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TERRA!!! TERRA!!! PIANETA TERRA: FILOLOGIA E ’DENDROLOGIA’ (gr.: "déndron" - albero e "lògos" - studio/scienza). L’ALBERO DELLA VITA ...

RIPENSARE L’EUROPA!!! CHE COSA SIGNIFICA ESSERE "EU-ROPEUO". Per la rinascita dell’EUROPA, e dell’ITALIA. La buona-esortazione del BRASILE (2005). Una "memoria" - di Federico La Sala.

(...) il “nuovo mondo” che abbiamo costruito dimostra quanto presto abbiamo dimenticato la ‘lezione’ delle foreste, dei mari, dei deserti, e dei fiumi e delle montagne!!!
giovedì 25 aprile 2024
Secondo quanto suggerisce Vitruvio (De architectura, 2,1,3) la struttura del tempio greco trasse la sua origine da primitivi edifici in argilla e travi di legno (Wikipedia)
IL SEGRETO DI ULISSE: "[...] v’è un grande segreto /nel letto lavorato con arte; lo costruii io stesso, non altri./ Nel recinto cresceva un ulivo dalle foglie sottili,/rigoglioso, fiorente: come una colonna era grosso./Intorno ad esso feci il mio talamo [...]"
(Odissea, Libro XXIII, vv. 188-192).
EUROPA. PER IL (...)

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> RIPENSARE L’ EUROPA!!! CHE COSA SIGNIFICA ESSERE "EU - ROPEUO". ---- IL REFERENDUM IRLANDESE. QUESTA «FREDDA» EUROPA RISCHIA GROSSO... Se da Dublino verrà un pur stiracchiato via li­bera, si potrà pensare a qualche rimedio. In caso di un bruciante «no», l’Europa dovrà fronteggiare una crisi di non facile soluzio­ne. In cui diventerà probabile, se non inevi­tabile, il ricorso a qualche forma di ’doppia velocità’ (di Andrea Lavazza).

giovedì 12 giugno 2008

IL REFERENDUM IRLANDESE

QUESTA «FREDDA» EUROPA RISCHIA GROSSO

di ANDREA LAVAZZA (Avvenire, 12.06.2008)

Nell’era dell’informazione in tempo rea­le, dei media che svelano dettagli e re­troscena del potere, dei blog su Internet che offrono un ampio panorama di versioni ’al­ternative’, in Irlanda si sta consumando un colossale cortocircuito comunicativo. Le cui responsabilità si dividono equamente tra l’U­nione Europea e gli attivisti del «no» all’ap­provazione del Trattato di Lisbona. Il pro­cesso di integrazione continentale, ormai è noto, resta appeso al referendum odierno: 4,2 milioni di cittadini sono chiamati a e­sprimersi sulla nuova Carta, varata con fati­ca dopo la bocciatura della precedente a o­pera degli elettori francesi e olandesi nel 2005. Alla vigilia, i sondaggi danno un equilibrio tra i due fronti e una notevole quota di inde­cisi. Una bocciatura, anche per pochi voti (comunque un’inezia rispetto alla popola­zione dei 27 Paesi membri), non è più irrea­listica e basterebbe a fermare l’entrata in vi­gore del nuovo assetto istituzionale della Ue, previsto per l’inizio del 2009. Le altre nazio­ni hanno optato per la ratifica parlamenta­re; Dublino è vincolata dalla propria Costi­tuzione a un passaggio plebiscitario. Che Bruxelles abbia sottovalutato la consultazio­ne irlandese e non sia riuscita a trasmettere il senso del Trattato è un fatto lampante, co­sì come la confusione e l’ignoranza che han­no regnato nella campagna che ha precedu­to l’andata alle urne.

Il partito dei contrari fa leva sulla presunta perdita di influenza del governo, su una non documentata impen­nata della tassazione e su una fantomatica imposizione di norme comunitarie più per­missive in materia di aborto ed eutanasia per arrivare alle leg­gende di un esercito europeo che imporrà la leva obbligatoria ai giovani del Paese. I so­stenitori del «sì» a­vrebbero avuto buon gioco a ricordare che la cosiddetta Tigre cel­tica è diventata una delle nazioni più ricche e dinamiche proprio grazie ai trasferimenti ottenuti dall’Europa (40 miliardi netti di eu­ro) e dall’ingresso nel mercato unico, con a­gevolazioni e deroghe normative, che han­no fatto dell’isola di smeraldo (dal colore del­le sue campagne) un modello di innovazio­ne e competitività economica. Se il reddito pro capite è tra i primi dell’Unione, ci si a­spetterebbe un po’ di gratitudine. Ma il pun­to che molti analisti non hanno colto è che i nobili sentimenti (dei quali gli irlandesi non sono certo privi) necessitano di soggetti i­dentificabili verso cui esprimersi e manife­starsi. E il problema della Ue sta proprio nel­la sua natura di ectoplasma burocratico, cui spesso sembrano mancare carne e sangue, progetti e slanci, capaci di suscitare, se non l’entusiasmo, almeno la dedizione dei suoi cittadini.

Fare propaganda alla Carta di Lisbona a­vrebbe, allora, voluto dire che non si va a co­struire un moloch impersonale, distruttore di autonomie e tradizioni nazionali, ma si dà invece maggiore snellezza ed efficacia a isti­tuzioni - la Commissione in particolare - che possono ben integrare le politiche di ciascun Paese membro.

Due esempi: iniziative coordinate per fare fronte alla tempesta energetica, con il petro­lio che schizza a prezzi mai raggiunti e ’bru­cia’ il benessere di molti europei; una diplo­mazia continentale più determinata e credi­bile, capace di farsi valere su alcuni fronti in­ternazionali, magari quelli delle emergenze umanitarie, a partire dal genocidio in Darfur fino alla Birmania doppiamente provata dal­la repressione del regime e dalla mancanza di aiuti dopo le devastazioni del ciclone.

Se da Dublino verrà un pur stiracchiato via li­bera, si potrà pensare a qualche rimedio. In caso di un bruciante «no», l’Europa dovrà fronteggiare una crisi di non facile soluzio­ne. In cui diventerà probabile, se non inevi­tabile, il ricorso a qualche forma di ’doppia velocità’. L’integrazione camminerà sulle gambe di quelle nazioni che hanno com­preso la posta in gioco e sono disponibili ad ’animare’ l’Unione come vera risorsa e non come peso da sopportare (o boicottare).


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