Brasile. I giudici aprono le porte del carcere all’ex presidente Lula
La Corte Suprema ha dichiarato l’incostituzionalità del provvedimento che prevede la carcerazione dopo il secondo grado di giudizio. Una legge ad hoc per impedire la candidatura contro Bolsonaro
di Lucia Capuzzi (Avvenire, venerdì 8 novembre 2019)
Le porte della cella di Luiz Inácio Lula da Silva sembrano sul punto di dischiudersi. Per volontà della Corte Suprema. Il voto decisivo è arrivato nella tarda serata di ieri, per bocca del presidente dell’alto tribunale, il giudice Antonio Dias Toffoli. Fino ad allora, la Corte era stata spaccata a metà: cinque contro cinque. Toffoli ha fatto pendere l’ago della bilancia a favore dei sostenitori dell’incostituzionalità del provvedimento che prevede la carcerazione del condannato dopo il secondo grado di giudizio. La norma, in vigore dal 2016, è stata approvata sull’onda dell’indignazione collettiva contro le tangenti suscitata dalla maxi inchiesta Lava Jato. Da allora, essa ha portato dietro le sbarre 4.894 persone, trentotto delle quali coinvolte in Lava Jato. Tra loro, l’ex presidente Silva recluso, dall’aprile 2018, a Curitiba per scontare una sentenza a otto anni e dieci mesi per corruzione passiva e riciclaggio.
Ora, buona parte - tutti quelli che non rappresentano un pericolo per la società - dovranno essere rilasciati. Incluso Lula che non smette di dichiararsi innocente. Il processo e il verdetto contro quest’ultimo non sono stati abrogati. La liberazione avviene per una questione tecnica.
E’ indubbio, però, che sugli alti togati abbia pesato il mutato clima sociale nei confronti di Lava Jato. A differenza di tre anni fa, l’indagine e il suo protagonista, Sergio Moro, non godono più di consenso unanime. L’ex giudice e ora ministro della Giustizia del governo di Jair Bolsonaro, è stato screditato da un’inchiesta di The Intercept che ha pubblicato, a giugno, una serie di messaggi scambiati via Telegram fra gli inquirenti di Lava Jato.
In alcuni di essi, Moro - che aveva funzione giudicante - sembrava "imbeccare" i pm per "incastrare" gli imputati. Da allora, la Corte Suprema è stata investita di ricorsi. Oltre a quello sulla costituzionalità della carcerazione dopo la seconda istanza, altri due rischiano di distruggere la macchina accusatoria creata da Lava Jato. Nelle prossime settimane, gli alti togati dovranno pronunciarsi sulle modalità di impiego dei collaboratori di giustizia. E sulla legittimità delle azioni dello stesso Moro.