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MITO E STORIA, POLITICA E TEOLOGIA: "LUCIFERO!" E LA STELLA DEL DESTINO. Storiografia in crisi d’identità ...

LA STORIA DEL FASCISMO E RENZO DE FELICE: LA NECESSITÀ DI RICOMINCIARE DA "CAPO"! Alcune note - di Federico La Sala

I. BENITO MUSSOLINI E MARGHERITA SARFATTI - II. ARNALDO MUSSOLINI E MADDALENA SANTORO.
mercoledì 24 aprile 2024
[...] "SAPERE AUDE!" (I. KANT, 1784). C’è solo da augurarsi che gli storici e le storiche abbiano il coraggio di servirsi della propria intelligenza e sappiano affrontare "l’attuale crisi di identità della storiografia" [...]
KANT E GRAMSCI. PER LA CRITICA DELL’IDEOLOGIA DELL’UOMO SUPREMO E DEL SUPERUOMO D’APPENDICE.
-***FOTO. Xanti Schawinsky, Sì, 1934
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LA STORIA DEL FASCISMO E RENZO DE (...)

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> LA STORIA DEL FASCISMO E RENZO DE FELICE: LA NECESSITÀ DI RICOMINCIARE DA "CAPO"! -- “M”: (DANTE, D’ANNUNZIO, E) {MUSSOLINI}. SULL’UTILITA’ E IL DANNO DELL’ARALDICA PER LA VITA.

martedì 3 novembre 2020

M”: (DANTE, D’ANNUNZIO, E) MUSSOLINI. SULL’UTILITA’ E IL DANNO DELL’ARALDICA PER LA VITA...*

LA BONIFICA DELL’AGRO PONTINO E LO STEMMA DELLA CITTA’ DI APRILIA (25 aprile 1936). A BEN RIFLETTERE, SE SI CONSIDERA che “Il primo bozzetto acquerellato dello stemma del nuovo centro dell’Agro Pontino fu predisposto da Araldo di Crollalanza, presidente dell’O.N.C. (Opera Nazionale Combattenti), e erede di una famiglia di insigni araldisti che contribuirono tra la fine del XIX sec. e l’inizio del XX a un aggiornamento in Italia della scienza del blasone” e, ancora, che “un velato riferimento al nome del fondatore della Città sembra non mancare nello stemma. Esso è dato dalla disposizione delle rondini che non sembra affatto casuale. Infatti le rondini tracciano idealmente una lettera M maiuscola considerate insieme all’andamento perpendicolare dei fianchi dello scudo [...] Tale stratagemma del richiamo al nome di Mussolini era più esplicito nella prima versione dello stemma di Pontinia [...]. Un richiamo del genere si trovava anche nell’originario stemma di Sabaudia, nel quale campeggiava un’aquila caricata da uno scudo sabaudo e posata su tre monti che, per numero e disposizione, accennavano ad una lettera M” (cfr. don Antonio Pompili, “Lo stemma”, Comune di Aprilia, NON E’ IMPENSABILE CHE nel “gioco” dell’immagine elaborata da Araldo di Crollalanza sia presente una volontà di alludere a Dante (alla “M”, all’Aquila, del canto XVIII del Paradiso) e al contempo di inviare un “messaggio” al primo duce”, a D’Annunzio (e al suo “Dantes Adriacus”).

* Nota a margine dell’articolo di Aurelio Musi, "Un caso letterario: M, l’uomo della Provvidenza", "L’identità di Clio", 5 Ottobre 2020.

Federico La Sala


P. S. IMMAGINARIO E STORIOGRAFIA. I "FATTORI" DEL RISORGIMENTO ITALIANO: DA DANTE A D’ANNUNZIO E A MUSSOLINI ("M") ...

A) Una "Cartolina illustrata:I Fattori del Risorgimento Italiano 1848 -1916"

"La didascalia recita: «XXX. I. a. I. Cartolina illustrata di cm 9 x 13,8. Milano, 18 giugno 1917.
-  Ritratti di Dante, Camillo Cavour, Giuseppe Mazzini, Antonio Salandra, Giosuè Carducci, Giuseppe Garibaldi, Giuseppe Verdi, Sidney Sonnino, Gabriele D’Annunzio.
-  Al centro i ritratti di Vittorio Emanuele II, Umberto I, Vittorio Emanuele III e del generale Cadorna, con gli stemmi dell’Italia e delle tre capitali.»
-  cfr. Borgia, C., a cura di, Cartoline dantesche: la collezione Baldassarri, Firenze, Edizioni del Galluzzo, per la Fondazione Ezio Franceschini, 2009, p. 205 (sul CD-Rom allegato al volume la cartolina è segnata n. 244). -Dante rimase il principale simbolo nazionale almeno fino alla prima guerra mondiale con la quale l’Italia riacquistò le terre che erano rimaste sotto il dominio austriaco e che non avevano visto riconosciute le loro aspirazioni di italianità.
-  Le cartoline dantesche rispecchiano, da questo punto di vista, un filone specifico tra le cartoline di propaganda, quello del nazionalismo e dell’interventismo istigato soprattutto dal sentimento italiano dei territori ancora irredenti; testimonianze di un’aspirazione libertaria che, a partire dai primi moti indipendentisti del 1820-21, si protrasse fino almeno all’impresa di Fiume, annessa al Regno d’Italia il 12 settembre 1919, con la quale D’Annunzio volle portare al suo estremo compimento il processo di unificazione.
-  Sulla cartolina come strumento di propaganda introdotto a partire da metà Ottocento si rimanda all’appena citato Cartoline dantesche: la collezione Baldassarrialle pp. 3-5" (cfr. Andrea Simone, "Dante in scena. Percorsi di una ricezione: dalla fine dell’Ancien Régime al Grande Attore": file:///C:/Users/Asus/AppData/Local/Temp/Tesi%20di%20dottorato_Andrea%20Simone_XXX%20ciclo-1.pdf).

B) STORIA D’ITALIA E MOSTRA DELLA RIVOLUZIONE FASCISTA: "[...]Nel 1932, per il decimo anniversario del suo arrivo al potere, il regime commemorò se stesso attraverso una enorme esposizione dedicata alla Marcia su Roma. Il Palazzo delle Esposizioni a Roma venne suddiviso in diverse stanze, ognuna delle quali dedicata a uno specifico momento storico: dall’entrata in guerra dell’Italia nel 1915, alla presa del potere da parte del fascismo nell’ottobre del 1922. Si trattò di un’auto-celebrazione del fascismo non solo come momento capitale del passato recente dell’Italia ma anche come chiave concettuale per reinterpretare la storia nella nazione. Il fascismo ne emerse come il momento iniziale di una nuova era.
-  La grandiosa struttura scenografica della mostra derivava dalla volontà di trasmettere nella maniera più efficiente possibile il messaggio ideologico dell’iniziativa. Come indicato dalla guida ufficiale, il fine della mostra era di costruire un’«atmosfera», per veicolare una comprensio-ne intima del messaggio ideologico, basata sui sentimenti e non necessariamente sulla ragione. Un passaggio della guida riporta infatti: «Ed è perciò che questa Mostra non ha l’aspetto arido, neutro, estraneo che hanno di solito i musei. Essa invece si rivolge alla fantasia, eccita l’immaginazione, ricrea lo spirito, il visitatore re ne resterà conquistato e preso fin dentro l’anima».
-  In questo processo di spettacolarizzazione della politica, giocavano un ruolo centrale numerose citazioni tratte dai discorsi di Mussolini. Ingigantite in dimensioni monumentali, la parole si imponevano in un dialogo diretto e personale con il visitatore: costituivano l’elemento di transizione visivo - ma anche concettuale - fra la immagini disposte sui muri e la documentazione in gran parte scritta (lettere, note autografe di reduci, ritagli di giornale) esposta nelle bacheche. La sala Q della mostra, ad esempio, progettata da Mario Sironi (ill. 1), accoglieva i visitatori con le parole, in caratteri giganteschi, pronunciate da Mussolini di fronte al re in occasione della Marcia su Roma: «Maestà, vi porto l’Italia di Vittorio Veneto». [...]
-  Nel 1932, rivolgendosi al re all’inaugurazione del monumento a Anita Garibaldi sul Gianicolo, ritornò sulla questione e rese ancor più esplicita l’associazione dichiarando: «Gli italiani del XX secolo hanno ripreso tra il ’14 ed il ’18, sotto il comando Vostro, o sire, la marcia che Garibaldi nel 1866 interruppe a Bezzecca, col suo laconico e drammatico «Obbedisco» e l’hanno continuata sino al Brennero, sino a Trieste, a Fiume, a Zara, sul culmine del Nevoso; sull’altra sponda dell’Adriatico» [...] Nella mostra del 1932, le citazioni di Mussolini facevano parte dello stesso ambito concettuale dei fatti storici, come tutti gli altri documenti incorniciati sui muri ed esposti nelle vetrinette. In termini più espliciti, queste parole funzionavano come una ricapitolazione coesa, che rende comprensibili le prove docu-mentarie esposte nella sala (oggetti, pagine di giornale, lettere, telegrammi). Ma l’uso di citazione per incapsulare una moltitudine di prove era sostanzialmente un espediente fittizio, nel quale la dimensione storica e quella storiografica venivano a sovrapporsi (cfr. Maria Elena Versari, "Parole (Iscrizioni)", in AA.VV., Fascismo e società italiana.Temi e parole-chiave,a cura di Carlo De Maria, Bologna (BraDypUS) 2016 pp. 281-296: https://books.bradypus.net/sites/default/images/free_downloads/fascismo_societa_italiana_no_images.pdf).

C) LA "BONIFICA INTEGRALE" DELLA STORIA D’ITALIA: "[...] Con l’avvento del fascismo la bonifica si trasformò in una delle principali azioni sociali del regime. Essa divenne una delle leve attraverso cui la politica del fascismo tentò di trasmettere al paese quel sentimento di «rigenerazione» del corpo «vitale e pulsante» della nazione all’interno di una visione prettamente organicista. In continuità amministrativa e finanziaria con il primo decennio del XX secolo, l’impegno politico nelle opere di bonifica fu declinato, questa volta, in un’enfasi crescente di rappresentazioni simboliche e di finalità sociali a forte impronta ideologica.
-  Il fascismo volle intendere la bonifica non solo un fatto materiale, che ricoprì comunque un posto di primo piano nella programmazione centralizzata del regime, ma soprattutto spirituale, che mirava a costruire l’uomo nuovo, e una rinnovata adesione alla nazione purificata dagli agenti infetti del vecchio regime incapace di risollevarne le sorti. Pertanto, termini come «bonifica spirituale» o «umana» evocarono metafore palingenetiche che entravano prepotentemente nella cultura politica del tempo [...]
-  Tra il 1928 e il 1938, con la bonifica integrale si pianificò la completa utilizzazione agraria dei terreni e il riassetto globale idrogeologico, estendendo, inoltre, l’ambito territoriale (Meridione e isole) e strutturale (irrigazione, dighe e acquedotti, costruzione di borgate e fabbricati rurali, strade). La spesa globale Fascismo e società italiana ammontò ad oltre sette miliardi di lire, un finanziamento davvero imponente in rapporto a quell’epoca. L’azione bonificatrice fu guidata dall’Opera nazionale combattenti che, all’inizio, si concentrò nel Settentrione (pianure padana e veneta) in Italia centrale (Toscana e alto Lazio) e in Italia meridionale e insulare. [...]
-  L’obiettivo però si rivelava molto arduo da realizzare e, nonostante la propaganda del regime, molte opere furono lasciate a metà a causa di una riduzione dal 1931 del flusso di spesa pubblica che scoraggiò ulteriormente i proprietari a sottostare all’applicazione delle leggi sugli adempimenti di bonifica. [...].
-  La più riuscita opera di bonifica contro i vincoli ambientali e di propaganda del regime fu quella delle Paludi pontine nel Lazio meridionale, cominciata nel 1930 e condotta dall’Opera nazionale combattenti. Si trattava di una superficie delimitata dalle catene dei monti Lepini e Ausoni, da Terracina, dal Circeo, da Cisterna e da Nettuno, costituita da duemila anni, lungo il litorale che si estendeva tra Roma e Gaeta, in una landa boschiva, melmosa, paludosa e pestilenziale, ove si svolgeva una vita primitiva da mandriani, largamente falciati dalla malaria [...]" (cfr. Francesco Di Bartolo, "Bonifica", in AA.VV., Fascismo e società italiana.Temi e parole-chiave, cit., pp. 83-95).

Federico La Sala


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