Musica

Imminente ritorno sulla scena musicale di Peppe Voltarelli, pienamente maturo e artisticamente formidabile

lunedì 31 luglio 2006.
 

Peppe Voltarelli sta per riandare in onda, per salire nuovamente sul palcoscenico, per riproporsi cambiato e assai più interessante di prima. Lo abbiamo appreso da fonte certa, in confidenza. Coma si sa, il cantante s’era fermato, dopo la lunga esperienza col Parto delle nuvole pesanti, per esplorare nuove strade, altre sonorità, forme diverse. Trasferitosi a Roma, s’era chiuso in un religioso silenzio, forse dopo aver scoperto Gioacchino da Fiore. Lo dico senza pretese e senza ironia. Già negli ultimi periodi trascorsi nella band calabro-bolognese che aveva formato, lo si notava come proteso verso una dimensione comunicativa più diretta e non collegata a un impegno politico obbligatorio. Voltarelli è sempre stato sui generis, un artista dal talento immisurabile e, nel contempo, assolutamente punk nelle scelte, nel linguaggio dell’ordinario, nella fermezza delle risposte a problemi pratici di varia natura. Ingiustamente accusato da più parti di essere trash e Kitch nelle sue manifestazioni estetiche, continuava ad esprimere un certo, notevole disgusto, da artista e uomo, per alcune forzature politicamente indirizzate in ambito musicale e teatrale. Non tollerava la finzione, il calcolo, l’adesione a un programma ideologico - che pare gli venisse imposta -, allo scopo d’essere riconosciuto, per rapida catalogazione, quale continuatore d’una riedizione - ridicola - del cantautorato di sinistra. E lui, che come tutti gli adepti del pensiero debole, non digerisce d’essere inquadrato, imprigionato, costretto a recitare la parte del bravo sindacalista suonatore, ha mollato la maschera e l’etichetta di artista schedato, assegnata colpevolmente perfino da parte della stampa, acritica e compiaciuta. Una decisisione scomoda e difficile: non si rinuncia così a una popolarità consolidata e garantita. Lo fa soltanto chi ha motivazioni forti e argomenti da esporre. Lo fa chi ha fegato e conosce le sue risorse, le sue possibilità, le sue qualità. Siamo sicuri che Voltarelli abbia imboccato una via giusta, rispettando in primo luogo la sua vocazione artistica. Niente di personale cogli amici del Parto, se non, forse, un’insanabile incompatibilità caratteriale con Salvatore De Siena, rispettabile quanto imprevedibile. Oggi Voltarelli propone pezzi più orecchiabili, alla portata di tutti; i quali non hanno l’effetto particolare della musica etnica delle origini ma ci restituiscono tutte le sfumature dell’artista poliedrico, cimentatosi nel cinema, nel teatro, nei soggetti gagliardi per il regista Gagliardi, nella comicità - scriverebbe Bencivenga, per esaltarla - da quattro soldi. C’è, nelle ultime tracce di Voltarelli, prossime all’uscita, il bagaglio pesante di anni di fatica, di lezioni mai sottovalutate, come quella di Lolli, di incontri felici e carichi di tensione - leggi fratelli Cauteruccio e, può darsi, la meteora illuminante di Gianni Vattimo. C’è il pathos non retorico del meridionale calabrese che intende spaccare, c’è il suo girovagare per "i bordelli" di umanità come faceva De Andrè. C’è, poi, il senso della misura appreso in anni di teatro, la cognizione dello spazio scenico, del fuori campo della macchina da presa e dei bisogni del pubblico - acquisita, questa ultima, fra letture di Deleuze, Derrida, Schopenhauer e sperimentazioni continue. Ma c’è anche l’ironia leggera di chi vuole saper vivere, quella stessa che definisce la cifra più autentica di uno degli intellettuali più grandi del nostro tempo, Gianni Vattimo. Noi abbiamo avuto il privilegio di ascoltare i pezzi del prossimo disco del nuovo Voltarelli. Assicuriamo che sono fantastici, che trascinano e fanno liberare la mente e l’anima. Ci sembra di poter affermare che Voltarelli abbia inconsapevolmente praticato, in questo lavoro da solista di cui non anticipiamo il titolo, le raccomandazioni di Bene all’attore. Amplificata la voce, volutamente instupidito, svestito dell’abito barocco dell’intellettuale, a suo modo artaudiano, osceno nel senso etimologico della parola, lontano dal recitare, sublime. Un capolavoro di se stesso. Finalmente grande e non duplicabile. Personale, autenticamente vero.

Emiliano Morrone

nichilismopuro@libero.it


Rispondere all'articolo

Forum