Editorionale

San Giovanni in Fiore (Calabria, Cosenza): consultando, cossuttando, consumando, conturbando. Storie di perne e pernacchi

domenica 6 luglio 2008.
 

Sul Busento, fiume di leggende e suggestioni, c’è una rupe. "Ai suoi piedi, una gente di passaggio ha sepolto uomini, ricchezze, verità", scriveva un tale, originario di San Giovanni in Fiore (Cs) trasferitosi a Cosenza.

Sopra il Neto, dal tratto in cui s’unisce con l’Arvo, Argo il cane di Ulisse, s’inerpica il paradiso terrestre di San Giovanni in Fiore. Il centro, di 18 mila abitanti circa, è una sorta di porto franco. Ma il mare è lontanuccio, in basso, oltre una piana di terra squarciata dal sole. Secca, bollente, messicana: tanti lati ma fìo sì tardi.

Ci vive una gente ligia, a San Giovanni in Fiore, un signore che dispone per diritto divino e un manipolo di suoi funzionari, scelti a gestire l’ordinario.

Tutti felici, o quasi, lì; dove non s’annusa la recessione, non s’avverte l’impennata del greggio, le fatiche si rinviano, l’estate sta per riservare una magnifica e progressiva notte di fulgori, bagordi e comunione di spirto.

La democrazia è reale da quelle parti: ciascuno può dire, proporre, indicare, collaborare. Tanto più che sta per nascere, dai monti sorgenti dall’acque ed elevati al cielo, un novo strumento di partecipazione politica pensato pei giovani.

Così, con questa creatura moderna, che riduce e poi annulla lo iato tra pubblico e società, San Giovanni in Fiore sarà dunque perfetta, straordinaria, ineguagliabile. L’angelo necessario lascierà la sua dimora, non dovendo più vigilare sulla gente del posto. Tutto sarà compiuto: il governo avrà realizzato il proprio programma; anche se mi pare che di questi organismi assemblear-consultivi io abbia letto in qualche dove, un attimo. Arriva una mail di Vattimo. Un attimo, è Vattimo. Già in Tiresia si profetava, ma può esser che mi confonda, che mi sia abbagliato, che non rimembri il vero. "Le fragole sono mature", diceva anni fa Cossutta, Armando per gli amici, all’epoca dei guizzi di Guzzanti e dei languori di Scaramella: altri tempi, altri tempi davvero; "eredev, eredev, eredev", Spinato.

Che cosa si può proferire? Va consumandosi la nostra povera mente: sono gli Ogm che manduchiamo giorno per giorno, le polveri della nostra vuota esistenza, della vanità di vanità, dell’eterno ritorno che ci logora e annichilisce. Portate pazienza, manca poco alla fine: un colpo raggiungerà l’organo vitale e saluteremo in un verso chi c’ha seguito e chi ha creduto nell’impegno civile, nel senso critico, nella non rassegnazione.

Colpa nostra, solo colpa nostra tutta questa bellezza florense, questa ricchezza mantenuta dal padrone, amorevolmente curata e alimentata dai suoi sottoposti. Colpa del silenzio comodo e dell’accettazione. Ai posteri l’ardua sentenza.

EM


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