Lavoro

L’ultimo atto dell’insofferenza per la disoccupazione a San Giovanni in Fiore: esplosa la rabbia nell’aula consiliare. Emiliano Morrone fornisce un quadro generale per la comprensione d’un problema sociale che si aggrava, nell’altopiano silano

Giuliano Compagno: "Non possono esserci, a San Giovanni in Fiore, solo rappresentanti e rappresentati". L’insediamento mafioso è alle porte
martedì 25 ottobre 2005.
 

Lo scorso giovedì, durante una riunione dei capigruppo consiliari del Comune di San Giovanni in Fiore, un folto novero di disoccupati, gli stessi dei moti per il lavoro del febbraio 2004, s’è introdotto in municipio e, con azione di rabbia, ha divelto i banchi dell’aula del consiglio e le sedie, frantumandone anche alcuni vetri d’una parete laterale e ammaccando le porte d’ingresso. La ragione, difficile, comunque, da ricostruire, starebbe nella notizia, precedente alla pubblicazione di apposita graduatoria, del loro mancato inserimento tra gli ammessi alla frequentazione d’un corso di formazione professionale finanziato pure con fondi Por, secondo l’assessore comunale Giuseppe Lammirato, e finalizzato al futuro avviamento lavorativo, con compiti di manutenzione, all’interno del Parco nazionale della Sila. In termini più chiari, i disoccupati, che reclamano la paternità, per causa delle loro costanti proteste, della medesima iniziativa occupazionale intrapresa da Stato centrale e Regione Calabria già nel 2004, non hanno digerito il fatto che i loro sforzi e le loro battaglie siano serviti, dal loro punto di vista, a sistemare solo altre persone e che, pare, quasi tutti, tra di loro, siano stati esclusi dalla partecipazione al suindicato corso. La storia è lunga e contiene interminabili presìdi del municipio, la nascita d’un movimento politico denominato “Uniti per la libertà”, che ha un rappresentante in consiglio, incontri col prefetto di Cosenza, partecipazione femminile, occupazioni, blocchi stradali, digiuni, viaggi a Roma, pattuizioni con politici di destra e sinistra, promesse, accordi, trattative coi tutori dell’ordine pubblico, testimonianze della stampa nazionale e locale. La vicenda è triste quanto radicata nella storia, pure recente, dell’altopiano silano, che ha largamente beneficiato, troppo spesso, di sole misure d’assistenza, sorte con l’obiettivo di arginare il disagio economico e sociale ma divenute lo strumento principale per la facile raccolta di consensi elettorali, dietro ricatto di potere, a opera di politici mai indagati dalla magistratura della Repubblica, per le loro discusse pressioni e ingerenze dirette nell’attività di gestione amministrativa dei provvedimenti statali di specie. La storia è fatta di bisogno e inganno, di gente che non ha di che vivere e non ha grandi speranze, per il proprio grado d’istruzione, di trovare un lavoro emigrando, cinquantenni, padri di famiglia, socialmente emarginati, non scolarizzati, manovali, giovani, manco diplomati, con figli. La storia è fatta di politici che ci hanno marciato e ci marciano, davanti alle difficoltà di famiglie nullatenenti; è fatta di furbi che le provano tutte pur di assommare rendite, d’una legalità pressoché inesistente, dal momento che gli esempi di violazione di norme statali, dentro le istituzioni, sono evidenti, pesanti e insistenti. La storia è fatta di lavoro nero, di imprese che non decollano per effetto di meccanismi e indirizzi politici anomali, tipici del Mezzogiorno; è fatta di condizioni palesemente catastrofiche, in un contesto in cui, per colpa di folli impostazioni politiche del passato, ancora in vita, la sfiducia dei cittadini verso la pubblica amministrazione è prossima al massimo. La storia, dicono dei commercianti di via Roma, è fatta di acquisti di scarpe e vestiti, tante volte, con la promessa di pagamento a tempo mai determinato. La storia è fatta di gente che compra cumulando parecchi debiti, di un’economia alimentata da pensioni e redditi del pubblico impiego. La storia è fatta di una dialettica politica, tra destre e sinistre, che non risponde più alle differenze sui princìpi e gli ideali ma si fonda sull’offerta di protezione e garanzia a masse che, quasi per obbligo, valutano la loro adesione supponendo una maggiore convenienza personale, familiare. La storia è fatta di potenti speculazioni politiche riguardanti assunzioni in ambiti sanitari e, più in generale, parastatali. Ma la storia è fatta, altrettanto, di una democrazia impedita, di assemblee istituzionali in cui non si può discutere per ragioni d’ordine pubblico, di violenza sui media, di tensioni quotidiane, di minacce, ci è stato riferito dai diretti interessati, al presidente del consiglio comunale, Franca Migliarese Caputi, e al sindaco di San Giovanni in Fiore, Antonio Nicoletti. In ogni caso, in questo marasma generale, in cui alcuni personaggi politici sembrano rivestire perfino un ruolo di regia, la stampa non può né deve avere il ruolo dell’arbitro. Il 26 ottobre ci sarà un consiglio comunale nell’aula interessata dall’azione dei dimostranti, che, per il sindaco Nicoletti, assume valore simbolico, rimanendo coi banchi e le seggiole accatastate. Antonio Barile, leader di Forza Italia, uscita la graduatoria per il corso di formazione professionale destinato a disoccupati di lunga durata, sta muovendosi per individuare le misure a tutela dei disoccupati esclusi e appartenenti al movimento politico “Uniti per la libertà”. Sta, inoltre, informandosi presso alcuni ministeri, per verificare la possibilità di utilizzare, per fronteggiare la disoccupazione, altre misure della stessa natura. Lo stesso Barile, sempre rimasto accanto ai disoccupati del movimento, avviò il percorso col ministro dell’Agricoltura Alemanno, seguendone puntualmente le fasi, finalizzato alla sistemazione lavorativa di quanti parteciparono alle proteste cominciate nel febbraio del 2004. La loro azione concorde determinò il provvedimento in questione, il corso di formazione con successivo inserimento nell’organico del Parco nazionale della Sila. Su questo, la divisione tra destre e sinistre è micidiale. Per l’Unione c’erano irregolarità amministrative nella convenzione attuativa, oltre al fatto che i criteri di selezione, sempre secondo i rappresentanti del centrosinistra, furono stabiliti da “una destra incapace, frettolosa e distratta, non in grado di mantenere gli impegni presi, proclamati sempre in violazione delle regole del lavoro”. Secondo la controparte, invece, il centrosinistra “ha volutamente messo i bastoni al progetto della destra, proprio a ridosso delle ultime amministrative, distribuendo domande di partecipazione al bando a chiunque capitasse e divulgando falsità d’ogni genere sul conto dei manifestanti di ‘Uniti per la libertà’, comprese le voci sulla loro intenzione di sparare ad alcuni politici”. Per il sindaco Nicoletti, “l’amministrazione comunale di San Giovanni in Fiore s’era già impegnata a modificare le inesattezze, in sede amministrativa, del progetto della destra, prontamente interessando il nuovo governo regionale”. Secondo il primo cittadino, non è ammissibile che “la città di San Giovanni in Fiore venga ricattata e bloccata con atti di violenza che sono stati comunque denunciati”. I criteri per la selezione di centinaia di disoccupati di lunga durata erano, nel bando in questione, dice Nicoletti, “gli anni di disoccupazione e la maggiore età dei candidati e, in subordine, la minore scolarizzazione e il carico familiare”. Barile replica che “i criteri adottati, mai scelti dal centrodestra e voluti esclusivamente dalla Sial, società controllata dalla Regione, hanno creato situazioni pazzesche, facendo selezionare donne con mariti stipendiati”. Domenica 23, una nutrita rappresentanza di vertici istituzionali regionali e provinciali, per iniziativa del gruppo consiliare regionale della Margherita, ha discusso, al Polifunzionale, sulla presenza mafiosa in Calabria. Durante la manifestazione, si sono registrate alcune interferenze da parte di un gruppo di disoccupati, a uno dei quali è stata concessa la parola. Presente la Digos di Cosenza col dirigente, Alfredo Cantafora, pare che la situazione generale stia andando, ora, verso una certa tranquillità. Resta, però, una preoccupazione alta, non tanto per l’eventuale ripetizione di azioni dimostrative. La disoccupazione genera uno stato di insofferenza insopportabile, che si trasforma in disagio sociale, psicologico e umano. San Giovanni in Fiore continua a produrre emigrazione, soprattutto intellettuale. Approvata la devoluzione, con tutto quanto comporta, bisogna rimediare, anzitutto modificando una mentalità per cui, come ha dichiarato Giuliano Compagno, già direttore dell’Istituto italiano di cultura a Oslo, “ci sono, nella città forense, solo rappresentanti e rappresentati”. Occorre una reazione civile della società civile e una progettazione, in sintonia con le istituzioni, che tenga conto delle gravi necessità lavorative, del ripristino della legalità, dei bisogni effettivi, della formazione dei giovani. Il pericolo di un insediamento mafioso è già alle porte.

Emiliano Morrone


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