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TERRA!!! TERRA!!! PIANETA TERRA: FILOLOGIA E ’DENDROLOGIA’ (gr.: "déndron" - albero e "lògos" - studio/scienza). L’ALBERO DELLA VITA ...

RIPENSARE L’EUROPA!!! CHE COSA SIGNIFICA ESSERE "EU-ROPEUO". Per la rinascita dell’EUROPA, e dell’ITALIA. La buona-esortazione del BRASILE (2005). Una "memoria" - di Federico La Sala.

(...) il “nuovo mondo” che abbiamo costruito dimostra quanto presto abbiamo dimenticato la ‘lezione’ delle foreste, dei mari, dei deserti, e dei fiumi e delle montagne!!!
giovedì 25 aprile 2024
Secondo quanto suggerisce Vitruvio (De architectura, 2,1,3) la struttura del tempio greco trasse la sua origine da primitivi edifici in argilla e travi di legno (Wikipedia)
IL SEGRETO DI ULISSE: "[...] v’è un grande segreto /nel letto lavorato con arte; lo costruii io stesso, non altri./ Nel recinto cresceva un ulivo dalle foglie sottili,/rigoglioso, fiorente: come una colonna era grosso./Intorno ad esso feci il mio talamo [...]"
(Odissea, Libro XXIII, vv. 188-192).
EUROPA. PER IL (...)

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> RIPENSARE L’ EUROPA!!! ... Per la rinascita dell’EUROPA, e dell’ITALIA. --- Il suicidio dell’austerità (di Thomas Fazi)

sabato 16 agosto 2014

Il suicidio dell’austerità

di THOMAS FAZI (Il manifesto, 15 agosto 2014)

Gli ultimi dati rila­sciati ieri da Euro­stat, l’agenzia sta­ti­stica euro­pea, con­fer­mano quello che ormai vanno dicendo da tempo schiere di eco­no­mi­sti, anche di estra­zione main­stream: la tanto sban­die­rata “ripresa” euro­pea - che comun­que rap­pre­sen­tava sem­pre una medi tra que­gli stati che regi­stra­vano mode­sti tassi di cre­scita (come la Ger­ma­nia) e quelli che con­ti­nua­vano a essere impan­ta­nati nella reces­sione post-crisi (come l’Italia) - era una pia illusione.

Senza un ribal­ta­mento radi­cale delle poli­ti­che eco­no­mi­che, l’eurozona era ine­vi­ta­bil­mente con­dan­nata a spro­fon­dare in una cosid­detta “sta­gna­zione seco­lare”: un lungo periodo di cre­scita bassa o nulla. E infatti l’ultimo bol­let­tino di Euro­stat parla chiaro: nell’ultimo tri­me­stre dell’anno la cre­scita nella zona euro è stata dello 0.0%. A leg­gere il testo del comu­ni­cato, però, si direbbe che non c’è motivo di pre­oc­cu­parsi: secondo la neo­lin­gua dei buro­crati di Bru­xel­les, sem­pli­ce­mente “il Pil nell’area euro è rima­sto sta­bile”. Tutto a posto, dunque?

Pur­troppo no. In uno sce­na­rio di sta­gna­zione seco­lare risol­vere il pro­blema della disoc­cu­pa­zione dila­gante (18 milioni di senza lavoro solo nella zona euro), della defla­zione alle porte (0.4% il tasso d’inflazione nella zona euro, men­tre in alcuni paesi è già sotto lo zero) e del debito pub­blico è pra­ti­ca­mente impos­si­bile. Al punto che c’è già chi parla di “stag-deflazione” (per fare il verso alla stag­fla­zione degli anni ’70): uno sce­na­rio da incubo in cui cre­scita ane­mica, bassa domanda, prezzi in calo, disoc­cu­pa­zione cre­scente, carenza di inve­sti­menti, fal­li­menti azien­dali, sof­fe­renze ban­ca­rie e debiti pub­blici alle stelle si ali­men­tano a vicenda in una spi­rale senza fine.

Per­ché l’eurozona si trova in que­sta con­di­zione, quando altre aree eco­no­mi­che col­pite altret­tanto dura­mente dalla crisi del 2008, come Stati uniti e Regno Unito, hanno ridotto la disoc­cu­pa­zione e sono tor­nate ai livelli di cre­scita pre-crisi o li hanno addi­rit­tura superati?

A pre­scin­dere dai limiti “strut­tu­rali” dell’eurozona (impos­si­bi­lità della Bce di offrire liqui­dità agli Stati, ecc.), la causa prin­ci­pale dell’infinita crisi euro­pea - come ormai denun­ciano anche gior­nali come il Financial Times e orga­niz­za­zioni noto­ria­mente neo­li­be­ri­ste come l’Fmi -, sono le folli poli­ti­che di auste­rity per­se­guite dall’esta­blish­ment euro­peo negli ultimi anni, che hanno avuto l’effetto di stran­go­lare ulte­rior­mente l’economia, già affa­mata da un crollo della spesa pri­vata, per mezzo di dra­stici tagli alla spesa pub­blica, aumenti delle tasse e com­pres­sione dei salari.

Altrove hanno invece per­se­guito poli­ti­che mone­ta­rie e fiscali espan­sive, con risul­tati pre­ve­di­bil­mente posi­tivi. Finora erano stati soprat­tutto i paesi della peri­fe­ria a patire le con­se­guenze di que­ste poli­ti­che scel­le­rate. L’Italia è il caso più esem­plare: pro­du­zione indu­striale al -25%, Pil al -10%, tasso di accu­mu­la­zione al -13%, disoc­cu­pa­zione e debito pub­blico a livelli record. Un’apocalisse eco­no­mica e sociale da cui il nostro paese impie­gherà decenni a ripren­dersi (se mai ce la farà). La vera novità è che nell’ultimo tri­me­stre anche la Ger­ma­nia ha regi­strato un tasso di cre­scita di nega­tivo (-0.2%) per la prima volta dal 2010. Anche in que­sto caso c’è poco da sorprendersi.

L’avevano pre­detto in molti: con­ti­nuando a com­pri­mere la domanda interna e affa­mando i pro­pri part­ner com­mer­ciali euro­pei per mezzo dell’austerità la Ger­ma­nia avrebbe finito ine­vi­ta­bil­mente per dan­neg­giare la pro­pria eco­no­mia, for­te­mente basata sulle espor­ta­zioni. Basterà que­sto a con­vin­cere i tede­schi della neces­sità di un cam­bio di rotta? O almeno a con­vin­cere Mat­teo Renzi che la solu­zione alla crisi non passa di certo per le [sue]“riforme strutturali"


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