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PEGAH EMAMBAKHSH E’ STATA LIBERATA: E’ LIBERA!!! RIFUGIATA, NON PIU’ CLANDESTINA!!! UN SUCCESSO STREPITOSO DELLA MOBILITAZIONE INTERNAZIONALE E ITALIANA!!! Nei giorni scorsi il Comune di Venezia aveva già deciso di ospitarla. Un’intervista ad Alberta Basaglia - a cura di pfls

«È stato l’amore a guidare la mia vita e qualunque cosa mi accada, sarà l’amore a guidarmi»(Pegah A.)
venerdì 14 settembre 2007.
 
[...] PEGAH E’ LIBERA. Da oggi la data dell’11 settembre ci ricorderà anche un evento positivo. La cittadina iraniana scappata in Inghilterra per sfuggire a una condanna a morte per omosessualità è stata rilasciata dal Yarls Wood Immigration Removal Centre di Clapham e si trova a casa di amici. Il suo status passa da quello di immigrata clandestina a quello di rifugiata [...]

-  La Prigioniera *

-  Nel Paese dei Folli si diceva:
-  "Volare verso l’inferno".

Parole Vere fermarono quel volo.

-  Non si erano mai viste
-  giornate così chiare
-  e così tante rose nel vento.

-  "Chi sei?" chiese nel sonno
-  la Prigioniera
-  (una voce l’aveva raggiunta
-  nella Torre Lunare).

-  Catene tintinnarono,
-  lei si destò, la Voce
-  - umana, finalmente -
-  la liberò.

*Roberto Malini


Pegah è libera *

Da oggi la data dell’11 settembre ci ricorderà anche un evento positivo.

La cittadina iraniana scappata in Inghilterra per sfuggire a una condanna a morte per omosessualità è stata rilasciata dal Yarls Wood Immigration Removal Centre di Clapham e si trova a casa di amici. Il suo status passa da quello di immigrata clandestina a quello di rifugiata

Roma, 11 sett. (Ign) - Pegah Emambakhsh la cittadina iraniana rifugiatasi in Inghilterra per sfuggire a una condanna a morte per omosessualità è stata liberata dal Yarls Wood Immigration Removal Centre di Clapham (Bedfordshire, UK) ed è al momento ospite di amici a Sheffield.

Questo significa che il suo status secondo la legge britannica non è più quello di persona accusata di immigrazione clandestina ma di rifugiata in attesa di permesso di soggiorno. Nelle prossime 2 settimane Pegah sarà ascoltata per la prima volta dalla Corte d’Appello. Nei seguenti 5 mesi la donna testimonierà ancora per illustrare al meglio la sua vicenda che è quella di un’iraniana fuggita dal proprio Paese per evitare una condanna a morte, conseguenza diretta delle sue inclinazioni sessuali.

Pegah Emambakhsh era fuggita nel 2005 nel Regno Unito dopo che la sua compagna era stata arrestata e aveva chiesto asilo. Asilo che dopo due anni di attesa le è stato negato. Il 13 agosto scorso infatti era stata arrestata. Non solo, il pm Jacqui Smith, Home Secretary e Membro del Parlamento, aveva decretato anche la sua deportazione a Teheran, dove l’attendeva una condanna certa a 100 frustate comminate con un nerbo semirigido e tagliente e probabilmente la condanna alla lapidazione, essendosi dichiarata lesbica e avendo chiesto aiuto, atteggiamento che le leggi iraniane equiparano a immoralità e cospirazione, ovvero reati capitali.

La vicenda di Pegah aveva visto la mobilitazione di diversi movimenti tra i quali si era distinto il gruppo EveryOne guidato da Roberto Malini, Dario Picciau e Matteo Pegoraro, che era arrivato a toccare le corde del sistema giudiziario inglese fino a far ipotizzare un possibile trasferimento di Pegah in Italia. Sempre su iniziativa di EveryOne era nata la singolare protesta ’Flowers for Pegah’ che, sottoscritta via internet da oltre 20mila persone, aveva portato nel carcere inglese quasi 30mila mazzi di fiori per l’iraniana intasando la struttura burocratico-postale del carceredove non era consentito consegnare posta. Per la commozione di un secondino Pegah aveva però ricevuto alcuni petali ed era stata messa al corrente del successo dell’iniziativa.

* Roberto Malini: Anne’s Door. La cultura a difesa della vita.


A Venezia, una casa rifugio per Pegah Emambakhsh

Intervista ad Alberta Basaglia, responsabile del Centro Antiviolenza del Comune di Venezia

di Nella Condorelli *

La prima e’ stata Venezia, seguita quindi da Roma, e poi dalla regione Toscana. Gli enti locali si impegnano per Pegah Emambakhsh, l’iraniana lesbica in prigione in Gran Bretagna che rischia la lapidazione, se dovesse essere espulsa e rimpatriata a Teheran. Per lei, braccata dall’intolleranza dei mullah, si sono mobilitati nelle scorse settimane societa’ civile, rappresentanti della politica, della cultura e delle istituzioni. In testa, la ministra dei diritti e delle pari opportunita’ Barbara Pollastrini che, di concerto con il presidente del consiglio Prodi, ha dichiarato la disponibilita’ dell’Italia ad accogliere la govane iraniana qualora le autorita’ inglesi dovessero decidere di non concederle asilo, dopo l’ormai stra-nota e stra-discutibile decisione dell’Asylum Seeker Support Initiative di Sheffield di richiederle “la prova della sua omosessualita’”.

In attesa che la Gran Bretagna sciolga la riserva, la mobilitazione per Pegah segna adesso un altro punto a favore: la decisione del comune di Venezia di mettere a disposizione della donna iraniana una casa. Per l’esattezza, una “casa protetta”, come sono chiamate nella citta’ lagunare (e non solo) gli appartamenti destinati ad accogliere ed aiutare le donne maltrattate o vittime di violenza. Case-rifugio, indirizzo top secret, qui nate al tempo della prima sindacatura Cacciari e direttamente gestite dal Comune, ma frutto del piu’ antico incontro-scontro tra associazioni femministe cittadine e amministrazione civica.

Alberta Basaglia e’ la responsabile del Centro Antiviolenza del Comune di Venezia, e del Servizio Partecipazione giovanile e Cultura della pace. Nei fatti, e’ lei che si occupa della gestione delle Case protette, e se Pegah dovesse arrivare in citta’, toccherebbe a lei gestire a livello operativo la sua vita quotidiana.

Dottoressa Basaglia, il sindaco Cacciari l’ha annunciato: a Venezia e’ pronta una Casa protetta per Pegah, segno tangibile d’impegno e solidarieta’ delle istituzioni verso una donna discriminata a causa del suo lesbismo. Pegah come le donne maltrattate e violentate. Come si e’ giunti a questa decisione?

Dopo la disponibilita’ dichiarata del Governo a darle asilo in Italia, il sindaco ha offerto alla signora Emambakhsh la possibilita’ di abitare in una nostra Casa protetta, come prima, immdiata possibilita’ di vita. Una casa dove Pegah potra’ rimanere quanto le pare, per poter decidere in tutta liberta’ cosa fare e dove andare. Questa offerta del sindaco si inscrive in una doppia tradizione cittadina: Venezia sostiene da piu’ di ventanni politiche attive contro la violenza sulle donne, e non e’ nuova nell’ aprire le porte ad intellettuali perseguitati a causa delle loro idee, dei loro scritti, della loro condizione esistenziale. Il Centro Antiviolenza che dirigo ha una lunga storia alle spalle, esiste da ventisei anni, ha assistito migliaia di casi: donne maltrattate in famiglia, donne violentate da parenti o da sconosciuti, donne per le quali la violenza si nutre anche delle piu’ disparate forme di discriminazione. C’e’ chi e’ stata emarginata perche’ ha rotto il silenzio sui maltrattamenti subiti, spesso vere e proprie sevizie continuate da parte di mariti, padri, fratelli o anche figli violenti, chi e’ stata discriminata perche’ ha rotto il tabu’ della “nornalita’” dichiarando il proprio lesbismo...Parlo della capacita’ della nostra amministrazione di cogliere tutti gli aspetti della condizione femminile, comprendendo nello spettro della violenza ogni sua componente, tra cui la discriminazione legata all’orientamento sessuale. In questo senso, l’equivalenza tra discriminazione e violenza chr riguarda Pegah e’ una continuazione del lavoro che facciamo da anni: la donna che subisce violenza non e’ solo quella violentata per la strada, ci sono tanti tipi di violenza, discriminare una donna perche’ lesbica e’ violenza.

Parliamo delle “case protette” per donne maltrattate. Nei primi anni Ottanta, quando il movimento femminista comincio’ a raccogliere le firme per una legge d’iniziativa popolare contro la violenza sulle donne, allora considerata reato contro la morale e non contro la persona, molte femministe iniziarono anche ad interrogarsi sul “come” aiutare le donne vittime a ridefinire la propria identita’ di genere. Siamo negli anni in cui il femminismo si e’ ritirato dalle piazze, e sta costruendo luoghi di donne: centri, librerie, universita’...anche le “case per le donne maltrattate” fanno parte di questo patrimonio politico. Che cosa rimane di tutto cio’ nell’esperienza veneziana, quali segni?

Lo sviluppo dell’attenzione istituzionale per il diritto all’orientamento sessuale nasce certamente dalle lotte femministe degli anni Settanta, dall’affermazione della liberta’ femminile e della differenza. Se oggi siamo arrivati al suo riconoscimento da parte delle istituzioni, vuol dire che un segno le lotte delle donne lo hanno lasciato: e’ la battaglia per la differenza sessuale che ha portato anche alla valorizzazione delle differenze di orientamento sessuale. Il valore sociale che l’amministrazione comunale mette oggi in campo e’ la non-discriminazione, il superamento della “diversita” come negazione di diritti che devono essere eguali per tutti. Ma facciamo un passo indietro.

Tanto il Centro Antiviolenza che dirigo quanto le Case protette sono una filiazione diretta del Centro Donna fondato dalle femministe cittadine agli inizi degli anni Ottanta. Qualche anno prima, era il 1977, alcuni gruppi avevano occupato una vecchia villa abbandonata di Mestre, chiedendo al comune di sostenervi una casa per le donne. Fu la prima battaglia delle femministe veneziane in questo ambito, nacque il Centro Donna allora a gestione congiunta con il Comune. Il Centro esiste dunque da ventisei anni, e sin dall’inizio vi si parlava di case protette, con indirizzo segreto, in grado di assicurare alle donne vittime di maltrattamenti e violenza un ambiente capace di tutelarle in tutti i sensi. Oggi le case sono gestite direttamente dal Comune, tramite un servizio apposito. Le piu’ recenti, due, erano parte del patrimonio immobiliare dei boss della “mala del Brenta” ( che le usavano per riciclare il denaro sporco), e gli sono state sequestrate grazie alla legge sull’utilizzo sociale dei beni sequestrati ai mafiosi. Anche la casa offerta per accogliere Pegah, che per noi e’ una donna maltrattata, fa parte di questo patrimonio sequestrato, e donato alla fruizione della nostra collettivita’.

Come e quanto e’ cambiata in questi ventanni, se e’ cambiata, l’utenza delle Case protette?

La prima Casa risale all’inizio degli anni Novanta, la sua segretezza era totale e sancita dalla delibera comunale che la istituiva. Nessuno, nemmeno la polizia, sapeva dove si trovasse, a quale indirizzo, strada e numero civico erano sbianchettati anche nei documenti comunali. In quella prima Casa avevano trovato rifugio alcune donne maltrattate dai mariti violenti, e altre schiavizzate e violentate dagli sfruttatori. La seconda Casa, quella nata nel 2000, prevedeva accanto ai servizi tradizionali di accoglienza e aiuto medico e psicologico anche nuovi servizi, per esempio la possibilita’per le donne ricoverate di ricevere amici, di seguire corsi per il reinserimento sociale, di iscrivere i figli a scuola.

Nelle due Case che l’assessorato al patrimonio ha messo a disposizione di recente, quelle di cui parlavo prima, verra’ avviata anche un’esperienza di convivenza tra donne di cultura diversa.

In ventanni siamo passati infatti da un’utenza quasi esclusivamente italiana ad una forte presenza di straniere. Sino a poco tempo fa, il profilo della donna che arrivava al Centro era quello di una donna italiana adulta, di media scolarita’, con figli grandi, che decideva di denunciare maltrattamenti e violenze solo perche’ ormai sicura di essersi sottratta al piu’ grande e doloroso dei ricatti: la sottrazione dei figli. Oggi, su circa 400 nuove richieste di aiuto che ci giungono in media ogni anno, e che vanno a sommarsi a quelle gia’ esistenti, il 20% e’ fatto di straniere. Una percentuale che nelle Case sale al 40%, perche’si tratta spessissimo di donne sole, senza una parente cui appoggiarsi, che quando scappano dal loro inferno di violenza quotidiana non hanno veramente piu’ niente e nessuno. Questa nuova emergenza comporta per le operatrici nuove responsabilita: la consapevolezza della violenza subita e’ diversa da cultura a cultura.

Venezia e’ la prima citta’ italiana associata alla International Lesbian and Gay Association. Qual’e’stata la reazione dell’ILGA alla proposta di dare casa a Pegah, come vi ha sostenuto? Cosa vi aspettate adesso?

L’ILGA ha accolto molto favorevolmente la proposta del sindaco, e la sostiene. Abbiano coinvolto sin da subito il suo presidente e il gruppo Everyone, che ci ha costantemente aggiornato sugli sviluppi della situazione. La mobilitazione locale e’ stata condotta dall’Osservatorio GLBT - Gay Lesbiche Bisex Transgeder - anch’esso gestito dal Comune di Venezia, di cui e’ responsabile Franca Bimbi, deputata, consulente del sindaco per i Diritti alla Differenza, che segue da anni questo settore e alla quale si devono tanti obettivi raggiunti. L’Osservatorio e’ molto attivo, soprattutto nelle scuole, tra i ragazzi, con progetti e iniziative che riguardano il superamento degli stereotipi e della discriminazione verso gli omosessuali. In questa occasione, l’Osservatorio ha promosso una serie di azioni per far arrivare in tutte le sedi utili, comprese le autorita’ inglesi e italiane, la notizia della disponibilita’ del Comune di Venezia a dare una casa a Pegah. L’onorevole Bimbi ha anche sollecitato la Rete delle citta’amiche degli omosessuali, GLBT Friendly, a mobilitarsi nella stessa direzione.

Che cosa ci aspettiamo? Certo, di salvare la vita a questa donna iraniana, e di contribuire a restituirle la dignita’ della persona umana, ma siamo tutti convinti che questa non sia solo “una battaglia per Pegah” ma una battaglia di civilta’ per una societa’ piu’ giusta, piu’ egualitaria.

*Da: http://www.articolo21.info/notizia.php?id=5346 - 5 settembre 2007.

* Anne’s Door. La cultura a difesa della vita.


Nel sito, si cfr.:

FRIENDS EveryOnGroeup OF PEGAH EMAMBAKHSH Campaign. Risultati: una rappresentanza legale e politica efficiente e un’atmosfera serena, improntata al rispetto della sua dignità. Ma necessario vigilare e continuare la mobilitazione...

SALVARE PEGAH. CARA "LONDRA" ... L’estradizione di Pegah Emambakhsh non sarebbe semplicemente un’ingiustizia, PER L’INGHILTERRA E L’EUROPA SAREBBE SOLO UN’IMMANE CECITA’ E UNA VERGOGNA PLANETARIA.Un articolo-appello di John Lloyd e (a seguire) una proposta di Salvatore Conte

UNA PREGHIERA PER PEGAH EMAMBAKHSH. Che un Dio generoso porti una voce, un sussurro di chi le vuole bene, una stilla di umanità, la trattenga alla vita, la esorti a resistere. Un messaggio di solidarietà di Salvatore Conte

PEGAH EMAMBAKHSH. LE DUE RAGIONI PER CUI L’"AVVENIRE" NON HA DATO FINORA RISALTO ALLA VICENDA DELLA CITTADINA IRANIANA: IL CATECHISMO DELLA CHIESA CATTOLICA E IL SILENZIO DEI MEDIA INGLESI. La risposta del direttore a una lettera di Fabrizio Spano

Nella rete, si cfr.:

-  PER PEGAH
-  Roberto Malini
-  Salvatore Conte


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