Il nuovo libro del Papa: non furono gli ebrei a chiedere la crocifissione
di Marco Politi (il Fatto Quotidiano, 3 marzo 2011)
L’enigma di Giuda, il ruolo del popolo ebraico, gli equilibrismi di Ponzio Pilato. Nel secondo volume del suo Gesù di Nazaret (il primo è stato pubblicato nel 2007) Benedetto XVI si confronta con i protagonisti fondamentali della scena su cui si staglia la Passione di Cristo. E, fedele alla sua teologia, papa Ratzinger respinge decisamente ogni interpretazione razzista del “crucifige”. Non fu il “popolo ebraico” a chiedere la pena capitale - scrive il pontefice - ma l’establishment sacerdotale e la “massa” dei seguaci di Barabba, scesi in piazza per reclamare la tradizionale amnistia pasquale per il “brigante” che in realtà era un combattente della resistenza antiromana.
Per ancorare questa interpretazione Ratzinger è costretto a contraddire il Vangelo di Matteo che in realtà parla di “tutto il popolo”, ma al fondo la versione di Matteo voleva focalizzare l’eterna antitesi fra i profeti e il popolo che non li riconosce ed è pronto a lapidarli. Non era certo sua intenzione fondare l’antigiudaismo religioso cresciuto nei secoli quanto più il cristianesimo si è istituzionalizzato come potere totalitario, che escludeva ogni altra forma di fede e di pensiero, creando la figura dell’eretico da un lato e del deicida dall’altro.
IN OGNI CASO la lettura proposta da Ratzinger si colloca nella svolta del Concilio che condanna ogni interpretazione antisemita dei Vangeli. Nel secondo volume su Gesù, che apparirà in libreria la settimana prossima e di cui il Vaticano anticipa alcune pagine, Benedetto XVI esplora l’enigma psicologico di Giuda e l’atteggiamento politico di Pilato. Su di loro il pontefice non offre letture particolarmente innovative. Raccontando le vicende dei Vangeli, Benedetto XVI racconta in effetti se stesso, cioè le riflessioni che nascono in lui. Così i motivi contingenti, che spingono Giuda a consegnare Cristo, a Ratzinger, sulla traccia del Vangelo di Giovanni, non interessano molto. Non sono “psicologicamente spiegabili”.
Conta piuttosto che la slealtà, l’infedeltà, il tradimento della
missione trovino posto all’interno della Chiesa - si potrebbe dire strutturalmente e sociologicamente
sin dagli inizi dell’avventura cristiana. Non è un’assoluzione all’italiana per dire che le mele
marce ci sono ovunque, ma un monito alla comunità cristiana a liberarsi continuamente del
tradimento e della “sporcizia”, che si manifestano nell’istituzione.
L’analisi del comportamento di Ponzio Pilato, strattonato nell’animo tra carrierismo e realismo - tra la paura di essere denunciato all’imperatore di Roma per acquiescenza al “ribelle” Gesù e la consapevolezza che lui non è per niente un leader mondano - serve a Ratzinger per esaminare i rapporti tra “verità” e politica. Dove l’uomo non coglie il senso autentico dell’esistenza - rimarca Ratzinger - finisce per dare spazio al potere dei più forti.
Come sempre i passaggi più belli dell’opera ratzingeriana si manifestano nell’emozione prodotta dalla radicalità del messaggio evangelico. Il sangue della crocifissione, spiega, non è contro. Non esige vendetta né punizione. Non deve ricadere su nessuno. Perché è un sangue che redime, che è stato versato per tutti gli uomini. L’Ecce homo è l’immagine di Dio, che sta dalla parte dei sofferenti. In questo senso, afferma Ratzinger, il suo sangue ricadendo sugli uomini non porta maledizione, ma “redenzione e salvezza”.
UNA CURIOSITÀ: nel libro Ratzinger dimostra - al contrario dei Vangeli sinottici - che l’Ultima Cena non è avvenuta il giorno di Pasqua, ma alla vigilia come suggerisce evangelista Giovanni. Il giorno di Pasqua, invece, si colloca la sua morte. All’ora esatta in cui si macellavano gli agnelli pasquali. E così la simbologia dell’“Agnello di Dio” raggiunge il suo compimento.