Si può amare solo a partire dalla propria castrazione
IL FALLO E L’AMORE
DI DOTT. ERRICO EGIDIO TOMMASO (• ott 05, 2024).
In psicoanalisi, soprattutto in quella lacaniana, il Fallo non è l’organo sessuale maschile in quanto tale, anche se da quello prende le mosse.
Il Fallo è invece un significante. Un significante di cosa? Possiamo dire di tutti i significanti, ovvero il significante del fatto che l’essere umano, raggiunto dalla parola, è, come dice Lacan, un soggetto diviso, diviso dalla sua natura animale e istintuale, separato da essa e assoggettato alla parola, vale al dire al Significante. Dal momento che l’azione separativa del soggetto dalla sua natura, cioè dal suo corpo biologico, ad opera del significante, è propriamente ciò che, nella psicoanalisi lacaniana, è detta castrazione, ecco che il Fallo è il significante ultimo della castrazione e, quindi, di ciò che viene meno, che si perde, che viene a mancare. Quindi il significante di una mancanza.
L’azione del significante non si limita però a separare il bambino dalla sua natura biologica per sottrarlo all’istinto e consegnarlo alla parola, non si limita ad infliggergli una perdita di godimento del corpo per dargli in cambio il privilegio della parola, ma lo separa anche dal corpo materno con il quale è originariamente confuso in quella dimensione di godimento incestuoso condiviso con la madre che Lacan chiama fallo immaginario e che designa con (φ).
Ora, è proprio per questo che Lacan indica la castrazione con -φ, per sottolineare che si tratta del venir meno del fallo immaginario (φ), e anche per indicare la faglia che consegue a questo venir meno, alla castrazione, sia nei termini della divisione del soggetto ($) e sia nei termini di una perdita dell’ oggetto materno, dell’oggetto di godimento, che Lacan chiama oggetto piccolo a, oggetto che gli resterà in parte come con un resto di godimento, un plus godere.
Questa condizione di mancanza che consegue alla castrazione ad opera del significante, è fondamentale affinché possa avviarsi quel processo che Lacan chiama della significazione fallica, vale a dire quel processo di simbolizzazione della mancanza effetto della castrazione, e che porterà alla costituzione ora del Fallo simbolico (ɸ), in sostituzione del fallo immaginario (φ) della madre ormai perduto.
E dunque, è solo nella misura in cui, per effetto della castrazione, ovvero dell’azione separativa del significante, si determinerà una perdita di corpo e di godimento, ossia un -φ, che si potrà produrre in opposizione simbolica il Fallo simbolico(ɸ), in quanto significante della mancanza e poiché, come dice Lacan, il desiderio è la metonimia della mancanza, significante anche del desiderio.
Tutto questo significa, per dirlo nella maniera più semplice, che, se non si produce mancanza, non può prodursi neanche desiderio e che il desiderio è quindi l’effetto principe della castrazione.
Per questo, allora, il Fallo è da considerarsi come un’insegna, un tratto che indica, non che qualcosa c’è, ma che, al contrario, da qualche parte qualcosa manca. E dove è che manca? Manca sul versante femminile. Su quello maschile si ritiene che invece ci sia, ma solo perché viene confuso con l’organo, e dunque è come se fosse destinato a non esserci anche nell’uomo, poiché anche nell’uomo il Fallo è ciò che dice che da qualche parte esso manca.
Questo significa che l’uomo, pur avendolo, ma trovandosi interamente all’interno della significazione fallica, anzi portandone l’insegna, riceve costantemente l’indicazione che altrove il fallo non c’è e dunque l’uomo non può che vivere la propria condizione fallica se non come ciò che gli dimostra la castrazione, che gli dimostra ciò che può venire anche a mancare, ed è esattamente per questo che l’uomo è angosciato dalla detumescenza del suo pene e dal fatto che, non potendo disporne come vuole, ha bisogno continuamente di verifiche e di rassicurazioni sulla propria virilità.
La donna, dal canto suo, invece, è solo lambita dalla significazione fallica, vale a dire non è del tutto da essa compresa - per questo Lacan dirà che la donna è "non tutta"- dunque non ha nulla da temere, non può perdere nulla, e a chi non può perdere nulla non manca nulla: alla donna non manca nulla, dice Lacan. E tuttavia, dal momento che la donna in parte guarda anche lei all’insegna fallica, fa comunque fatica a riconoscersi come quella che, avendo una mancanza, non ha nulla da perdere e dunque nulla da temere. Pensa invece che deve fare di tutto per averlo anche lei, magari prendendoselo dall’uomo, ma per attribuirselo, non per goderne, come è proprio dell’isterica.
Alla fine l’uomo e la donna rischiano di essere entrambi ossessionati dall’obbligo averlo e basta, pensando che sia nell’avere la soluzione della castrazione. Non sanno che la soluzione, invece, sta nel riconoscere, entrambi, di non averlo (cosa per la quale la donna è un po’ più facilitata), di non avere cioè proprio più nulla da perdere per il semplice motivo di essere già nella perdita, di essere entrambi, ognuno a proprio modo, già mancanti, di essere cioè, entrambi, l’uomo e la donna, nella castrazione.
E non sanno che solo questa è la via dell’amore tra un uomo e una donna, essendo l’altra, quella dell’avere, la via della competizione. In poche parole l’amore può darsi solo nel versante femminile, dal lato cioè della mancanza. Per questo amare è più difficile per un uomo, che non per una donna. Per questo amare - come dice Lacan - è dare quello che non si ha.