In principio era il Logos: Amore ("Charitas") - non il "Logo" costantiniano ("Deus caritas est", 2006)!!!

GIOVANNI PAOLO II E’ MORTO. LA MESSA IN "LATINORUM" RICOMINCIA!!! E LA "VAN GELIZZAZIONE" ANCHE!!! RATZINGER ORDINA: CON "I FRATELLI MAGGIORI" NON SI DIALOGA PIU’. "PRO PERFIDIS JUDEIS", BISOGNA PREGARE PER CONVERTIRLI. Giudizi di Tullia Zevi e di Giuseppe Laras sul "motu proprio" di Papa Benedetto XVI - a cura di Federico La Sala

Tullia Zevi: "Io penso che sia importante insistere sul rapporto dialogico equipollente, in cui le due parti siano davvero equivalenti, e il dialogo sia veramente dialogico. La mia paura è che si attenui lo spirito dialogico"..
venerdì 8 febbraio 2008.
 

[...] «Il salto di mentalità che dovremmo compiere tutti insieme, al di là delle appartenenze religiose, culturali o politiche, è quello di passare da una cultura della tolleranza a una cultura del dialogo. La tolleranza deve finalmente lasciare il passo al dialogo paritetico tra maggioranze e minoranze. C’è ancora molta strada da fare, ma bisogna proseguire su questo sentiero» [...]


Tullia Zevi a Ratzinger: «O converte o dialoga»

di Umberto De Giovannangeli (L’Unita, 09/07/2007)

La preghiera di conversione degli ebrei ripristinata dal Papa:«Decisione preoccupante, c’è il rischio di non incontrarsi più»

«Sperare nella conversione è legittimo ed è nella natura del cattolicesimo. Ciò che non è accettabile è operare per la conversione. O si converte o si dialoga. Per questo sono preoccupata per il ripristino deciso da Benedetto XVI della preghiera per gli ebrei “da convertire”». A parlare è una delle figure più autorevoli e rappresentative dell’ebraismo italiano: Tullia Zevi, già presidente dell’Unione delle comunità ebraiche italiane. «C’è una premessa di fondo da fare - sottolinea Tullia Zevi - tutto quello che può servire a dissipare gli equivoci e a eliminare gli errori è importante».

«PER QUESTO- sottolinea Tullia Zevi- è importante il dialogo interreligioso, perché nessuno può cedere o ottenere qualcosa senza una costante consultazione reciproca. Il mio timore è che questo bisogno di dialogo venga intorpidendosi».

Partendo da questa impegnativa dichiarazione di principio, le chiedo: come si concilia la necessità del rilancio del dialogo interreligioso con il ripristino da parte di Papa Ratzinger della preghiera per gli ebrei «da convertire»?

«O si converte o si dialoga. Io penso che sia importante insistere sul rapporto dialogico equipollente, in cui le due parti siano davvero equivalenti, e il dialogo sia veramente dialogico. La mia paura è che si attenui lo spirito dialogico. Mi pare che c’incontriamo poco e ci parliamo ancor meno. C’era un segretariato che doveva presiedere i rapporti religiosi tra cristianesimo ed ebraismo: cosa sta facendo per favorire il dialogo? Bisognerebbe che si dessero una svegliata, che costruissero occasioni e luoghi di confronto! Penso anche a un trialogoco che coinvolga anche gli evangelici».

Vorrei tornare sulla preghiera contestata, dalla quale è stato tolto il passaggio che parlava di «perfidi ebrei» , ma resta la preghiera della conversione. Ma questo può conciliarsi con il dialogo?

«No, non può farlo. Nessuno gli può proibire di sperare, ma di chiedere no, di invocare neanche, la conversione. È nella natura del cristianesimo puntare alla conversione, ma ciò che è inaccettabile è operare per essa. Perché questo contrasta con la ricerca del dialogo. C’è poi un altro punto che andrebbe sottolineato...».

Qual è questo punto, signora Zevi?

«La ricerca della conversione è sempre unidirezionale, e quindi è di per sé sbilanciata. Perché noi ebrei non cerchiamo di convertire, per la verità non facciamo neanche degli forzi tremendi per trattenere...».

Lei ha la sensazione che dietro a certi discorsi, dietro a certe «restaurazioni» liturgiche possa annidarsi il virus dell’antisemitismo?

«Non ci sono sintomi esteriori, la speranza di convertire direi che è insopprimibile, perché è la natura del cristianesimo, una religione evangelica, apostolica e “conversionista”. Il cristianesimo, soprattutto il cattolicesimo, chiama a sé. L’importante è che questo “ardore” conversionista non tracimi, non si faccia aggressivo fino a vanificare le ragioni del dialogo. Da questo punto di vista, non vi è dubbio che i rapporti con i valdesi sono meno complicati. Mi lasci aggiungere che questa ricerca del dialogo ha come premessa fondamentale la conoscenza dell’altro da sé: per questo continuo a ritenere fondamentale il ruolo della scuola, che sempre più deve divenire luogo di dialogo e non di evangelizzazione».

Sin qui abbiamo riflettuto sul rapporto interreligioso, sulle speranze e i timori per un suo fecondo sviluppo. Ma c’è qualcosa in più, una sfida di progresso alla quale nessuno dovrebbe sottrarsi?

«Il salto di mentalità che dovremmo compiere tutti insieme, al di là delle appartenenze religiose, culturali o politiche, è quello di passare da una cultura della tolleranza a una cultura del dialogo. La tolleranza deve finalmente lasciare il passo al dialogo paritetico tra maggioranze e minoranze. C’è ancora molta strada da fare, ma bisogna proseguire su questo sentiero».


Giuseppe Laras commenta il «motu proprio» con cui il Pontefice ha reintrodotto il vecchio rito e la preghiera per la conversione

Messa in latino, protesta degli ebrei

di Gian Guido Vecchi (Corriere della Sera, 10/07/2007)

Il presidente dei rabbini: «Il messale di Ratzinger alimenta l’antisemitismo»

MILANO «Ci ho creduto e ci credo ancora, al dialogo. Ci mancherebbe. Però questo è un colpo forte, si torna indietro. Molto indietro. Il motu proprio del Papa, la piena cittadinanza al Messale con la preghiera per la "conversione" dei giudei suona assai pericolosa. Anche se è facoltativa, può alimentare e incoraggiare l’antisemitismo: se li si vuole fare uscire dall’" accecamento", come dice il testo, significa che gli ebrei sono fuori dalla luce. E da lì alla storia dei deicidi il passo è breve». Il professor Giuseppe Laras, rabbino capo emerito di Milano nonché presidente dell’Assemblea rabbinica italiana, è quanto di più lontano da un "falco" si possa immaginare.

È una delle grandi anime dell’ebraismo italiano, docente di storia del pensero ebraico alla Statale, e ha passato la vita a favorire il confronto con i cattolici.

Arrivò a Milano come rabbino capo all’inizio del 1980, gli stessi giorni in cui faceva il suo ingresso come arcivescovo il cardinale Carlo Maria Martini. L’amicizia tra i due, i momenti di incontro e di meditazione biblica comune hanno portato Milano all’avanguardia del dialogo fra ebrei e cristiani. Non è insomma il tipo da soffiare sul fuoco. Per questo il suo allarme è tanto più importante. «Non spetta a noi approvare o criticare i documenti papali, ma credo sia consentito fare delle riflessioni ». Laras parla piano, medita parola per parola, sembra un po’ scosso, «appena letto il testo, ho capito che non è una cosa da prendere alla leggera ».

Il problema è la ripresa decisa da Benedetto XVI del Messale romano in latino, seppure nella versione emendata nel 1962, e con esso la preghiera del Venerdì Santo, il giorno della Crocifissione e morte di Gesù. Eliminate le espressioni «perfidi giudei» e «perfidia giudaica», si prega tuttavia «per la conversione degli ebrei» e resta l’invocazione al Signore «perché tolga il velo dai loro cuori», come il riferimento all’«accecamento di quel popolo» e alle «tenebre» in cui si trova. E questo «è un passo indietro rispetto a Paolo VI, che aveva cancellato quei passi, e un passo indietro nel dialogo, c’è poco da fare», sospira il rabbino.

Il pericolo è duplice: «Da una parte i cristiani potrebbero sentirsi incoraggiati a covare sentimenti antisemiti. Dall’altra si favoriscono coloro che hanno sempre remato contro il dialogo sia fra i cattolici sia fra gli ebrei. Un dialogo che era già abbastanza delicato e fragile ».

Laras, per parte sua, ne sa qualcosa: «Come fra i cristiani, anche nell’ambito dell’ebraismo ci sono componenti che non hanno mai creduto al confronto. Quelli che dicono: Da qui alla storia dei deicidi il passo è breve. Così si torna molto indietro è solo un artificio dei cattolici per attirare gli ebrei e convertirli. E ora arriva questo documento! Tanti sforzi, tanti anni a convincere le due parti ad avvicinarsi e adesso non si può più fare niente...».

Obiezione: ma non è ovvio che ogni religione cerchi di affermare la propria verità? Non sarebbe ipocrita fingere il contrario?

«Ma per carità, con questa linea conversionistica non si va da nessuna parte. Anzi, da una parte sì, specie di questi tempi: il fondamentalismo, le guerre di religione ».

Non è questione di relativismo o meno, considera Laras: «L’atteggiamento di chi pensa che le fedi siano tutte uguali è un’altra faccenda. È chiaro che io affermi i miei convincimenti. Ma non posso usarli per cercare di imporre agli altri la mia fede. Per dire: sono un detentore della verità e voi non contate niente, siete nelle tenebre, vi faremo abbracciare la vera fede! Piuttosto, con molta diplomazia e dolcezza, cerco di mostrare agli altri la bellezza della mia fede. Ma gli inviti alla conversione, per carità...Senza contare che gli ebrei, sull’argomento, sono ipersensibili: e ne hanno ben donde...».

Così lo studioso Laras non capisce perché lo studioso Ratzinger abbia fatto questo. «Ho sempre detto e scritto che Benedetto XVI segue la linea di Giovanni Paolo II, in direzione del dialogo, e non ho cambiato idea. Per questo sono perplesso. Benedetto XVI è un teologo, un intellettuale, sa valutare le conseguenze. Capisco che il Papa volesse ricomporre la frattura con i tradizionalisti, è un grosso problema. Ma pensare di sanare quella ferita scavando nel rapporto tra ebraismo e cristianesimo è una mossa sbagliatissima. Se mi passa l’espressione sportiva, un autogol».

Ora la Chiesa dovrebbe chiarire: «Continuerò a lavorare per il dialogo. Quello vero, che non vuole eliminare le differenze dottrinali, ognuno rimanga nella propria fede!, ma guarda ai tanti punti che abbiamo in comune: la matrice biblica, gli interessi in direzione della pace, la lotta alle ingiustizie. Sono preoccupato e deluso ma penso si debba andare avanti. Però ci vuole un chiarimento: spieghino, ci spieghino. Soprattutto in questo momento, nel mondo, non c’è davvero bisogno di stimolare l’antisemitismo». Il rabbino Laras fa una pausa. E tira ancora un lungo sospiro: «C’è una massima dei maestri molto importante, che ricordo sempre anzitutto a me stesso. Dice: chi è la persona saggia? Colui che sa prevedere il futuro. Non significa scrutarlo come gli indovini, ma saper valutare ciò che dalle proprie azioni o parole potrà venire. Ecco: mai come in questo momento bisogna essere saggi».


Sul tema, nel sito, si cfr.:

-  La costruzione del ’presepe’.... e la ’risata’ di Giuseppe!!!
-  "Va’, ripara la mia casa"!!! Benedetto XVI ha ricordato la conversione di Francesco d’Assisi: «l’ex play boy convertito dalla voce di Dio»... ma ha "dimenticato" la denuncia sul "ritardo dei lavori", fatta da Pirandello già a Benedetto XV.

VATICANO: CEDIMENTO STRUTTURALE DEL CATTOLICESIMO-ROMANO. Benedetto XVI, il papa teologo, ha gettato via la "pietra" su cui posava l’intera Costruzione ... e anche la maschera!

-  ULTIMA CENA ED ECONOMIA VATICANA: LA CARESTIA AVANZA!!! Benedetto XVI "cambia la formula dell’Eucarestia"! «Il calice fu versato per molti», non «per tutti»!!!

-  Benedetto XVI e la crisi del papato in quanto forma istituzionale. "I corvi, il papa e la posta in gioco". Un’analisi di Aldo Maria Valli


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