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TERRA!!! TERRA!!! PIANETA TERRA: FILOLOGIA E ’DENDROLOGIA’ (gr.: "déndron" - albero e "lògos" - studio/scienza). L’ALBERO DELLA VITA ...

RIPENSARE L’EUROPA!!! CHE COSA SIGNIFICA ESSERE "EU-ROPEUO". Per la rinascita dell’EUROPA, e dell’ITALIA. La buona-esortazione del BRASILE (2005). Una "memoria" - di Federico La Sala.

(...) il “nuovo mondo” che abbiamo costruito dimostra quanto presto abbiamo dimenticato la ‘lezione’ delle foreste, dei mari, dei deserti, e dei fiumi e delle montagne!!!
giovedì 25 aprile 2024
Secondo quanto suggerisce Vitruvio (De architectura, 2,1,3) la struttura del tempio greco trasse la sua origine da primitivi edifici in argilla e travi di legno (Wikipedia)
IL SEGRETO DI ULISSE: "[...] v’è un grande segreto /nel letto lavorato con arte; lo costruii io stesso, non altri./ Nel recinto cresceva un ulivo dalle foglie sottili,/rigoglioso, fiorente: come una colonna era grosso./Intorno ad esso feci il mio talamo [...]"
(Odissea, Libro XXIII, vv. 188-192).
EUROPA. PER IL (...)

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> RIPENSARE L’ EUROPA!!! CHE COSA SIGNIFICA ESSERE "EU-ROPEUO". ---- In quel posto segreto del bosco (di di Claudio Magris - Le Storie, preghiere che aiutano a vivere)

domenica 2 dicembre 2012

Le Storie, preghiere che aiutano a vivere

di Claudio Magris (Corriere della Sera, 1 dicembre 2012)

Nel famoso romanzo di Nabokov, Humbert-Humbert dice: «Oh, Lolita mia, io ho soltanto parole con cui giocare». Soltanto parole - le quali dunque non dicono, non contengono la vita, bensì possono solo alludere alla sua assenza, dire la mancanza dell’essenziale e ridursi a frantumi con cui dolorosamente giocare. Gran parte della letteratura moderna è caratterizzata da questo malinconico divario fra la parola e la vita, dall’insufficienza della parola a dire la vita. «Lingua mortal non dice / quel ch’io sentiva in seno», o, prima ancora, Shakespeare: «Words, words, words». Il racconto che apre il Novecento letterario, la Lettera di Lord Chandos di Hofmannsthal, è la storia di uno scrittore che si vota al silenzio perché le parole - segni astratti e convenzionali, funghi ammuffiti - non dicono il fluire dell’esistenza.

C’è una tradizione, tuttavia, in cui «soltanto», a proposito delle parole, non è una limitazione negativa, non indica insufficienza e aridità, come per il protagonista di Nabokov. È la tradizione chassidica, la corrente mistica e gioiosa dell’ebraismo orientale, in cui parabole e leggende sono preghiere, racconti di verità. In una di queste parabole, riportata da Gershom Scholem, il più grande storico di mistica ebraica, si narra che quando Baàl-shem, il santo e maestro, doveva assolvere un compito difficile per il bene delle creature, andava in un posto speciale e segreto del bosco, accendeva magicamente un fuoco, diceva preghiere particolari e otteneva da Dio ciò che chiedeva.

Una generazione dopo, un suo successore, il Maggìd di Meseritz, quando si trovava dinanzi allo stesso compito, si recava in quel posto segreto del bosco e diceva quella speciale preghiera, ma non conosceva più il modo di accendere il fuoco, e otteneva ciò che chiedeva. Ancora una generazione dopo, un altro grande maestro non sapeva più né come accendere il fuoco né quale preghiera dire, ma si recava in quel luogo nascosto del bosco, ottenendo ciò che chiedeva.

Ma, ancora una generazione dopo, un altro maestro che aveva la stessa esigenza, diceva di non conoscere più né l’arte di accendere quel fuoco né le formule di quella preghiera e nemmeno dove si trovasse quel luogo nel bosco, ma aggiungeva che di tutto questo poteva raccontare la storia e, raccontandola, otteneva ciò che chiedeva. E ogni volta che, nella cerchia dei chassidim, il narratore narra la storia di questa progressiva perdita, il suo racconto ottiene da Dio il dono richiesto; di quella realtà restano soltanto le parole, ma le parole che narrano la storia di quella perdita la superano, perché hanno la stessa efficacia delle azioni compiute da quei santi nel passato.

Le storie, in questo senso, assomigliano alle preghiere: stabiliscono legami - religione deriva da religio, ciò che collega - trasmettono valori, dicono il senso delle errabonde vicende umane. Poche cose infatti uniscono, creano legami e amicizia, come raccontare storie, accadute a noi stessi o a qualche altro, ma che sono divenute parte di noi e che, rinarrate, diventano anche di altri, entrano nella loro vita. La cerchia chassidica in cui si raccontano storie è un coro in cui una voce si riconosce nelle altre, distinguendosi, ma anche confondendosi con le altre, in un epico scambio fra il mio e il tuo. Anche fra noi amici, talora non sappiamo bene cosa è accaduto all’uno o all’altro. Ma abbiamo le storie; le parole, non soltanto le parole.


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