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San Giovanni in Fiore in giro per il mondo tra le pagine di un filosofo

giovedì 19 aprile 2007.
 

Sono a casa, a Fiore direbbe Emiliano per economia linguistica, a San Giovanni in Fiore dico io, che è più poetico e scenografico. Sono tornato a mezzo autobus, come al solito. Ed in questo viaggio ho avuto l’ennesima occasione di assistere ad una prassi singolare, la prassi che vede la studentessa meridionale, magari di legge, che va al nord a studiare e quando fa ritorno scarica lo stress accumulato sul povero autista, accampando motivi spesso pretestuosi. E allora inizia: “Io pago e vorrei che il servizio sia efficiente, quindi lei dovrebbe adoperarsi...”. Poi sto “lei”: lei di qua, lei di là, lei potrebbe, lei dovrebbe. Ma se l’autista è solo poco più grande e anche conterraneo, perchè tutta sta riverenza? Va bene che andando al nord ci si “civilizza”, ma non c’è bisogno di essere nordici ove le circostanze non lo richiedono. Un po’ di umanità: gli autisti saranno pure poco precisi nelle informazioni, nelle risposte e quant’altro (non hanno fatto corsi di comunicazione col pubblico), però guidano l’autobus che è una meraviglia (alcuni autisti del nord, al contrario, accelerano e frenano in continuazione e ti fanno venire il vomito). Questo credo sia la cosa importante: io mi addormento come se fossi in una culla. Però non vorrei ritrovarmi sotto ad un burrone per colpa di chi sente il bisogno di innervosire l’autista. Vada a questionare, se lo ritiene, con il titolare dell’impresa o - per altre cose se è solo un’esigenza di scaricare lo stess -, che so, col sindaco o col presidente della provincia.

Detto questo che mi sembrava importante, debbo dire che il paese è migliorato. Anche qui, contrariamente ad Emiliano, preferisco parlare di paese, non di città. Certo lui lo fa con l’ obiettivo di “sprovincializzare”, attribuendo ai termini valore qualitativo. Io ritengo che un paese, anche di quattro case e un forno (per cui senza dubbio paese), possa essere all’avanguardia. Molte case sono state pitturate di giallo. Certo non si capisce perché tutte dello stesso colore. Si sono messi d’accordo o esso, il colore ha una qualche valenza politica se non papalina? Forse è finalizzato a sostenere la causa di beatificazione di Gioacchino? Scherzi a parte, finalmente un po’ di colore che ricopre il grigio triste del cemento.

Altre novità ancora non ho conosciuto. Solo due cose. La prima è che nell’ultimo numero del “Corriere della Sila” c’è un articolo, a firma di Saverio Basile, in cui si rimpiange la persona di Vattimo e il fatto che non sia stata eletta. Insomma un articolo posticcio. Lui non è il solo a dire che è stato un errore lasciarselo scappare: il ripensamento è generale e, come molte cose, ci si accorge del loro valore in un secondo momento. La seconda è che gira un fastidioso malumore negli ambienti del Comune, per via di quel caparbio di consigliere comunale, Militerno, il quale per partecipare ai consigli attraversa l’Italia intera. Insomma - andando al dunque - si lamentano perchè gli costa troppo, Militerno. Pertanto, io gli propongo di viaggiare in autostop o in bicicletta. Così il Comune risparmia e i soldi vengono spesi meglio, magari costruendo altre piscine comunali o altri palazzi della cultura o una scuola per poi convertirla in una salagiochi.

Quanto a Gianni Vattimo, leggevo ieri l’ultimo suo libro “Non Essere Dio”, Alberti editore, 2006, un’autobiografia particolare perchè raccontata da lui ma scritta da Piergiorgio Paterlini, nella quale un capitoletto è intitolato “Gioacchino da Fiore”. In esso Vattimo racconta l’esperienza politica a San Giovanni in Fiore. Dice il filosofo: “Ho sempre creduto, politicamente, nelle cose che via via ho fatto. Le ho fatte, insomma, con impegno e convinzione. Ma so benissimo che San Giovanni in Fiore ha rappresentato per me una volta di più l’esperienza della famiglia, la mia invincibile nostalgia. Non avevo più Giampiero, non avevo più Sergio, non avevo i miei assistenti del Parlamento europeo. C’erano i ragazzi di Gioacchino da Fiore”. Tra questi c’ero io, addetto alla propaganda. Non ho mai perso la voce nella mia vita come in quella occasione. Più di ogni altra cosa mi stimolava la sua ironia. Mi ricordo, alla vigilia delle elezioni mi ero tagliato la barba e lui mi disse: “Hai fatto bene, sembri un’altra persona, domani ti fanno votare due volte”.

È stata davvero una bella esperienza, nonostante la sconfitta elettorale. Un’esperienza che voglio chiosare con le parole, che descrivono in sintesi la sua vita, riportate sulla copertina posteriore del libro: “Sconfitto in tutti i luoghi del mondo, non mi sono mai sentito così libero. Alla fine, senza che mai me lo sia detto così esplicitamente e con tanta forza, su tutto io ho cercato la libertà. Per me. Per gli altri. Più ancora dell’amore forse, più della fama e del successo certamente, più del potere di sicuro, io ho cercato la libertà”.

Vincenzo Tiano


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