La Svizzera dice no ai minareti
La Lega esulta: ora la croce nel tricolore
di Franco Zanotelli (la Repubblica, 30.11.2009)
LUGANO - Uno schiaffo ai musulmani finora mai visto, in Europa. Lo hanno dato ieri gli elettori svizzeri, votando contro la costruzione di nuovi minareti. Secondo il 57% dei cittadini, bastano e avanzano i quattro attualmente esistenti a Ginevra, Zurigo, Winterthur e Wangen bei Olten.
A scagliarsi contro i minareti, ritenuti "un simbolo di potere politico-religioso", erano stati diversi esponenti della destra e dell’estrema destra elvetica che, dopo aver lanciato una petizione popolare, raccogliendo oltre 113 mila firme (nonostante l’opposizione del Governo e della maggioranza del Parlamento), hanno portato i cittadini alle urne e ottenuto un successo assolutamente imprevisto. I sondaggi indicavano infatti una facile vittoria dei no alla proibizione dei minareti.
In realtà è stata sottovalutata la presa degli slogan branditi dai promotori. Come la citazione di un discorso tenuto nel ?97 dal premier turco Erdogan, il quale dichiarò che «le moschee sono le nostre caserme, i minareti le nostre baionette». Slogan che però, curiosamente, a Zurigo, Winterthur e Ginevra, dove sorgono tre dei quattro minareti svizzeri, non hanno trovato orecchie: lì, infatti, l’iniziativa è stata respinta.
Come scriveva di recente lo Spiegel, «ne è passato di tempo da quando, negli anni ?60 e ?70, i sindaci di Zurigo e di Ginevra salutavano come simboli di apertura l’inaugurazione di una moschea nelle loro città». Oggi il clima è cambiato. Lo testimoniano episodi come la recente intervista televisiva di un cittadino di Wangen bei Olten, dove nel gennaio scorso è stato inaugurato l’ultimo minareto svizzero, che non ha esitato a definire l’edificio «un primo passo verso la sharia».
Ieri la ministra di Giustizia, Eveline Widmer Schlumpf, ha riconosciuto che sono state sottovalutate le «paure diffuse nella popolazione nei confronti di correnti islamiche fondamentaliste, che potrebbero rifiutare le nostre tradizioni statali e non riconoscere il nostro ordinamento giuridico». La Widmer Schlumpf ha quindi, tentato di rassicurare gli oltre 350 mila musulmani residenti in Svizzera, affermando che il voto di ieri non va inteso come «un rifiuto della comunità dei musulmani, della loro religione e della loro cultura». Ma il presidente del Coordinamento delle organizzazioni islamiche in Svizzera, Farhad Afsahar, dichiara che «quello che più ci fa male non è il rifiuto del minareto ma, piuttosto, il segnale che arriva dalle urne». «Amo la Svizzera e questo risultato getta un’ombra di vergogna su un Paese che amo», ha detto dal canto suo Hafid Ouardiri, ex-portavoce della moschea di Ginevra. Non è un caso se, in ottobre, Ouardiri arrivò a denunciare per discriminazione razziale uno dei promotori dell’iniziativa anti-minareti, il parlamentare dell’Unione Democratica di Centro Oscar Freysinger, che durante un congresso del suo partito, azzardo` un paragone tra islam e nazismo.
Mentre Freysinger e gli altri fautori dell’iniziativa festeggiano, perplessità arrivano anche dalla Conferenza episcopale elvetica, tramite il suo segretario generale, monsignor Gmur: «Quelli che sostenevano il referendum dicono che la religione deve essere una cosa privata, che ognuno può pregare dove vuole ma non in luoghi pubblici. Nello stesso tempo si dicono cristiani. Ma per un cristiano il culto non può essere solo un fatto privato». Inoltre, rincarano i vescovi, l’esito del voto «aumenta i problemi della coabitazione tra religioni e culture».
In Italia, invece, la Lega Nord esulta. E per bocca del viceministro Castelli, che parla di «un messaggio di civiltà», propone di «mettere la croce nel Tricolore».