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DEMOCRAZIA ED EQUI-LIBRIO: UOMINI E DONNE IN POLITICA. L’Italia solo 48esima!

giovedì 6 luglio 2006 di Federico La Sala
[...] rispetto al 2001 - annus horribilis - siamo migliorati, e parecchio. Dopo le politiche di allora - quando vinse il centrodestra e Berlusconi diventò premier - l’Italia si trovò retrocessa al 66esimo posto. Oggi - governo Prodi e maggioranza di centrosinistra - siamo risaliti di una ventina di posizioni, ma questo lento avanzare verso una democrazia più equa nella gestione della cosa pubblica, non ci colloca ancora tra i Paesi più evoluti[...] (...)

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mercoledì 22 novembre 2006

Ricerca del World Economic Forum, realizzata da Hausmann e Tyson

Status delle donne, l’Italia è in ritardo

Siamo al 77° posto su 115 paesi. Solo Cipro è più indietro nell’Ue, ci superano anche molti paesi in via di sviluppo *

Se volete sapere chi, nel mondo, sta andando bene, chi così e così, chi decisamente male, la cosa può essere riassunta in questo modo: l’Italia tende al malaccio, i Paesi dell’Europa del Nord vanno bene come anche Germania e Gran Bretagna, quelli del Medio Oriente sono in guai seri e per il resto siamo su un pianeta sorprendente, dove per esempio le Filippine, ma non solo esse, avranno probabilmente un futuro molto migliore del presente. Lo si capisce da una classifica pubblicata oggi sullo status della condizione femminile in 115 Paesi che coprono il 90% della popolazione mondiale.

Ancora un volta, si tratta di una classifica, di quelle che fanno discutere e nella Penisola si tende a mettere sotto il tappeto. Ma che in questo caso è importante per almeno due ragioni. Prima di tutto, lo status delle donne nel mondo non è solo una questione di parità ma oggi può essere preso come un indice (certo non perfetto ma molto significativo) delle prospettive di un Paese: sia la loro partecipazione all’economia che alla politica sono infatti elementi chiave della crescita, sia nei Paesi avanzati sia in quelli in via di sviluppo. Detto diversamente: chi, nell’era della globalizzazione, non chiude il gap tra la condizione delle donne e quella degli uomini è destinato a soccombere. In secondo luogo, l’indice sul quale è costruita la classifica è piuttosto serio: pubblicato dal World Economic Forum, l’organizzazione famosa per il summit invernale di Daovs, è stato realizzato da due super economisti: Ricardo Hausmann, direttore del Centro sullo Sviluppo Internazionale della Harvard University, e Laura Tyson, che oggi è rettore della London Business School e fu la prima donna, con la presidenza di Bill Clinton, a dirigere il Consiglio economico della Casa Bianca.

Gli esperti hanno preso una serie di pubblicazioni e condotto indagini - il rapporto dettagliato si trova all’indirizzo web www.weforum.org/gendergap - per assegnare a ciascun Paese un punteggio in ciascuna di quattro aree: partecipazione e opportunità economica delle donne, cioè un’analisi dei salari, dei livelli di partecipazione al mondo del lavoro e del grado di accesso alle posizioni più qualificate; l’accesso all’educazione, sia quella di base che quella più elevata; l’influenza politica, cioè il grado di partecipazione alle strutture decisionali; le differenze tra uomo e donna in termini di salute e di aspettative di vita. I quattro indici, poi, sono stati riassunti in uno generale che è la base della classifica finale.

L’Italia ha un risultato disastroso: numero 77 su 115, ultima dell’Unione europea se non si considera Cipro, e superata da decine di Paesi in via di sviluppo. Nei quali, evidentemente, la condizione della donna è relativamente più vicina a quella dell’uomo che da noi. Nei quattro indicatori, il peggiore è quello della partecipazione delle donne italiane all’economia: siamo 87esimi. In questo campo, nessun Paese al mondo ha un indice uguale a uno, che significherebbe parità assoluta (mentre zero significa disuguaglianza assoluta) ma l’Italia si ferma a 0,5265, non arriva cioè alla sufficienza. Non è una sorpresa. E’ invece piuttosto clamoroso, sempre nel campo della partecipazione al mondo del lavoro, il fatto che ai primi posti arrivino Paesi ad altissima emigrazione femminile come la Moldavia (seconda), le Filippine (quarta), la Giamaica (settima), la Tailandia (tredicesima): segno evidente che sono le donne, come in molti altri Paesi, a guidare l’emersione dalla povertà.

In termini di educazione, l’Italia non va male: 26esima con 0,997. Ci sono però 11 paesi al mondo che in questo settore hanno chiuso completamente il gap di genere, hanno cioè indice uno (tra essi Danimarca, Francia, Irlanda, Lussemburgo, Regno Unito - e ancora le Filippine). Nella Penisola, c’è ancora qualcosa da fare, insomma. Molto peggio, anche se non ce lo si aspetterebbe, quando si passa alla salute e alle aspettative di vita: l’Italia è nella posizione numero 77, lontana dai 34 Paesi che stanno al primo posto a pari punti (ci sono ancora la Moldavia, le Filippine e la Tailandia). L’accesso femminile al potere politico è il territorio in cui le cose vanno peggio in tutto il mondo. Nessuno guadagna una sufficienza piena: la Svezia - che è il Paese che arriva al numero uno in questa classifica come in quella generale - si ferma a 0,5501. Ma l’Italia è davvero in condizioni pessime: non tanto per il 72° posto ma per il punteggio, 0,0872, che è come non prendere nemmeno 1 in un compito in classe. Le Filippine, almeno, arrivano a 0,2695, che è il 16° posto.

Una classifica non per scandalizzarsi: questo lo si fa da decenni. Piuttosto per sapere che, con metà della popolazione ai margini, non si cresce e non si compete. Tanti Paesi, anche in modo sorprendente, l’hanno capito e probabilmente tra non molto se ne vedranno i risultati.

La classifica mondiale

Danilo Taino

* Corriere della Sera, 21 novembre 2006


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