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TERRA!!! TERRA!!! PIANETA TERRA: FILOLOGIA E ’DENDROLOGIA’ (gr.: "déndron" - albero e "lògos" - studio/scienza). L’ALBERO DELLA VITA ...

RIPENSARE L’EUROPA!!! CHE COSA SIGNIFICA ESSERE "EU-ROPEUO". Per la rinascita dell’EUROPA, e dell’ITALIA. La buona-esortazione del BRASILE (2005). Una "memoria" - di Federico La Sala.

(...) il “nuovo mondo” che abbiamo costruito dimostra quanto presto abbiamo dimenticato la ‘lezione’ delle foreste, dei mari, dei deserti, e dei fiumi e delle montagne!!!
giovedì 25 aprile 2024
Secondo quanto suggerisce Vitruvio (De architectura, 2,1,3) la struttura del tempio greco trasse la sua origine da primitivi edifici in argilla e travi di legno (Wikipedia)
IL SEGRETO DI ULISSE: "[...] v’è un grande segreto /nel letto lavorato con arte; lo costruii io stesso, non altri./ Nel recinto cresceva un ulivo dalle foglie sottili,/rigoglioso, fiorente: come una colonna era grosso./Intorno ad esso feci il mio talamo [...]"
(Odissea, Libro XXIII, vv. 188-192).
EUROPA. PER IL (...)

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> Per la rinascita dell’EU-ROPA, e dell’ITALIA. La buona-esortazione del BRASILE. ... Una riflessione sul futuro della nostra civiltà (di Dario Antiseri).

sabato 9 agosto 2008

anticipazioni

Europa, la forza di una storia antica

Dai Greci alla rivoluzione cristiana: ragione critica, pluralismo, valore sacro della persona hanno formato i tratti costitutivi dell’identità europea. Una riflessione sul futuro della nostra civiltà

DI DARIO ANTISERI (Avvenire, 09.08.2008)

Non pochi intellettuali, si­curamente ben intenzio­nati, hanno a più riprese sottolineato il fatto che l’Europa non ha avuto e non ha oggi e an­cor più non avrà domani una filo­sofia unica, una fede unica, un’u­nica morale. Ed hanno visto e ve­dono in ciò la debolezza dell’Oc­cidente, la fragilità dell’Europa.

L’Europa, insomma, sarebbe de­bole senza una simile «idea por­tante ed unitaria, una fede unica» da contrapporre con orgoglio ad altre culture ben più monolitiche e dogmatiche. Siffatta opinione, largamente dif­fusa è, in qualche modo, com­prensibile.

Tuttavia, ha scritto non molti anni fa Karl Popper: «Io la reputo fondamentalmente errata. Dovremmo essere orgogliosi di non possedere un’unica idea, bensì molte idee, buone e cattive, di non avere una sola fede, un’u­nica religione, quanto piuttosto parecchie fedi, buone e cattive. È un segno della superiore energia dell’Occidente il fatto che ce lo possiamo permettere. L’unità del­l’Occidente su un’unica idea, su un’unica fede, su un’unica religio­ne, sarebbe la fine dell’Occidente, la nostra capitolazione, il nostro assoggettamento incondizionato all’idea totalitaria» L’Europa è la sua storia. E la storia d’Europa non è la storia di un’uni­ca idea, di una tradizione monoli­tica. La storia dell’Europa è piut­tosto la storia - certo punteggiata anche di errori, di soprusi, di massacri - di una tradizione in cui nascono, si sviluppano, si incon­trano e si scontrano più idee filo­sofiche e più idee religiose, svaria­te proposte politiche e più visioni del mondo: buone e cattive.

L’Europa è la sua storia. E questa storia non è la storia di un’idea che permette una sola tradizione, ma è la storia di una tradizione che permette le idee più diverse ed azzardate. Non è la storia di u­na prigione mentale; è piuttosto la storia - talvolta dolorosa, talvol­ta impazzita - della provincia del mondo che ha conosciuto la fiori­tura più varia e ricca di idee (buo­ne e cattive) spesso in contrasto tra di loro. Ed è proprio questo ciò che distingue l’Europa e la sua storia dalla storia di altre culture.

Qui sta, appunto, il destino comu­ne dell’Europa: ragione critica, pluralismo, tolleranza. La nostra civiltà - è Popper a parlare ancora - è la migliore perché la più capa­ce di autocorreggersi. Si autocor­regge perché guidata dal valore della ragione critica - e perché cri­tica è anche tollerante. Ragione critica, pluralismo, rispetto delle diversità, e tolleranza sono ele­menti che, in una storia travaglia­ta, hanno contribuito a delineare i tratti dell’identità europea. Una consapevolezza, questa, che va da Strabone, il quale parlava dell’Eu­ropa come di «una nazione dai cento volti»; a santo Stefano, il re di Ungheria, che nei Monita ai suoi eredi faceva presente che « unius linguae uniusque moris re­gnum fragile est »; giù giù sino a Jakob Burckhardt.

Ragione critica, pluralismo e tol­leranza - linee portanti della no­stra tradizione. Esiti essi stessi di tentativi e di errori, non sempre e­gemoni, questi valori, qui o là, per periodi più o meno lunghi, sono stati avversati, messi in ombra, calpestati. Ma sono di continuo riemersi. L’albero tagliato è rinato; le sue radici erano solide. Ed esse affondano nella cultura greca da una parte e nel messaggio cristia­no dall’altra. È un pensatore laico come Popper a riconoscere il va­lore che la tradizione cristiana at­tribuisce alla coscienza dei singoli individui. Per un umanitario, e so­prattutto per un cristiano, egli scrive «non esiste uomo che sia più importante di un altro uomo». E ancora: la coscienza di ogni sin­gola persona, unita con l’altrui­smo, «è diventata - scrive Popper ­la base della nostra civiltà occi­dentale ». È la dottrina centrale del Cristianesimo («ama il prossimo tuo», dice la Scrittura, e non «ama la tua tribù») ed è il nucleo vivo di tutte le dottrine etiche che sono scaturite dalla nostra civiltà e l’hanno alimentata.

È anche, per esempio, la dot­trina etica centrale di Kant («devi sempre riconoscere che gli individui umani sono fini e che non devi mai usarli come me­ri mezzi ai tuoi fini»). Non c’è al­cun altro pensiero che abbia avu­to tanta influenza nello sviluppo morale dell’uomo.

Ho richiamato questi pensieri di Popper sul valore che il Cristianesi­mo dà alla libera e responsabile co­scienza di ogni sin­gola persona, per­ché l’idea cristiana di uomo «fatto ad immagine e somi­glianza di Dio» ha creato, a livello po­litico, una tensione che attraversa tutta la storia. Si tratta, infatti, di un ideale che, pur tra vicissi­tudini compromis­sorie anche torbi­de, tra tentazioni «teocratiche» o ri­fiuti satanocratici del potere politico, ha esercitato, nel­l’evoluzione stori­ca, una pressione a volte travolgente sull’elemento mondano antiteti­co. «Date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio»: con ciò entrava nella storia il prin­cipio che Káysar non è Kýrios - il potere politico veniva desacraliz­zato, l’ordine mondano relativiz­zato, e le richieste di Cesare sotto­poste ad un giudizio di legittimità da parte di una inviolabile co­scienza.

Káysar non è Kýrios: una spina nella carne nelle pretese on­nivore del potere politico, princi­pio religioso ed insieme etico, sor­gente inesauribile di una miriade di corpi intermedi (ospedali, orfa­notrofi, associazioni di carità, or­dini religiosi, confraternite, monti frumentari, scuole cattedrali, uni­versità, scuole professionali, coo­perative, movimenti politici, casse di risparmio, giornali diocesani, organizzazioni giovanili, ecc.) che, pur tra cedimenti e collusioni, hanno rappresentato nella storia dell’Occidente il presidio di ini­ziative libere di libere persone.

Da questa prospettiva il Cristiane­simo è stato l’evento politico più importante dell’Occidente: per decreto religioso lo Stato non può essere tutto. La teocrazia, in que­sto modo, non fa parte del destino dell’Europa. Ê questo un tratto che distingue quella dell’Europa da altre civiltà. È, appunto, nel messaggio cristiano che affonda­no le radici di quel grande princi­pio di libertà che è il principio di sussidiarietà. D a parte sua, un pensatore laico come Benedetto Cro­ce ha precisato, «per sem­plice osservanza della verità», che «il cristianesimo è stata la più grande rivoluzione che l’umanità abbia mai compiuto» - e ciò «per la ragione (...) che la rivoluzione cristiana operò nel centro dell’a­nima, nella coscienza morale, e, conferendo risalto all’intimo e proprio di tale coscienza, quasi parve che le acquistasse una nuo­va virtù, una nuova qualità spiri­tuale, che fino ad allora era man­cata all’umanità». In realtà, con il Cristianesimo viene al mondo il concetto di uomo come persona: persona libera, responsabile, con una coscienza inviolabile. I Greci avevano avvicinato, tramite l’idea di psyche, una simile prospettiva, ma non l’avevano raggiunta. E il valore infinito, sacro, di una per­sona, di un uomo fatto ad imma­gine e somiglianza di Dio implica e trascina con sé il ridimensiona­mento dell’ordine politico.

Considerazioni del genere - ed al­tre se ne potrebbero aggiungere ­rendono impossibile dar torto a Thomas S. Eliot allorché scrive che «se il cristianesimo se ne va, se ne va tutta la nostra cultura. E allora si dovranno attraversare molti secoli di barbarie». Stando così le cose, è davvero incom­prensibile, da una prospettiva pu­ramente culturale e «per semplice osservanza della verità», la posi­zione di quanti si sono ostinati a non voler inserire nella Costitu­zione europea il richiamo alle ra­dici cristiane dell’Europa. Chi, quale cultura rappresentano co­storo? In quale storia si sentono inseriti?

Certo, la nostra Europa è già plu­rietnica e multiculturale e sempre più lo sarà nei prossimi decenni. Ma perché simile realtà possa da­re i frutti di un fecondo dialogo e magari di «felici contaminazioni», è più che mai urgente non perde­re la consapevolezza della nostra identità. Come ha insegnato Hans Georg Gadamer, «ci si può com­prendere soltanto se si è diversi», unicamente se si è consapevoli dei tratti della nostra identità. Il rispetto nei confronti degli altri, il dovuto rispetto nei confronti delle tradizioni «altre» non implica la cancellazione della nostra tradi­zione. Rispettare gli altri non e­quivale ad annientare noi stessi. E gli altri, alcuni «altri», dovrebbero capire che sono rispettati anche e soprattutto perché c’è chi ha ac­cettato e accetta il messaggio di Colui che è morto in croce


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