Il centro non è più l’Europa
di Filippo Gentiloni (il manifesto, 20 novembre 2011)
La storia delle religioni, come è ormai ben noto, segue la storia della politica e anche quella della economia. Un discorso che vale, ovviamente, anche per il cristianesimo: i suoi centri, i suoi "palazzi" non si trovano più dove si trovavano una volta, cioè in Europa o negli Stati Uniti, culturalmente dipendenti dall’Europa: si trovano ormai là dove nasce il mondo che è nuovo sotto tutti gli aspetti, compreso quello religioso.
È il mondo asiatico, quello che unisce Cina e India, "L’impero di Cindia", come lo ha definito Federico Rampini: «Sono tre milioni e mezzo. Sono più giovani di noi , lavorano più di noi. Hanno più risparmi e più capitoli di noi da investire. Cindia è il nuovo centro de mondo, dove si decide il futuro dell’umanità». Il discorso vale, ovviamente, anche per le religioni, che fanno parte delle società in cambiamento e in piena evoluzione. Roma, anche se a malincuore, deve tenerne conto.
L’Asia, d’altronde, sta riportando in primo piano le sue antiche posizioni religiose. Il buddismo, ad esempio, sta riconquistando posizioni importanti dovunque. Cristianesimo e anche islam appaiono, invece, fermi sulle posizioni tradizionali. Il vecchio occidente è già oggi molto meno importante di quanto non appaia a Roma, a Londra o a New York.
Quello che sta accadendo in Cindia è importante anche per tutti i poveri del mondo. E per tutte le chiese. Ancora Rampini: «È finita l’era in cui l’uomo bianco - una piccola minoranza sul pianeta - poteva vivere di rendita sulla sua superiorità scientifica e tecnologica, industriale e militare» e, possiamo aggiungere, anche religiosa. Lo devono tenere presente anche le chiese cristiane, cattoliche, protestanti e ortodosse. I loro confini saranno sempre più precisi e limitati. Il loro universalismo sempre più teorico che pratico.