Il capo dei vescovi tedeschi ammette "La Chiesa ha nascosto gli abusi"
La stampa: Benedetto XVI sapeva e taceva. Indagati 14 sacerdoti
Mea culpa del cardinale Zollitsch
Centinaia i casi denunciati ma sarebbero migliaia
di Andrea Tarquini (la Repubblica, 22.03.2010)
BERLINO - «Sì, è vero, la Chiesa ha nascosto casi di abusi sessuali per anni. È un problema di tutta la società, ma ognuno di questi casi oscura il volto della Chiesa». La clamorosa ammissione viene, per la prima volta, dal presidente della Conferenza episcopale tedesca, monsignor Robert Zollitsch. Nella patria del pontefice, il cattolicesimo, la Chiesa e le sue istituzioni sono ormai sprofondate in una crisi ogni giorno più grave. Almeno 14 religiosi sono indagati dalla magistratura per sospetto di abusi o violenze su minori, e 250 sono i casi accertati tra gli anni Cinquanta e Ottanta, quindi in maggioranza prescritti.
E l’edizione cartacea di Der Spiegel rincara il tono delle accuse al Papa in persona già lanciate sabato, e riportate da Repubblica: quando era vescovo di Monaco e Frisinga, Joseph Ratzinger sapeva che padre Peter Hullermann, trasferito da Essen a Monaco, aveva precedenti pedofili. Esaminò i dossier, accettò il suo trasferimento, per dargli ospitalità e seguire una terapia. Ma appena due settimane dopo il suo arrivo in Baviera, il sacerdote - con ogni probabilità all’insaputa di Ratzinger - era di nuovo attivo: diceva la messa, era a contatto con minori.
Quattordici religiosi indagati, è quanto dicono le procure che hanno accettato di fornire dati su inchieste su sacerdoti. Altre tacciono. E soprattutto tacciono ancora, oppresse dalla vergogna, molte vittime. Per cui il numero degli abusi, ufficialmente di qualche centinaio, secondo fonti vicine allo stesso mondo cattolico potrebbe essere anche di venti volte superiore.
La confessione di monsignor Zollitsch - in un’intervista al settimanale conservatore Focus che esce oggi - è una svolta. «Da anni ormai seguiamo una pratica del tutto diversa, ma sebbene l’intera società abbia taciuto e rimosso per decenni e la maggior parte degli abusi sia avvenuta fuori dalla Chiesa, provo vergogna e spavento davanti a un numero così elevato di casi commessi nelle nostre istituzioni», dice il presidente della Conferenza episcopale. «Spesso le vittime non sono disposte a denunciare gli atti di violenza subìti, e questo per noi è un problema morale, perché noi siamo interessati a portare i responsabili davanti al giudice, affinché con un processo si arrivi a una sentenza».
Un altro caso grave è emerso al Windsbacher Knabenchor, un’istituzione protestante. Dove, almeno fino al 2004, ai ragazzi venivano somministrate botte da orbi, secondo i media tedeschi.
La posizione del Papa, anche dopo la sua lettera, è difficile in patria. «Ratzinger, figlio di un poliziotto, sapeva che nessuno (nella Chiesa) aveva mai chiamato la polizia», accusa Der Spiegel. E continua: non solo a Monaco, ma anche più tardi a Roma, come prefetto della Congregazione della dottrina della fede, si lasciò sfuggire la possibilità di affrontare il problema. Una vittima - una donna oggi sulla quarantina, abusata da un sacerdote e poi da un altro da quando aveva dieci anni - ha detto ieri: «Per la lettera del Papa provo solo disgusto e rabbia, questi freddi vecchi uomini non vogliono modificare le strutture della Chiesa, soprattutto riguardo alla sessualità». Un clima pesante, e alcuni prelati reagiscono oltre misura. Il vescovo di Ratisbona, Gerhard Ludwig Mueller, ha accusato ieri i media di «attaccare la Chiesa come facevano i nazisti con le loro campagne contro il cristianesimo».
Parla Christian Weisner, leader del movimento dei cattolici critici "Wir sind Kirche"
"Crisi da affrontare con urgenza il Pontificato mai così oscurato"
Dobbiamo accettare che gli stupri sono un problema globale cui serve una risposta globale di A. T. (la Repubblica, 22.03.2010)
BERLINO - Christian Weisner, leader di Wir sind Kirche la Chiesa siamo noi (il forte movimento dei cattolici critici), è deluso dalla lettera del Papa ma esorta a incoraggiarlo a fare chiarezza fino in fondo. È la grande chance, altrimenti la crisi acquisterà qualche parallelo con quella del socialismo reale sovietico.
Signor Weisner, come giudica la lettera del Papa?
«Il dramma della violenza sessuale viene affrontato con grande apertura. È inusuale per un pontefice. Ma sulle cause e i consigli per la prevenzione futura purtroppo è molto deludente. Egli è all’inizio della presa di coscienza. Lui vede più le tendenze secolari mondiali nella morale come cause, e mi sembra mostruoso anche che veda una falsa lettura del Concilio Vaticano II come concausa. Allora lavorò per il Concilio ma oggi cerca di tornare a più tradizione che innovazione».
E non una parola sulla Germania. Che ne dice?
«Un silenzio accettabile, ma i tedeschi si aspettavano almeno una parola di compassione per le vittime tedesche quando il Papa il 12 marzo ricevette il rapporto dei vescovi tedeschi. Purtroppo il Papa tacque allora e tace in questa lettera. Posso in parte accettarlo, riguarda la ben più grave situazione irlandese. Ma tutti noi cristiani, da ogni fedele al Papa, dobbiamo accettare che la violenza sessuale contro bimbi, minori o donne nella Chiesa è un problema globale e necessita d’una risposta globale».
Il pontificato di Benedetto è in pericolo?
«La crisi deve essere affrontata con urgenza. Mai, nemmeno nei secoli più bui, la luce del Vangelo è stata tanto oscurata come oggi, lo scrive anche il Papa. È cosciente della gravità del problema. Ma la crisi non finisce così. Nessuno chiede le sue dimissioni. Tutti nella Chiesa, vescovi e cardinali, devono aiutarlo in questa tempesta. Egli non ha ancora individuato i problemi strutturali».
Ritiene il Papa responsabile di silenzi e insabbiamenti?
«Vedo una corresponsabilità. Dirlo non è chiederne le dimissioni, ma un vescovo deve avere un’alta autorità morale ma anche amministrativa. Manager e politici pagano gli errori dimettendosi, nella Chiesa c’è la riconciliazione. Ma se lui riconoscesse sue responsabilità, ciò gioverebbe alla sua autorità e a quella della Chiesa».
La difesa del sistema non ricorda l’autunno del socialismo reale sovietico?
«Anche all’Est mancava, ai vertici, la consapevolezza della gravità della crisi. Paralleli ci sono, tra sistemi centralisti e gerarchici, con dogmi. La differenza che mi fa sperare è che cristianesimo non è solo strutture centraliste, ma messaggio di Gesù. Se il sistema entra in una crisi di quel tipo, il messaggio cristiano resta, ben più vitale del socialismo. Ma la mancata riforma della Curia è stata un grave errore». (a.t.)
Il segretario di Stato, Tarcisio Bertone: "Si diffonde un atteggiamento di anti-cristianesimo"
Il Papa: "Fermezza sul peccato ma indulgenza con i peccatori"
Attesa per quello che dirà oggi il cardinale Bagnasco sulla situazione in Italia
di M. Ans. (la Repubblica, 22.03.2010)
CITTA’ DEL VATICANO - «Impariamo a essere intransigenti con il peccato, a partire dal nostro, e indulgenti con le persone». All’Angelus di ieri in piazza San Pietro, il Papa preferisce non tornare sulla Lettera pastorale ai cattolici d’Irlanda, presente già sulle prime pagine dei giornali di tutto il mondo. Ma gli echi di un messaggio unico nella sua forma sono ancora nelle orecchie di tutti, fedeli e non.
Prendendo spunto dal celebre brano evangelico dell’adultera, e dalla famosa frase di Cristo «chi è senza peccato lanci la prima pietra», Ratzinger ha esortato a imparare «da Gesù a non giudicare e a non condannare il prossimo». La folla, oltre 50 mila persone, ha lanciato un fragoroso applauso quando Benedetto XVI ha ricordato Papa Wojtyla attraverso l’evento di domenica prossima: «Il 25esimo anniversario dell’inizio delle Giornate mondiali della Gioventù, volute dal Venerabile Giovanni Paolo II».
A tornare sulla Lettera è stato il segretario di Stato, cardinale Tarcisio Bertone: «Molto bella speriamo che venga capita a cominciare dai giornalisti e da tutti i destinatari», facendo così intendere che la missiva pontificia ha una valenza capace di oltrepassare i confini irlandesi.
Parlando poi della necessità di armonia fra vita attiva e contemplativa espressa da San Benedetto, Bertone ha affermato che «oggi sembrano diffondersi in forma strisciante atteggiamenti di anti-cristianesimo radicale e micidiale in tutta Europa», dove c’è «un diffuso deficit di etica».
Un commento interessante alla Lettera è stato poi quello dell’arcivescovo di Chieti Vasto, monsignor Bruno Forte, considerato dagli osservatori come un teologo progressista. «C’è una forza, una chiarezza nel dire le cose - ha detto alla Radio Vaticana - che mi sembra assolutamente salutare, liberante; nello stesso tempo, però, c’è un velo di misericordia che guarda anche al colpevole, al carnefice, proprio perché ne vuole la redenzione». Forte ha considerato come condivisibili le cause indicate dal Papa per spiegare i troppi casi di abusi sessuali avvenuti negli anni ‘70 e ‘80 del post Concilio Vaticano II, come un indebolimento della fede che ha fatto venir meno la necessaria vigilanza.
C’è attesa dunque per oggi per quello che dirà sul testo pontificio e sulla situazione in Italia anche il presidente della Cei, cardinale Angelo Bagnasco, che aprirà i lavori del Consiglio episcopale permanente.
Svizzera. Il consiglio del priore: registro consultabile dei religiosi pedofili (l’Unità, 22.03.2010)
Un registro dei sacerdoti sospettati di pedofilia che possa essere consultato dai vescovi in tutto il mondo per prevenire nomine di sospettati di abusi sessuali. Lo suggerisce al Vaticano Martin Werlen, membro della conferenza episcopale svizzera e priore dell’abbazia benedettina di Einsiedeln. Il priore teme «che la gerarchia cattolica a Roma non abbia preso abbastanza sul serio la situazione... È in gioco la nostra credibilità». Nel monastero di Einsiedeln, in Svizzera, cinque monaci sono stati coinvolti in casi di abusi o molestie sessuali dal 1970. La Chiesa svizzera sta esaminando «con serietà» almeno nove casi di presunti abusi sessuali negli ultimi anni.
Appello a tutti coloro che hanno subito violenze da
parte dei religiosi, appuntamento il prossimo settembre
"Basta col silenzio anche in Italia"
nasce
l’associazione delle vittime
All’incontro già molte le iscrizioni da Brescia, Mantova e Verona
Caso agghiacciante a Chievo: piccoli sordomuti violentati dai sacerdoti
di Marco Ansaldo (la Repubblica, 22.03.2010)
CITTA’ DEL VATICANO - Il senso del programma è già nel titolo: "Anch’io ho subito violenza dal prete". E il manifesto scelto, solo in apparenza un paradosso: un bambino che porta la sua croce, trascinandola sulla tonaca nera di un sacerdote impassibile. La rabbia delle vittime è tanta, covata a volte per decenni, e le parole forti usate dal Papa nella sua Lettera pastorale contro i preti pedofili sono appena un balsamo sulle ferite ancora aperte.
Adesso però basta con il silenzio. Anche in Italia, i genitori di bambini abusati dai sacerdoti hanno deciso di reagire. Gruppi di famiglie si sono mobilitati organizzando, per il 25 settembre, a Verona, il loro primo incontro. E hanno chiamato a raccolta tutti coloro che sono stati abusati, molestati, violentati dai sacerdoti in seminari e parrocchie. Un raduno che avrà come titolo "Noi vittime dei preti pedofili". Nel Nord Italia, fra Brescia, Mantova e Verona, sono tante le persone che stanno iscrivendosi all’incontro, attraverso l’indirizzo mail lacolpalibero. it.
Un’iniziativa sorta anche con il contributo dell’Associazione "Antonio Provolo" di Verona, da decenni impegnata nel sostegno a bambini sordi, che lo scorso anno ha denunciato decine di casi di bambini abusati dai sacerdoti. Spiega il loro portavoce udente, Marco Lodi Rizzini: «Molta gente si vergogna di avere subito violenza, anche se la colpa non è loro. Scopo di questa iniziativa è di dare il coraggio di uscire allo scoperto. Noi indichiamo una strada. Poi la giustizia farà il suo corso».
Agghiacciante è il caso di quest’istituto di Chievo, dove per trent’anni, fino al 1984, molti piccoli sordi e muti furono abusati dai sacerdoti. «Bambini - ricorda Lodi Rizzini - messi in istituto dalle famiglie, e che ovviamente non potevano esprimersi e spiegare quel che accadeva». Sevizie patite nei luoghi più sacri, dentro i confessionali o dietro gli altari. Lo scorso anno 15 di loro, ormai fra i 40 e i 70 anni, hanno infine pubblicato le violenze subite, con tanto di firme e testimonianze video. Per tre anni l’istituto aveva chiesto inutilmente l’intervento della Curia di Verona.
Ora il vescovo Giuseppe Zenti, denunciato dall’Associazione, dovrà presentarsi in tribunale per un’udienza fissata dai magistrati il 9 giugno prossimo. «La triste storia in cui ci troviamo - dice a Repubblica una delle famiglie del Nord Italia coinvolte negli abusi - ci ha insegnato che per le vittime e per i parenti delle vittime è di aiuto il confronto con altre persone che hanno attraversato il medesimo dramma. Nel caso poi di violenze perpetrate da religiosi si aggiunge la sofferenza del rapporto con l’istituzione ecclesiastica. Così abbiamo pensato di tentare un collegamento fra noi».
All’incontro di Verona saranno presenti dei professionisti per un confronto sulle questioni psicologiche, sociali e legali. Una mobilitazione concreta anche sul piano operativo. Le famiglie hanno compilato un data-base, con i casi già noti in Italia e pubblicati sui giornali negli ultimi anni, e una bibliografia ragionata su libri e testi che hanno approfondito la pedofilia ecclesiale.
Ma il fenomeno è trasversale in Italia. E molto spesso è lo stesso fronte cattolico a tenere utilmente conto di numeri, dati e statistiche. La rivista Il Regno, quindicinale di attualità e documenti edita a Bologna dai sacerdoti dehoniani, enumera decine di casi nel periodo 2005-08. L’Associazione "Meter" di don Fortunato Di Noto, da anni attiva a Palermo contro la pedofilia, ha seguito solo lo scorso anno 824 casi di abusi con il supporto psicologico dei propri volontari. E adesso un’altra organizzazione, "La caramella buona", di Reggio Emilia, attraverso il suo presidente Roberto Mirabile vuole di più: «Che il Papa vada oltre la giusta presa di posizione sui preti pedofili nel mondo, e chieda ora ai vescovi italiani di fare chiarezza su troppi episodi oscuri a casa nostra».