Stati uniti d’Europa, non semplice federazione di Stati
di Pino Arlacchi, Eurodeputato Pd Membro commissione esteri (l’Unità, 17.09.2012)
«L’UNIONE EUROPEA DEVE EVOLVERSI. NON ABBIAMO PAURA DELLE PAROLE : DOVREMO DIRIGERCI VERSO UNA FEDERAZIONE DI STATI-NAZIONE. Di questo abbiamo bisogno. Non di un super-stato. Una federazione democratica di stati che possa fare fronte ai nostri problemi comuni attraverso la condivisione della sovranità». Così il presidente della Commissione ha rilanciato il progetto europeo fornendo una prima risposta a chi chiedeva un salto di qualità politico nella via di uscita dalla crisi.
Anche la delegazione italiana al Parlamento europeo aveva chiesto a Barroso di muoversi in questa direzione, ma con una differenza: l’obiettivo del dopo-crisi non deve essere una semplice federazione di stati, ma gli Stati Uniti d’Europa nel vero senso della parola. Noi pensiamo a un assetto fondato sulla cessione completa della sovranità nei campi strategici dell’azione di governo. Pensiamo a un forte centro comune, e alla presenza di una sovranità subordinata nelle sfere minori. Sulla falsariga della gerarchia tra governo federale e singoli stati dell’unione negli Usa.
Nel dibattito seguito al discorso del presidente della Commissione, il leader dei liberali, Guy Verofstadt, ha colto il punto più debole della proposta Barroso. Una semplice federazione di stati che «condivida» solo dei pezzi di sovranità potrebbe essere una soluzione peggiore dell’assetto attuale, basato sul dualismo tra Consiglio e Commissione, dove quest’ultima rappresenta quel polo comunitario e non intergovernativo che è il nucleo dei futuri Stati Uniti d’Europa.
La proposta Barroso non prevede la creazione di un governo federale centrale che goda di sovranità in materia di politica estera e di difesa, nonché nella sicurezza interna e in materia fiscale, monetaria e di protezione sociale. La sua è un’Europa dove esiste un maxi-Consiglio degli stati membri senza Commissione e senza Parlamento dotati di poteri effettivi. Un’Europa minata alla radice dall’assenza di una amministrazione comune, e dalla mancanza di un meccanismo di bilanciamento dello squilibrio tra grandi e piccoli stati della federazione.
L’idea che sta prendendo corpo all’interno della delegazione italiana è che si debba andare verso un assetto bicamerale e verso un governo europeo vero e proprio. Il Parlamento eletto a suffragio universale dai cittadini europei c’è già. Il Consiglio europeo andrebbe trasformato in camera degli stati sul modello del Senato americano dove sono presenti due senatori per ciascuno di essi senza riguardo a popolazione e territorio. E la Commissione dovrebbe rappresentare l’organo esecutivo delle due camere con un unico presidente eletto dai cittadini europei.
Proponiamo un modello che ricalca quello degli Usa, ma con due differenze: niente presidenzialismo e più potere ai cittadini che eleggono i membri del Parlamento. La tradizione europea di governo con l’eccezione francese si basa sulla distinzione tra un presidente che svolge funzioni di alta rappresentanza e garanzia costituzionale e un primo ministro che governa con ministri che possono o no appartenere al Parlamento. Poiché questa formula si è dimostrata capace di garantire i più alti livelli di democrazia e di benessere del pianeta, non c’è ragione di stravolgerla, copiando integralmente altri assetti.