Memoria

Il comandante “Facio”: quando la Resistenza parlava calabrese - di Pierluigi Talarico

lunedì 4 febbraio 2008.
 

Questa è una vecchia storia. Una storia spesso dimenticata, nascosta e volutamente occultata nei polverosi scaffali di qualche archivio storico italiano. È una storia che parla il dialetto marcato da un forte accento calabrese,specificamente quello dei paesi che circondano la città di Paola, a ridosso della costa tirrenica. E’la storia di un figlio di Calabria che nel suo cuore coltivava quegli ideali nobili che ardono nel cuore dell’uomo e ne agitanole passioni: la giustizia,la libertà e la democrazia. E’ la storia del partigiano Dante Castellucci, ma che nella storia contemporanea d’Italia entrerà con il nome di “comandante Facio”. Nato a Sant’Agata d’Esaro il 6 agosto 1920, ed emigrato in Francia all’età di 10 anni perché il padre,un contadino antifascista, aggredì il podestà di Sant’Agata e il piccolo Dante fu costretto all’esilio forzato. In terra francese il giovane “Facio” mostra una buona attitudine per lo studio, ed in particolar modo per l’arte ed il teatro. Nel 1939,quando l’Italia mussoliniana entrò in guerra al fianco della Germania nazista e la Francia espulse tutti i cittadini italiani dal suo territorio, ”Facio”ritorna per qualche tempo in Calabria, dove studia ed approfondisce le dottrine marxiste e conoscendo Otello Sarzi,un antifascista confinato in Calabria dal regime matura un odio viscerale verso il fascismo. Nel 1940 è arruolato coattivamente come la maggior parte della gioventù dell’epoca nelle file dell’esercito per combattere gli inglesi, ed è dislocato con la sua compagnia in Piemonte per collaborare con i soldati della Wermacht e con la famigerata Legione X Mas fascista. Nel 1942, insieme ad altri suoi commilitoni, diserta, rifugiandosi a Reggio Emilia. In questo periodo ”Facio” entra in contatto con gli antifascisti della Bassa reggiana,stringendo un forte rapporto di amicizia,con Aldo Cervi,uno dei sette fratelli emiliani trucidati dai nazifascisti, e partecipando ad azioni di sabotaggio in città dimostrando coraggio ed elevate capacità operative. Quando i fratelli Cervi vengono arrestati ed assassinati nel dicembre del 1943, anche lui è arrestato dalla polizia fascista e condotto nel carcere di Parma, da dove riesce a fuggire,e nel febbraio del ‘44 raggiunge le brigate partigiane sui monti dell’Appennino tosco-emiliano. “Facio”, persona dal cuore impavido e generoso. E’amato dai contadini,e rispettato dai suoi compagni,e proprio per queste sue qualità umane è nominato comandante del battaglione partigiano ”Picelli” (intitolato a quel Guido Picelli, il deputato comunista parmense che con gli Arditi del popolo nell’agosto del 1922 difese militarmente la sua città dagli assalti degli squadristi di Italo Balbo e che morirà ucciso da una spia stalinista durante la guerra civile spagnola del 1936!!), che operava tra l’ Emilia e la Lunigiana. Chissà, se nelle fredde notti d’inverno sul monte Fuso che circonda Parma, pensavi alla tua terra e alla tua gente di Calabria, al suo mare ed ai suoi colori ed odori, mentre pulivi il fucile osservando le stelle, ed organizzando gli uomini per i turni di guardia, e forse nella tua mente covavi il desiderio di portare la lotta antifascista anche al Sud. Il tuo coraggio,la tua onestà verso il prossimo ed il tuo carattere anarchico e mai domo che hai dimostrato in tante occasioni, come quella della battaglia del Lago Santo nei pressi dell’Appennino parmense, quando con una squadra di 18 compagni sei riuscito a frenare l’avanzata delle truppe nazifasciste verso i villaggi di montagna, restìo al compromesso e alle direttive dei burocrati del Partito Comunista,dava fastidio a molti dirigenti della stessa Resistenza, specialmente a quelli reggiani e spezzini.Loro temevano quel partigiano calabrese che in battaglia era il primo ad avanzare e l’ultimo a ritirarsi,e che nei villaggi liberati per prima cosa dava da mangiare alle masse affamate, e redistribuiva le terre degli agrari ai contadini senza lavoro,curando presso gli ospedali da campo anche i nemici feriti,diventando un eroe popolare, e che considerava la lotta di liberazione nazionale del nostro popolo una lotta di libertà,intesa come un immenso contributo umano e ribelle di tanti uomini e donne che credevano nei valori della libertà e delle garanzie democratiche, e che avevano dichiarato guerra all’occupante tedesco e alla sua ultima servitù di Salò. Sei stato catturato e “processato” dai tuoi stessi compagni , con l’infamante accusa di “collaborazionismo con i tedeschi”in una notte di luglio del ‘ 44 sui monti dell’ alta Val di Taro,dove l’Emilia abbraccia con un lembo di terra la Toscana e la Liguria. Ti arrestarono perché, dopo una strenua battaglia per liberare il paese di Zeri in provincia di Massa contro le forze di occupazione, e con i partigiani del “Picelli” ormai stremati e senza più munizioni e viveri, avevi preso sotto il tuo controllo una cassa di aiuti umanitari lanciata da un aereo inglese,e che un gruppo di partigiani spezzini in fuga non riuscì ad impossessarsene, fornendo involontariamente ai tuoi aguzzini un pretesto per fartela pagare. Laura Seghettini la donna che hai amato, e che ha condiviso con te i patimenti e gli stenti della vita di guerriglia in montagna, ci racconta che qualche ora prima della tua esecuzione e del processo farsa a cui ti sottoposero i burocrati comunisti, eri tranquillo e con lo sguardo fiero, e che non avevi nulla da rimproverarti , rifiutando la possibilità di fuga che ti era stata offerta da due giovani partigiani toscani, ”Nello” e “Bruschìn” e dicesti che un giorno sarebbe stata fatta piena luce ed accertata la verità sulla tua storia ,affrontando la morte per fucilazione con dignità e coraggio. Chissà come saresti oggi “Facio”. A me piace immaginarti come un vecchietto con il giornale sottobraccio,seduto al tavolino di un bar nella piazza centrale di Sant’Agata d’Esaro, che gioca a briscola con altri anziani, sorseggiando un bicchiere di vino del Savuto, e che parla e discute con i giovani. Chissà cosa ne penseresti della crisi in cui versa “la politica”italiana la quale non riesce più a dare risposte ai bisogni concreti del popolo, e dove quel legame etico e politico tra eletto ed elettore sancito dal principio costituzionale della sovranità popolare, è messo in crisi da coloro i quali sono stati eletti per fare e tutelare i nostri interessi di uomini e cittadini, e che invece approvano in Parlamento leggi che rendono il lavoro delle persone incerto e precario,finanziano guerre ”umanitarie”, tagliano i fondi statali per l’istruzione scolastica, e la politca è fatta in modo populista e demagogico dai comici e dai buffoni nelle piazze o nei salotti televisivi. Chissà,cosa ne penseresti della situazione drammatica nella nostra terra di Calabria,dove i poteri occulti e mafiosi costringono tante persone ad andare via,dove i diritti inalienabili dei cittadini passano il più delle volte come un privilegio o un favore che ci concede il potente di turno, e dove si specula sulle risorse del nostro territorio e dunque sulle nostre vite. Forse, ci inciteresti a lottare ed a resistere, senza chinare la testa, come hai fatto tu e gli altri antifascisti oltre sessant’anni fa. Voglio concludere questa breve storia con la frase pronunciata in un discorso agli studenti presso la Scuola di Teatro a Milano da Otello Sarzi,l’antifascista amico di “Facio”... ”E’ difficile parlare di tutto questo... E’ un problema perché il mondo è diventato un altro.. Io sono anziano e non mi ricordo cosa ho mangiato stamattina,però la mia vita me la ricordo bene. Sapete perché? Perchè l’ho vissuta con impegno, come ha fatto Facio..”

Pierluigi Talarico


Sul tema, nel sito, si cfr.:

RENDERE GIUSTIZIA A DANTE CASTELLUCCI, IL COMANDANTE partigiano "FACIO".....


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