cos’era Panipat un tempo, e a cos’e’ oggi.

Si’, le donne musulmane sono oppresse, e lo sono in nome della religione che ha tentato di riconoscere loro dei diritti, ma queste violazioni non vengono passivamente accettate come in genere si pensa. C’e’ stata una lotta costante all’interno della comunita’ per raddrizzare questa gravosa ingiustizia. Piu’ di un secolo fa, nel 1905, il mio bis-bisnonno Maulana Altaf Hussain Hali, scrisse la sua famosa poesia "Chup ki Daad" (In lode di chi e’ silente), nella quale non parlava solo delle donne musulmane, ma delle donne di tutti i gruppi:
-  "Fino a che vivi sei deprivata di istruzione, di insegnamento. Ignorante sei giunta qui, e ignorante diparti. Apprendere, che per gli uomini e’ l’elisir della vita, per te e’ veleno, e’ amaro, e’ mortale. Ma il tempo della giustizia si approssima, il giorno del giudizio e’ vicino, e il mondo dovra’ ripagare l’averti derubata dei tuoi diritti".

Nel periodo in cui tentavo di comprendere le molteplici difficolta’ incontrate dalle musulmane indiane, mi imbattei nelle interpretazioni femministe del Corano. La mia scoperta comincio’ con gli scritti di Fatima Mernissi. Altre studiose femministe seguirono: Amina Wudood, Riffat Hasan e, piu’ di recente, Farida Shaheed. Costoro hanno guardato all’Islam attraverso una lente di genere, ed hanno trovato un mondo differente dall’Islam patriarcale che viene insegnato e propagato. Nel suo libro Donne nell’Islam Fatima Mernissi parla della rivelazione della Surah "Al Ahzab":
-  "Come mai, chiese Umm Salama moglie del Profeta, gli uomini sono menzionati nel Corano e noi no? Il Corano e’ solo per gli uomini?".

Fu allora che i versetti della Surah che ho letto poco fa, e che parlano di uguaglianza fra donne ed uomini, furono rivelati. La domanda di Umm Salama fu l’inizio di un concreto movimento di protesta fra le donne. Secondo lo storico Tabari, alcune donne credenti andarono dalle mogli del Profeta edissero: "Allah vi ha parlato nel nome del Corano, ma non ha detto nulla di noi donne. Non c’e’ nulla, su di noi, che meriti menzione?".

La risposta che venne da Allah nella Surah metteva in discussione i ruoli che regolavano la relazione interpersonale tra i due sessi. Le donne ebbero tale successo nella loro ricerca che un’intera Surah fu rivelata, e porta il loro nome. Essa contiene nuove indicazioni che furono interpretate poi dai giuristi e codificate come legge civile musulmana. Per esempio, le leggi sull’eredita’ danno dettagliate istruzioni sul rapporto fra donne e proprieta’.

Per dirla francamente, la Surah "Al Nisa" privo’ gli uomini dell’epoca dei loro privilegi tradizionali. La donna non poteva piu’ essere vista come una proprieta’, un bene di consumo, non poteva piu’ essere "ereditata" come un pezzo di terra, ma per la prima volta poteva ella stessa ereditare. In effetti cio’ ebbe l’effetto metaforico di una bomba, a Medina, perche’ scosse le fondamenta del patriarcato. Dio c’era in eguaglianza per donne ed uomini.

E il femminismo islamico, comunque, non e’ nulla di nuovo. Fin dai primordi, le donne nell’Islam hanno contribuito ad ogni aspetto della vita, hanno fatto poesia e persino guerre. Il loro contributo e’ stato immenso, ed e’ impossibile elencare tutte queste donne ed i loro successi, pero’ puo’ essere interessante esplorare alcune delle loro storie che si estendono nei continenti e nei secoli.

La prima a cui penso e’ Hazrat Khadija, moglie del Profeta. Poi sua figlia Hazrat Fatima Zehra. E le sue nipoti, Hazrat Zainab e Hazrat Kulsum, e le donne che affiancarono Imam Husain, il nipote del Profeta, alla battaglia di Karbala.

Ma la storia ha moltissimi altri esempi. Amina di Zazzau, nata nel 1533, che apprese le arti del governo e del combattimento sin da bambina, sdegno’ di sposarsi, e indipendente e nubile divenne regina nel 1576; Nana Asma’u, che diede inizio al movimento per l’istruzione delle donne (yan-taru) nel 1840 in Nigeria; Fatima Aliyeh Hanim, la prima scrittrice della Turchia moderna, che nel XIX secolo denuncio’ come l’Islam fosse interpretato male appositamente per opprimere le donne e nei suoi lavori incito’ le donne ad istruirsi e a partecipare alla societa’.

Penso a Huda Sharaawi, pioniera del movimento delle donne egiziano ai primordi del XX secolo, cresciuta in un harem, che fu la prima donna a scendere in piazza contro il colonialismo britannico e fu profondamente coinvolta nell’attivismo politico per il suffragio universale. Come presidente dell’Unione delle femministe egiziane dichiaro’ che lo scopo dell’associazione era il restaurare i diritti perduti dalle donne egiziane, rivendicando la propria storia.

Attraverso i secoli, dalla nascita dell’Islam, le donne musulmane sono state guide ed esploratrici di nuovi territori.

Un altro esempio di questo e’ Bibi Zainab, una donna povera di Tabriz, la cui milizia femminile scosse l’Iran come una tempesta nello sciopero del 1880 contro il monopolio britannico sul tabacco. Quando gli uomini abbandonarono la lotta, per la presenza dell’esercito inglese, Bibi Zainab apparve con le sue donne. Togliendosi il velo, lo getto’ in mezzo agli uomini ed annuncio’: "Potete tutti andarvene a casa. D’ora in poi, le mie compagne ed io combatteremo le battaglie".

Persino dopo che il monopolio britannico fu cancellato, i sette reggimenti di donne monitoravano differenti parti della citta’ e dispensavano giustizia e legge: furono loro ad aprire i magazzini alimentari per distribuire il grano ai poveri. Queste donne ordinarie ruppero molti tabu’: il velo, la separatezza, il prendere le armi ed il mescolarsi liberamente agli uomini nelle case da te’, tabu’ che erano stati creati dal sistema di valori patriarcale per negare alle donne cio’ che era loro di diritto.

Anche in India le musulmane hanno spesso dissolto gli stereotipi con il loro lavoro e le loro scelte personali. La Begum Jahanawara Shahnawaz nacque nel 1896 e fu una delle due donne musulmane elette nell’assemblea federale indiana pre-indipendenza. Fece parte dell’assemblea costituente, ed e’ grazie a lei che le donne furono incluse nelle clausole dei diritti fondamentali.

Nell’India pre-indipendenza, dopo che la Mohameddan Educational Conference aveva deciso di escludere le donne nel 1924, Atiya Fyzee decise di protestare durante il giubileo nell’anno successivo. Nonostante le proteste della presidenza, Atiya sali’ sul podio, senza velo, e tenne un magnifico discorso in cui chiedeva eguali diritti per donne ed uomini.

Poi negli anni ’30 l’India del nord fu scossa da Rashid Jahan, marxista ed attivista sociale che si uni’ al partito comunista di Lahore e fu arrestata per la sua attivita’ politica nel decennio successivo. Rashid Jahan era diventata medica negli anni ’30, ma non fu questa la causa del furore.

Furono i suoi scritti, in cui personaggi di sesso femminile parlavano di argomenti considerati tabu’. Aggredita come "anti-islamica" e accusata di oscenita’, tenne le proprie posizioni. Nel 1932, le storie della sua antologia Angarey erano discusse nella comunita’ con tanta intensita’ che il libro venne bandito nel giro di pochi mesi. Rashid Jahan contribui’ a dare inizio al Movimento degli scrittori progressisti ed ispiro’ molte altre donne, inclusa Ismat Chughtai, l’icona femminista della meta’ del secolo scorso, il cui racconto di un amore lesbico (Lihaaf, o La trapunta, 1940) fu pure bandito per decenni.

All’incirca nello stesso periodo, Begum Sharifa Hamid Ali formulo’ un modello di contratto matrimoniale in cui, fra le altre condizioni, inseri’ il diritto di divorziare per le donne. Lo diede alle stampe nel 1937 e la sua circolazione fu ampia. Durante la seconda guerra mondiale una delle sue battute favorite era: "Noi donne abbiamo sofferto molti Hitler domestici in ogni generazione".

Questi sono solo esempi dei traguardi e delle lotte di donne musulmane attraverso i secoli. Tali donne erano forti, determinate e disposte a lottare: molto distanti dall’immagine comunemente accettata che vuole le donne musulmane silenziose, acquiescenti e separate dal resto del mondo. Esse smantellano il mito che le societa’ islamiche non sono interessate dalla lotta delle donne per i propri diritti. Invece, come in ogni altra societa’, comunita’ o religione, le donne si sono alzate in piedi ed hanno lavorato per la giustizia sociale, lottato per i diritti delle donne, sfidato la visione patriarcale attribuita all’Islam ed hanno vissuto vite di cui esse stesse definivano i termini.

E ci sono numerose donne musulmane, oggi, invisibili e senza nome, che giornalmente lottano contro l’ingiustizia, il patriarcato e l’oppressione, anche se questo non le fara’ finire sui libri di storia. I media non riportano il loro valoroso impegno; le vittorie che ottengono e le loro interpretazioni del Corano sono oscurate, e l’Islam viene presentato ovunque come contrario alle donne.

Per contrastare questo stato di cose, e’ importante andare indietro e capire le origini dell’Islam. Dobbiamo ricordare che l’Islam nasce in un contesto: era inteso per guarire i mali di una società araba preislamica. In quel momento e in quel luogo, le parole del Profeta, il suo messaggio, erano sicuramente rivoluzionarie. Ma noi musulmani ci aggrappiamo a quelle parole senza comprendere lo spirito profondo che ci sta dietro, e qui e’ il nostro problema. Ibn al-Arabi, ne La mistica dell’Islam, ha detto: "Tutto cio’ che la tradizione ci ha lasciato sono mere parole. Sta a noi scoprire cosa esse significano".

Il Profeta ci ha mostrato una strada e noi l’abbiamo intesa come una destinazione. Non siamo cambiati, non abbiamo progredito, abbiamo fatto pochi passi e poi ci siamo fermati. Le porte della "ijtehad" (interpretazione) ci sono state chiuse in faccia da interessi di parte.

Abbiamo smesso di leggere e di capire lo spirito del Corano. Abbiamo smesso di valutare criticamente gli Hadith (I detti del Profeta). Abbiamo smesso di comprendere il messaggio di Allah e ci basiamo sulle sue interpretazioni fatte da altri. Abbiamo imbevuto l’Islam di altre religioni, ma non di cio’ che c’e’ di buono nelle altre religioni, l’abbiamo imbevuto di ideologia patriarcale e cultura della separatezza.

Per fare un esempio, l’Islam per sua stessa definizione propaga una societa’ senza caste, ma grazie al sistema classista antitetico allo spirito dell’Islam, donne vengono uccise in "delitti d’onore" in tutta l’Asia del sud. Io ricordo ancora Maimum, una diciottenne di un piccolo villaggio chiamato Sudaka. Venne alla Commissione nazionale per le donne assieme al marito Idris, a chiedere aiuto. Oggi, Maimum non esiste piu’. Nonostante l’intervento della Commissione e’ stata assassinata. La sua colpa era questa: aveva rifiutato di sposare il quarantenne scelto per lei dallo zio ed aveva sposato il ragazzo che amava. Idris, secondo la famiglia di lei, apparteneva ad una casta differente, e percio’ il matrimonio non era valido. E’ davvero triste che noi si sia dimenticato tutto quel che il Profeta ci ha insegnato, e si seguano pratiche e costumi patriarcali. Ed e’ davvero tempo che noi, come musulmani, si incarni lo spirito dell’Islam, quello spirito che sanci’ i diritti delle donne, il loro diritto a progredire e ad agire.

Dobbiamo nuovamente valutare le pratiche patriarcali che tentano ancora una volta di relegare le donne alla loro posizione pre-islamica.

Abbiamo bisogno di ascoltare le voci di donne come Rashid Jahan e Ismat Chughtai. In effetti non solo noi, anche i non musulmani hanno bisogno di ascoltare queste voci, le storie di Biwi Zainab e della Begum Sharifa Hamid, per muoversi oltre gli stereotipi e riconoscere l’Islam per cio’ che realmente e’. Cio’ non servirebbe solo come rimedio base per i pregiudizi, ma contribuirebbe a porre fine alle varie discriminazioni che i musulmani affrontano attualmente. Io ho partecipato all’audizione pubblica dei rifugiati interni del Gujarat e le storie che ho sentito la’, storie di boicottaggio economico, di esclusione sociale, di denegazione, ancora mi causano notti insonni. Questo deve finire. Il genere non puo’ essere una scusa per la negazione dei diritti umani, ne’ puo’ esserlo la religione, e sia i musulmani sia i non musulmani devono capire questo.

Inoltre, dobbiamo smettere di considerare i musulmani una massa omogenea. I musulmani non sono un monolito. Le loro condizioni ed i loro problemi variano da paese a paese, da stato a stato, persino da distretto a distretto, proprio come le condizioni di ogni altro gruppo. I musulmani algerini, sauditi, francesi e indiani sono completamente differenti. Persino entro la stessa India, i musulmani delle zone di Kerala, Karnataka e Tamil Nadu stanno economicamente assai meglio dei musulmani delle zone di Bihar e Assam. E mentre i musulmani e i non musulmani si imbarcano in questo viaggio di introspezione e mutua comprensione, il governo deve mantenere i propri impegni per l’equita’: il rapporto della Commissione Sachar ha mostrato che una donna musulmana indiana su due e’ analfabeta, cioe’ che solo il 50% delle donne musulmane sa leggere e scrivere. Si tratta della percentuale piu’ bassa del nostro paese. Similmente, la percentuale del musulmani che si situano sotto la linea di poverta’ e’ molto piu’ alta della media nazionale.

Le zone a maggioranza musulmana hanno minor accesso a servizi pubblici quali l’acqua, gli ospedali e le scuole. Tutto questo io l’ho visto con i miei occhi a Benares, Malegaon, Murshidabad. Un governo democraticamente eletto e’ vincolato ad onorare la promessa di rimuovere iniquita’ e discriminazioni.

Per quanto riguarda le donne musulmane, noi stiamo creando nuovi modi affinche’ reclamino uno status che appartiene loro di diritto, attraverso la promozione di programmi educativi, usando l’apprendimento a distanza, aprendo speciali ostelli per donne, tenendo seminari per ispirarle alla leadership ed al dispiegamento delle loro capacita’ e volonta’. Se togliamo il tappo, per cosi’ dire, alle potenzialita’ delle donne questo avra’ certamente un effetto di riverbero sulle loro comunita’. Dobbiamo ricordare cio’ che Maulana Hali, poeta e femminista, disse ai suoi tempi, un centinaio di anni fa. Questi versi famosi parlano semplicemente e direttamente dello status delle donne nella societa’, non solo delle donne musulmane, ma di tutte le donne:

-  "O sorelle, madri, figlie
-  voi siete l’ornamento del mondo
-  voi siete la vita delle nazioni
-  voi siete la dignita’ di ogni civilta’".

E’ in questa luce che dobbiamo reimmaginare le donne musulmane. Nella luce lasciata a noi dalle grandi antenate che ci hanno precedute, queste donne che hanno sfidato le strutture e le norme dell’ingiustizia, ed hanno lastricato la strada per noi sin dalla stessa fondazione dell’Islam. Hanno creato un varco per le donne, ed anche per gli uomini, un varco attraverso il quale possiamo seguire i loro passi e creare un nuovo sentiero che ci conduca all’eguaglianza. Siano le loro lotte, la loro saggezza, il loro coraggio a guidarci e a donarci il potere di ricostruire l’immagine delle donne nell’Islam come pilastri di forza, donne che esprimono fiducia e vigore, che camminano al loro proprio passo in ogni paese del mondo.

In conclusione, vorrei chiudere con una poesia di Iqbal:

-  "Non temere il vento avverso, o falcone.
-  Esso soffia contro di te solo per spingerti piu’ in alto
".


*

-  LA DOMENICA DELLA NONVIOLENZA. Numero 225 del 19 luglio 2009
-  Supplemento domenicale de "La nonviolenza e’ in cammino"
-  Direttore responsabile: Peppe Sini.
-  Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo,
-  tel. 0761353532, e-mail: nbawac@tin.it


Sul tema, nel sito, si cfr.:

Syeda Saiyidain Hameed (Member, Planning Commission, Government of India).

-  ISLAM. Sherazade: la protagonista delle "Mille e una notte" era bella, intelligente e agguerrita, altro che una velina... Un’intervista a Fatema Mernissi

-  PICCHIARE LE DONNE. DIO, UOMINI E DONNE: "DARABA". LALEH BAKHTIAR TRADUCE IL CORANO E SPOSTA LE MONTAGNE DEL SIGNIFICATO.

-  L’ALLEANZA DI "FUOCO", LE "MAMMELLE" DI ALLAH, E LA "MAMMELLA" DI FRANCESCO SUCCHIATA DA CHIARA D’ASSISI. ISLAM, CRISTIANESIMO, E DIRITTO. LA PROPOSTA DI UNA FATWA CORAGGIOSA DAL CAIRO, DALLA MOSCHEA AL AZHAR - NON DAL VATICANO E DA SAN PIETRO!!!

-  ITALIA E PAKISTAN: LA DIVINA COMMEDIA (Dante Alighieri) E IL POEMA CELESTE (Muhammad Iqbal).
-  Ri-leggiamo insieme... le due opere e i due Autori!


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