Politica e cultura

Nepotismo florense: Emiliano Morrone rinuncia a uno spettacolo teatrale a San Giovanni in Fiore. La "Notte bianca" esalta. Fa paura, invece, la "morte bianca"

venerdì 31 agosto 2007.
 

Troppo spesso tutto è cultura, in Calabria. E niente è cultura. Lo sono le serate di cocomeri e passerelle. Non lo sono i convegni, pochi, sul tempo, l’essere e il mondo. Oggi la «cultura moderna» - confinato il dibattito sul post-modernismo, senza distinzione fra credenti e atei dichiarati, agli appelli vaticani contro i «nichilisti» Vattimo, Eco e Ferraris - si celebra in tv, e ha il gusto dell’anguria, dei poponi e del vuoto.

Nell’immaginario collettivo, si fissano le icone della nuova santità: uno still di zizze e faccine ridacchianti, eroiche od erotiche posture. Zuzzurro o Pippo Inzaghi, Adriana Volpe o Rocco Siffredi, tutto è utile per divertire e istruire, per abituarci al «meglio del peggio», come diceva Carmelo Bene.

Bene, Bene aveva capito bene l’andazzo del piccolo schermo, e lasciava nulla all’oscenità dell’insensatezza teletrasmessa, amplificata dall’enfasi alienante dell’oggettizzazione del corpo femminile. Allo specifico, Ida Dominijanni, seria e resistente, ha dedicato tanta ricerca e teoria.

Qui, a sud del Sud, è ancora peggio. Il modello berlusconiano dell’antipolitica, dall’estetica - vagamente klimtiana - della stupida girl che galleggia e seduce, è introiettato e desiderato da una massa imponente, che vive del terzo settore o d’assistenza smisurata.

Il confronto su ogni opportunità o urgenza di questa Calabria martoriata è relegato a rare circostanze. Ed è colpa del silenzio di ciascuno, per quanto il consigliere regionale Antonio Acri (Ds) addebiti alle rappresentanze politiche una responsabilità preminente.

La terra del caos e della sfiducia, della disoccupazione e dell’emigrazione, della malasanità e dei servizi a intermittenza, vive nel quieto abbandono della sua gente.

L’estate, poi, è il periodo più indicato per completare l’opera di azzeramento delle coscienze, cui la politica si presta, malgrado gli eterni propositi, bipartisan, di trasformazione e innovazione.

In questo senso, a San Giovanni in Fiore è accaduto un fatto curioso, per usare un eufemismo. Il sindaco Antonio Nicoletti (Sdi) ha chiesto l’approvazione in giunta del programma di una manifestazione estiva, denominata «Notte bianca», organizzata da un gruppo di giovani del suo partito. L’iniziativa, alla sua seconda edizione, puntualmente si tiene per scelta il 4 agosto.

Parte delle poche risorse del Comune vanno alla serata, che prevede diversi concerti e alcuni momenti di poesia e schizofrenia. L’assessore alla Cultura, Giovanni Spadafora, ha minacciato le dimissioni per l’imposizione del sindaco. Sarebbe un fatto democratico il gesto imperioso del primo cittadino? La notizia non è trapelata a sufficienza. Il malcontento del povero Spadafora è evidente, come il suo imbarazzo.

Antonio Nicoletti non ha letto Rapporti di forza di Carlo Ginzburg. Ma evidentemente ne conosce il contenuto, se ha agito pretendendo l’appoggio immediato dell’esecutivo, rispetto a un progetto di suoi fidatissimi elettori che svuota le tasche al Comune.

A chi vuole commentare con obiettività l’accaduto, che non è una sciocchezzuola come parrebbe, non resta che seguire un percorso, quello della logica.

San Giovanni in Fiore è uno dei centri calabresi tristemente noti per l’emigrazione, la disoccupazione e le prebende di Stato. Spadafora organizzò nello scorso marzo un incontro interessante fra studenti del luogo e il filosofo Ermanno Bencivenga. Ci riuscì per un pelo, per scarsezza di moneta. Ora che il primo cittadino gli ha domandato, a vantaggio di suoi protetti, di rinunciare a quel minimo di cassa per l’offerta culturale, è normale che l’assessore si sia urtato. E parecchio, a quanto pare.

Il punto riguarda, dunque, la distribuzione delle risorse. Ma questo, a ben vedere, è lo storico problema della Calabria. C’è sempre quel riprovevole meccanismo per cui il finanziamento è subordinato all’affiliazione. Alcuni diranno che il caso in questione è diverso, proveranno a minimizzare e a rilanciare.

Le politiche culturali non sono mai state condotte con rigore logico, nel paesone della Sila. Ne è prova l’arresto, sbandierato ai quattro venti, di una guida dell’Abbazia florense, accusata di pretendere cifre da capogiro per l’accompagnamento dei turisti nell’edificio sacro. Comunque siano andate le cose, non è da mettere all’indice il malcapitato, che al tradizionale passeggio ha preferito un impegno effettivo.

In Abbazia, c’è un macello: non è fruibile, per via di irrisolte contrapposizioni politiche sugli spazi. Da ultimo, la faccenda della Casa di riposo, dentro la struttura, che l’arcivescovo di Cosenza Nunnari non riconosce ceduta a privati. I quali, sereni, operano da tempo in sostituzione dei delegati diocesani. Anche lì, c’è una simpatia di coalizione, come verso gli attivi ideatori della «Notte bianca».

Al Comune, che è di sinistra, avevo proposto uno spettacolo teatrale sulle morti bianche. La morte spaventa più della notte. Avevo chiesto solo un minimo di fonica e luci. Il resto lo avrei pagato coi miei sacchi, pur di affrontare un argomento che ci tocca da vicino, dato che spesso i nostri operai non sono assicurati, o non vogliono esserlo. Invece, niente, il municipio è pezzente. Dove sono andati i quattrini?

La vicenda della «Notte bianca» mi porta a rinunciare al lavoro teatrale. Coerentemente, non posso accettare che nepotismo o «affinità elettive» - o elettorali - precludano ad altri la possibilità di proporre eventi culturali di significato. Magari altrove inscenerò una satira, dal titolo Al verde, con la Notte bianca.

Roma, 3 agosto 2007

Emiliano Morrone


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