La Pietà Rondanini sotto al cielo stellato di Mario Cresci *
Un unico blocco di pietra, denso, avvolgente, dai dettagli a volte appena sbozzati, altri dolcemente rifiniti, dove le figure della Madonna e di Cristo si confondono: è la Pietà Rondanini, l’ultima opera di Michelangelo alla quale lo scultore ha lavorato fino al 1564, pochi giorni prima di morire.
Oggi questo capolavoro è reinventato dalla macchina fotografica di Mario Cresci (Chiavari, Genova, 1942) in un percorso esposto a Milano, nelle Sale dell’Antico Ospedale Spagnolo del Castello Sforzesco (dove l’opera risiede dal 2 maggio 2015), dal titolo Mario Cresci in aliam figuram mutare. Interazioni con la Pietà Rondanini di Michelangelo (fino al 25 settembre).
Il progetto di Mario Cresci è intitolato all’auxilium (l’aiuto) e gravita intorno alla luce come creazione del cosmo, al movimento e alla materia che è scabra, spezzata e tenue, materia che diventa figura.
Nella chiave di lettura di Cresci l’auxilium, la misericordia di questa nuova Pietà, va oltre ed è rivolta ad altri volti fotografati e coperti da luccicanti coperte termiche, quelle con cui si avvolgono i naufraghi: sono i visi coperti dei migranti a cui dovrebbe andare tutta la nostra pietas e il nostro auxilium. Per noi. Per tutta l’umanità.
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Su «la Lettura» #246, numero speciale di Ferragosto in edicola dal 13 al 21 agosto, un articolo di ARTURO CARLO QUINTAVALLE racconta la mostra al Castello Sforzesco.
In questo percorso per immagini (a cura di Jessica Chia) alcuni scatti di Mario Cresci esposti a Milano