Il segretario di Stato vaticano attacca gli articoli di "Repubblica"
"L’apertura alla fede in Dio porta solo frutti a favore della società"
Bertone contro le inchieste sulla Chiesa
"Finiamola con questa storia dei costi"
CITTA DEL VATICANO - "Finiamola con questa storia dei finanziamenti alla Chiesa: l’apertura alla fede in Dio porta solo frutti a favore della società". Il segretario di Stato Tarcisio Bertone, replica con durezza all’inchiesta sui costi dell’ora di religione. "C’è un quotidiano - lamenta - che ogni settimana deve tirare fuori iniziative di questo genere.
"L’ora di religione è sacrosanta". La conversazione del segretario di Stato con i giornalisti tocca poi la "deriva anticlericale" in Spagna. E su questo Bertone si mostra più prudente: ci sono i vescovi spagnoli che prendono posizione in merito, io non so se sia davvero una proposta di Zapatero o solo una delle righe di un programma elettorale...". Esterna a tutto campo il cardinale, dopo la conferenza stampa sul Concerto di Ennio Morricone e dell’Arma dei Carbinieri che si terrà in Vaticano il prossimo 20 novembre. "Le difficoltà delle famiglie di arrivare alla fine del mese - risponde a un gionalista - sono reali. Mi auguro che le promesse del Governo vengano matenute. Il problema è quello delle risorse limitate, noi chiediamo che siano impiegate a favore della famiglia, dei figli, della solidarietà". Cita i cartelli di protesta che lo hanno accolto all’ospedale pediatrico promosso dal Vaticano (e gestito in convenzione con il Ssn e la Regione Lazio). I dipendenti lamentano il mancato rispetto del contratto di lavoro che prevedeva uno scatto che non è stato ancora erogato: "è un problema reale, in questo momento siamo in problemi difficili sia dal punto di vista regionale che nazionale. Mancano le risorse: non parliamo degli stipendi vaticani. Potessi avere la bacchetta magica farei subito dei miracoli". Gli domandano allora: "secondo lei la crisi politica sfiorata ieri è superata?". Serafico replica: "vediamo se è superata".
Tutto questo non basta ai giornalisti che lo hanno seguito al "Bambino Gesù" e così il cardinale è "costretto" a parlare anche dei limiti etici della pubblicità. Non gli è piaciuto lo spot del "neonato gay". In proposito Bertone dice: "è una cosa strana, mi sembra che non sia il caso di arrivare a uno spot di quel genere".
LEGGI LE QUATTRO PUNTATE DELL’INCHIESTA
* la Repubblica, 25 ottobre 2007.
Democrazia e religione
di EZIO MAURO *
"Finiamola". Con questo invito che ricorda un ordine il Cardinal Segretario di Stato della Santa Sede, Tarcisio Bertone ha preso ieri pubblicamente posizione contro l’inchiesta di Repubblica sul costo della Chiesa per i contribuenti italiani, firmata da Curzio Maltese. "Finiamola con questa storia dei finanziamenti alla Chiesa - ha detto testualmente il cardinal Bertone - : l’apertura alla fede in Dio porta solo frutti a favore della società". Per poi aggiungere: "C’è un quotidiano che ogni settimana deve tirare fuori iniziative di questo genere. L’ora di religione è sacrosanta".
Non ci intendiamo di santità, dunque non rispondiamo su questo punto. Ma non possiamo non notare come il tono usato da Sua Eminenza sia perentorio e inusuale in qualsiasi democrazia: più adatto a un Sillabo. L’attacco vaticano riguarda un’inchiesta giornalistica che analizza i costi a carico dei cittadini italiani per la Chiesa cattolica, dalle esenzioni fiscali all’otto per mille, al finanziamento alle scuole private, all’ora di religione: altre puntate seguiranno, finché il piano di lavoro non sia compiuto.
Finiamola? E perché? Chi lo decide? In nome di quale potestà? Forse la Santa Sede ritiene di poter bloccare il libero lavoro di un giornale a suo piacimento? Pensa di poter decidere se un’inchiesta dev’essere pubblicata "ogni settimana" o con una diversa cadenza? E’ convinta che basti chiedere la chiusura anticipata di un’indagine giornalistica per evitare che si discuta di "questa storia"? Infine, e soprattutto: non esiste più l’imprimatur, dunque persino in Italia, se un giornale crede di "tirar fuori iniziative di questo genere" può farlo. Salvo incorrere in errori che saremo ben lieti di correggere, se riceveremo richieste di rettifiche che non sono arrivate, perché nessun punto sostanziale del lavoro d’inchiesta è stato confutato.
La confutazione, a quanto pare, anche se è incredibile dirlo, riguarda la legittimità stessa di affrontare questi temi. Come se esistesse, lo abbiamo già detto, un’inedita servitù giornalistica dell’Italia verso la Santa Sede, non prevista per le altre istituzioni italiane e straniere, ma tipica soltanto di Paesi non democratici. In più, Sua Eminenza è il Capo del governo di uno Stato straniero che chiede di "finirla" con il libero lavoro d’indagine (naturalmente opinabile, ma libero) di un giornale italiano. Dovrebbe sapere che in Occidente non usa. Mai.
Stupisce questa reazione quando si parla non dei fondamenti della fede, ma di soldi. E tuttavia se la Chiesa - com’è giusto - vuole far parte a pieno titolo del discorso pubblico in una società democratica e trasparente, non può poi sottrarsi in nome di qualche sacra riserva agli obblighi che quel discorso pubblico comporta: per tutti i soggetti, anche quelli votati al bene comune. Anche questo è un aspetto della sfida perenne, e contemporanea, tra democrazia e religione.
* la Repubblica, 25 ottobre 2007.
Sul tema, nel sito, si cfr.:
La chiesa di Costantino, l’Amore ("Charitas") e la nascita della democrazia dei moderni
"Deus caritas est": la verità recintata!!!
MONOTEISMO, CRISTIANESIMO E DEMOCRAZIA: L’ILLUMINISMO, OGGI.
Il concordato è anticostituzionale.
Intervista a Sergio Lariccia. *
Il governo socialista di Josè Luis Zapatero, dopo aver eliminato molti privilegi fiscali alla Chiesa e i finanziamenti alle scuole cattoliche, studia una revisione del concordato del 1979, nell’ipotesi che si tratti di un accordo incostituzionale. E in Italia? «Sarebbe l’ora di discutere anche da noi l’incostituzionalità del concordato». E’ l’opinione di uno dei massimi esperti di diritto ecclesiastico, il professor Sergio Lariccia.
La costituzione italiana, a differenza della francese, non cita espressamente la laicità come valore supremo.
«E’ vero. Ciò non toglie che la laicità dello Stato sia un requisito fondamentale della democrazia, come ha stabilito una sentenza della Consulta nel 1989. Un ordinamento o è laico o non è democratico. Io non penso sia attuabile in Italia un regime separatista come in Francia, ma pretendo che si rispetti la libertà religiosa, pilastro della democrazia».
In Italia non c’è libertà religiosa?
«No. Non è garantito il principio di laicità delle istituzioni. Non è garantita l’eguale libertà delle confessioni davanti alla legge perché la cattolica è più eguale delle altre. Uno stato di privilegio che viola non soltanto la nostra Costituzione ma perfino il Concilio Vaticano II e la costituzione conciliare Gaudium et Spes. Con la revisione dell’84 che ha accolto in gran parte il Concordato fascista del ‘29 non sono garantite le libertà di religione e verso la religione di moltissimi italiani, credenti e non...».
Tutto deriva dal Concordato?
«Noi continuamo a parlare di rapporto fra stato e chiesa e non "chiese", ora di religione e non "di religioni". Siamo l’ultimo stato confessionale fra le democrazie». (c.m.)
* la Repubblica, 24/10/07.
L’ex parroco di Monterosso (Padova) è finito al centro delle cronache
dopo aver dichiarato il suo amore per una donna madre di un bimbo
Don Sante sospeso "a divinis"
aveva detto di essere innamorato
Caduta nel vuoto la petizione con 800 firme
che i fedeli avevano indirizzato al vescovo
PADOVA - Sospensione ’a divinis’ per Don Sante Sguotti. L’ex parroco di Monterosso, in provincia di Padova, è finito questa estate al centro delle cronache per aver dichiarato di essere innamorato di una donna madre di un bimbo.
Il decreto è stato firmato giovedì da monsignor Mattiazzo e poi notificato a don Sante. Il provvedimento ha effetto immediato dal momento della notifica ed è a tempo indeterminato. In base alla disciplina canonica, il provvedimento di sospensione a divinis, prevede che non si possano "più assolvere alle funzioni attinenti al ministero sacerdotale né ricevere ed esercitare incarichi riservati ai chierici".
Il decreto, che segue quello di rimozione da parroco della parrocchia di Monterosso, l’ 8 ottobre, e quello di avvio di un processo penale e amministrativo sulla base di alcuni articoli del Codice di diritto Canonico, il 17 ottobre, "è stato firmato dal vescovo Mattiazzo, dopo la discussione - insieme a due sacerdoti assessori - delle prove e degli argomenti e dopo aver esaminato ogni elemento in merito alla situazione del sacerdote interessato, così come previsto dalla disciplina canonica". E si chiarisce che "la sospensione viene inflitta a tempo indeterminato, fino a che il sacerdote non dimostra di ravvedersi".
E’ dunque caduta nel vuoto la petizione con 800 firme che i fedeli di Monterosso avevano indirizzato al vescovo. Inutile anche la precisazione del sacerdote di essersi innamorato ma "non in maniera biblica" e di non essere il padre del piccolo, fatta durante una conferenza stampa convocata per mettere a tacere i tanti pettegolezzi: "Sono innamorato di lei, l’ho aiutata a scegliere il nome del bambino e ci fidanzeremo in forma casta, se lei vorrà, il prossimo 2 dicembre".
"Don Sante Sguotti - era scritto nel decreto di rimozione del vescovo - deve lasciare la parrocchia entro e non oltre il 13 ottobre". Il posto del sacerdote innamorato è stato occupato da don Giovanni Brusegan, delegato vescovile per l’ecumenismo e la cultura.
* la Repubblica, 27 ottobre 2007.
Il dirigente di un istituto si appella a un Regio Decreto del 1924
e ripristina il simbolo religioso nelle classi della sua scuola
Trento, preside ordina 70 crocifissi
"Uno per aula, per rispettare la legge"
TRENTO - Settanta aule, dunque settanta crocifissi. Da collocare nel punto dal quale, ormai, erano scomparsi. Di solito sulla parete alle spalle della cattedra. "C’è una legge da rispettare e non vedo come possa essere ignorata". A parlare così è Mario Casna, preside dell’Istituto tecnico "Michelangelo Buonarroti" di Trento. Che di crocifissi ne ha ordinato uno stock, appunto settanta, sollecitato - spiega - da un alunno che aveva notato l’assenza del simbolo religioso in classe. Il preside si richiama a una legge e si indigna di fronte all’etteggiamento dei colleghi, "mi chiedo come facciano gli altri presidi a fare finta di niente" dice dal suo ufficio, dove tiene appesa una foto del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e un’immagine di un suo incontro con Wojtyla, scattata in occasione di una visita del Papa in Trentino.
La legge alla quale si appella il preside è in verità un Regio Decreto del 30 aprile 1924 (la cui validità, però, è stata confermata da due sentenze del Consiglio di Stato e della Corte costituzionale) che regola l’"Ordinamento interno delle giunte e dei regi istituti di istruzione media", e fra l’altro prevede, ad esempio, la sospensione delle lezioni nei giorni del compleanno della regina e della regina madre. E all’articolo 118, recita: "Ogni istituto ha la bandiera nazionale; ogni aula, l’immagine del Crocifisso e il ritratto del Re". E siccome all’articolo 10 c’è scritto che il preside "esegue e fa eseguire le disposizioni delle leggi, dei regolamenti e gli ordini delle autorità superiori", Casna ha pensato bene di correre ai ripari.
Per ora, spiega, "ho solo tre preventivi di spesa" ma al massimo entro due giorni farà il suo ordine. "Se non sarà oggi, sarà domani, ho i tempi stretti. Devo rispettare la legge". E cita il Regio Decreto di cui sopra, oltre ai "pareri del consiglio di Stato. "E comunque me lo hanno chiesto gli studenti". Eccesso di zelo? "No, sono pochissimo religioso e anche pochissimo coraggioso, tant’è che sto facendo tutto questo solo perché ho paura di non essere in regola con la legge".
Quanto alle polemiche, taglia corto: "Non mi interessa, io vado avanti a meno che qualcuno non mi dica che quella legge non c’è più". E fa un appello alle autorità che quasi stride con la sua battaglia per la legalità: "Che la tolgano, questa legge obsoleta, che mette solo in difficoltà i presidi".
Casna, c’è da dire, non è nuovo a certe iniziative. Quattro anni fa, quand’era dirigente dell’Istituto superiore "Martini" di Mezzolombardo, provincia di Trento, fu protagonista di un episodio analogo. "Un ragazzo mi disse che eravamo fuori legge perché non avevamo i crocefissi: ho subito provveduto, mi sono fatto fare delle croci da un falegname e le ho pagate io". E anche stavolta, è pronto a pagare di tasca propria.
* la Repubblica, 25 ottobre 2007.