Economia-politica

Rapporto sui salari nel triennio 2002-2005: una politica fiscale che ha premiato i più ricchi e penalizzato i più svantaggiati

mercoledì 19 luglio 2006.
 

Salari a picco: 1600 euro in meno in tre anni*

Quasi 1600 euro di stipendio in meno in tre anni. Una cifra non da poco per un lavoratore dipendente con uno stipendio medio di circa 24mila euro lordi all’anno (2mila euro lordi al mese). Soprattutto calcolato che, dei 1600 euro, mille se ne sono "andati" semplicemente per la perdita secca di potere d’acquisto accumulata in quattro anni di governo di centrodestra e 565 euro per la mancata restituzione del fiscal drag.

A fare i conti in tasca ai lavoratori italiani è il rapporto sui salari nel triennio 2002-2005 presentato dall’istituto Ires-Cgil e basato sulla rielaborazione di dati Istat e della Banca d’Italia. Lo studio punta il dito soprattutto sul divario fra inflazione reale e inflazione programmata. Ma anche su una politica fiscale che ha premiato i più ricchi e penalizzato i più svantaggiati.

Tra 2002 e 2003 - rileva l’Ires - l’inflazione programmata è stata infatti la metà di quella reale. E anche se dal 2004 i contratti rinnovati hanno recepito l’opzione sindacale di utilizzare l’inflazione attesa, nel quadriennio, per i salari di fatto emerge un bilancio in perdita dell’1%. Tradotto in entrate: -1.425 euro per le famiglie con capofamiglia operaio, - 1.434 euro per quelle con capofamiglia impiegato. Che diventano- 1.647 euro su uno stipendio medio lordo di 24.584 euro l’anno.

Ma non è tutto. A questa tendenza al ribasso si contrappone infatti una crescita del potere d’acquisto delle famiglie degli imprenditori e dei liberi professionisti: +9.053 euro. Tanto è che il rapporto Ires evidenzia anche un forte sbilanciamento nella distribuzione delle ricchezze: il 10% delle famiglie più ricche possiede il 45,1% dell’ammontare della ricchezza netta. «Con le manovre fiscali del Governo di centrodestra - commenta il presidente dell’Ires Agostino Megale - si è registrato un ulteriore allargamento della forbice a sfavore dei bassi redditi».

Secondo i dati della Banca d’Italia, presi a riferimento nel rapporto, sono circa 6,5 milioni i lavoratori che guadagnano meno di 1000 euro netti al mese e circa 10 milioni i pensionati che ne guadagnano meno di 800. L’Ires-Cgil punta l’accento sulle forti differenze emerse. Le lavoratrici dipendenti hanno infatti una retribuzione media annua lorda di 20.105 euro, circa il 18,2% in meno del dato nazionale, mentre i giovani guadagnano in media il 24,5% in meno (18.564 euro), i lavoratori del Mezzogiorno il 30,2% in meno (17.161 euro) e i lavoratori immigrati il 38,6% in meno (15.101 euro). «Ci sono troppe condizioni svantaggiate - ha sottolineato il segretario della Cgil Epifani -che penalizzano i giovani, le donne e il Mezzogiorno. È arrivato il momento «di mettere al centro la questione dello sviluppo e del sostegno a una diversa distribuzione della ricchezza prodotta».

Ma una buona notizia per i lavoratori c’è. Secondo l’Ires il famigerato decreto Bersani produrrà un risparmio annuo per le famiglie di circa 667 euro. I risparmi, secondo il rapporto, si quantificano così: 154 euro in meno per tasse e spese per le banche, 190 euro risparmiati in spesa per consumi, 105 euro sui costi per le libere professioni, 95 euro di indennizzo e costi delle assicurazioni, 40 euro per passaggi di proprietà dei veicoli, 85 euro in farmaci, 9 euro per spesa per trasporti (taxi). Che però diventano 120 per gli utenti abituali.


* www.unita.it, Pubblicato il 19.07.06


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