Educazione dei giovani

I giovani intrappolati da una formazione troppo tipica

sabato 15 gennaio 2005.
 
Anche a San Giovanni, soprattutto. Come al Sud, l’educazione è doppia: affetti e patemi. Premure e pressioni. Spesso, oppressioni. Il padre è attento agli amici della figlia, alla gonna, ai passi. La madre controlla il telefono. Oggi c’è il cellulare. Garantisce il sabato degli adolescenti ma preoccupa. Il figlio ha più spazio. È diverso, è maschio. Qualcuno smentisca, prego. Dica che i tempi passano, ovunque. Aggiunga che la provincia italiana, comunque, è provincia. Il problema va posto. Cresce, da anni, il disagio dei giovani. Qualsiasi comunità deve occuparsi dei suoi ragazzi, dei suoi. È un dovere politico, in primo luogo. Esiste un problema sociale da affrontare culturalmente e con pedagogia. Un’attenta e razionale pedagogia. Dati alla mano, a San Giovanni, fra episodi tragici e piccola criminalità, psicologie inquiete e tossicodipendenza, la situazione è sfuggita di mano. Le famiglie negano, alcuni preti ridimensionano, la politica sostiene il contrario. Gli intellettuali tacciono. Parlino! Che dicono i mezzi di informazione? La gente osserva. Commenta, giudica, inventa. Basta nulla per screditare una sedicenne, per emarginare un ventenne in pieno ardore. La scuola non scende a patti, pare. Trionfa il nozionismo. I programmi vanno finiti. Gli studenti non sanno come si vota, tanti. Fra di loro ci sono maggiorenni. Parecchi vedono lo Stato e il futuro nello stesso modo. Sono lontani, troppo. Abbiamo conosciuto Antonio De Rito, docente di lettere al Liceo scientifico di San Giovanni. Un professore di nuova classe. Lascia sperare bene. Discute, provoca, attualizza. I ragazzi hanno bisogno di sperimentare, di esprimersi. Hanno il diritto di sbagliare. Gli adulti dovrebbero saperlo. Non sono nati grandi. Proibiscono ancora, senza cognizione. Certo non hanno dato esempi e modelli. Hanno costruito male, non solo le case. Diversi lavorano p.g.r., per grazia ricevuta. Insegnano, adesso, che per lavorare non è il caso di seguire le regole buone: impegno, capacità, concorrenza leale. Principî sovvertiti: raccomandazione vale lavoro, conoscenza del politico uguale vantaggio. La Conoscenza è un potere. Certe norme convenzionali si pretendono. Le forme, insomma: la camicia, la messa, l’ufficialità sentimentale, il viso pulito. Le ragazze non devono andare in macchina coi maschi. I rapporti interpersonali limitati dagli ormoni. Come rifiutare l’umanità degli uomini! Genitori accorti e moderni intervengono. Gestiscono il primo bacio. Permane il classismo. Lo accettano, infine, i trentenni, salvati da babbo e mamma. «Quella non andava bene, non era di pari grado». Un giorno invitammo a Perito delle amiche sui trentadue. Occasione culturale: la commemorazione del poeta calabrese Ciardullo, presente Peppe Voltarelli. Rifiutarono. Una di loro lavorava. L’altra non poteva venire da sola, ovvio. Immagine integra. «E, intanto, si va avanti». Che cosa fa la politica?

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