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ANTONIO GRAMSCI, SULLA "ZATTERA DELLA MEDUSA". Una lettera dal carcere: una grande lezione di vita, di pensiero, e di libertà - di Federico La Sala.

sabato 6 febbraio 2021
Premessa
ROMOLO AUGUSTOLO: L’ITALIA NON E’ NUOVA A QUESTI SCENARI. C’E’ CAPO E "CAPO" E STATO E "STATO": MUSSOLINI E LENIN A CONFRONTO.
L’analisi di Gramsci (già contro le derive staliniste!), una bussola per non naufragare e una lezione di vita e di libertà
ANTONIO GRAMSCI (1891-1937) (...)

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> ANTONIO GRAMSCI, SULLA "ZATTERA DELLA MEDUSA". --- L’ospitalità e la umiliante carità (di don Aldo Antonelli)

sabato 20 luglio 2013

      • «L’Italia è il paese classico dell’ospitalità (...). Ma lo spirito evangelico non ha saputo trasformarsi nella forma moderna della solidarietà e dell’organizzazione disinteressata e civile (...). L’assistenza, che è un diritto, diventa un regalo, una umiliante carità, che si può e non si può fare» A. Gramsci, Odio gli indifferenti, pp.13 e 14).


L’OSPITALITA’

di don Aldo Antonelli

Chiuso il giornale, la cui lettura ha buttato sale sulle ferite, mi sono messo in tenuta da footing e me ne sono andato in aperta campagna, a disintossicarmi l’animo, oltre che ossigenare il fisico. Cammin facendo, ho riflettuto sulle letture della liturgia di domani e mi sono venute a mente delle riflessioni di cui vi faccio partecipi.

Il tema, comune alla prima e alla terza lettura, è indubbiamente quello dell’ospitalità.

Ora , già il termine sembra risultare equivoco, dal momento che viene associato più ad una "libera scelta", che non ad un "civile dovere", così come lamentava già il 7 gennaio 1918 Antonio Gramsci che scriveva: «L’Italia è il paese classico dell’ospitalità (...). Ma lo spirito evangelico non ha saputo trasformarsi nella forma moderna della solidarietà e dell’organizzazione disinteressata e civile (...). L’assistenza, che è un diritto, diventa un regalo, una umiliante carità, che si può e non si può fare» (Odio gli indifferenti; pp.13 e 14).

L’ospitalità offerta da Abramo ai tre sconosciuti sta a significarci che l’ospitalità non è quella che riserviamo ai familiari, agli amici, che, grosso modo, sono sempre un pò parte di noi stessi, bensì quella che riserviamo al diverso, allo sconosciuto. Verso il quale, poi, (seconda riflessione) dovremmo assumere non tanto un atteggiamento faccendiero di “aiuto”, ma un atteggiamento attento di “ascolto” (La Marta e la Maria del vangelo....).

Parafrasando Jabès, possiamo dire che «il sapiente è colui che ha percorso tutti i gradi della tolleranza e ha scoperto che la fraternità ha uno sguardo e l’ospitalità un orecchio» (Edmond Jabès dice “una mano”...). Perché il diverso ha bisogno di essere ascoltato per essere capito, più che servito per essere aiutato.

«Ospitale è il soggetto la cui casa non è il luogo dove egli abita nel chiuso del rapporto da sé e sé, ma lo spazio che si apre all’altro e nelle cui porte la chiavi non chiudono, come vuole l’etimo del termine italiano, ma sono strumenti che aprono, come vuole l’etimo del termine ebraico, patah, che vuol dire disserrare e perciò aprire». (Carmine Di Sante Lo Straniero nella Bibbia; p.100).

Un’ultima riflessione, dalla prima lettura: il primo ritorno dell’ospitalità è un arricchimento personale. Colui che ospita è più quello che riceve che quello che dà...; soprattutto in termini di paternità, come Abramo.

Buona domenica.


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