LA PRODUZIONE DEL GRANO, L’ARATRO, LA TERRA, LA SCRITTURA ALFABETICA, E LA “INTELLIGENZA ARTIFICIALE” DELLA “TRAGEDIA” DELLA GRECIA ANTICA.
UNA NOTA SULLA “AGRICOLTURA” DELLA TRADIZIONE TEOLOGICO-POLITICA PLATONICO-COSTANTINIANA (NICEA, 325-2025).
A PARTIRE DALL’ ALFABETO, DALL’ ALFA E DALL’OMEGA. Se si considera che già Democrito era riuscito (non solo a ridere, ma anche) a concepire una cosmologia fondata su atomi-lettere e, quindi, la possibilità di costruire una macchina che potesse “rac-contare” automatica-mente la “storia del cosmo”, o, che è lo stesso, che un giorno fosse facile ottenere esatte mappe del cielo del passato, questo ci dice che fino ad oggi è stato portato avanti un programma “scientifico”, imbozzolato nelle coordinate di un vecchio “storytelling” cosmoteandrico. Whitehead (con Bertrand Russell, autore dei “#Principia Mathematica”) aveva molte ragioni dalla sua: “Tutta la storia della filosofia occidentale non è che una serie di note a margine su Platone”.
Se è così, che fare, “qui” ed “ora”, se non andare oltre l’antico programma, codificato nella “macchina” di “scrittura” della tragedia, e portarsi fuori dal rapporto sociale di produzione “cinematografico” platonico-hegeliano?
La narrazione di un “mondo come volontà e rappresentazione” cosmoteandrica di un Autore Sovrano, a tutti i livelli, è finita, e, se non si vuole restare asfissiati nella sua “caverna”, non si può non seguire “Dante Alighieri” e cercare di ritrovare la diritta via della Commedia!
LA PRODUZIONE DEL GRANO (ARATURA, SEMINAGIONE, SARCHIATURA, E TREBBIATURA) E IL “RAPPORTO SOCIALE DI PRODUZIONE” (“PRENDETE E MANGIATE”).
Considerato che la nascita dell’agricoltura e l’invenzione dell’aratro “camminano insieme” e, ancora, che la stessa “direzione di scrittura dei Greci fu dapprima bustrofedica (cioè con una direzione alterna: una riga da destra verso sinistra e la successiva da sinistra verso destra, come il tracciato che un aratro trascinato da un bue disegna sul campo) e in seguito essa divenne solamente destrorsa, cioè da sinistra verso destra” (cfr. Francesco De Renzo, “Alfabeto”, Treccani, 2005: https://www.treccani.it/enciclopedia/alfabeto_(Enciclopedia-dei-ragazzi)/), è bene ricordare lo stravolgimento epocale prodotto dall’aratro nella storia dell’eco-nomia e dell’ecologia del Pianeta Terra (nella “casa” degli esseri umani):
“L’uomo primitivo usava bastoni per forare il terreno e apporvi il seme, in seguito modificò lo strumento per creare zappette che erano inefficienti nel garantire la preparazione del #letto di semina. Pertanto l’invenzione dell’aratro, che ha luogo in Mesopotamia nel IV millennio a.C. ad opera dei Sumeri, è un evento rivoluzionario perché aumenta in modo rilevante la produttività dell’agricoltura consentendo la creazione di quelle eccedenze di cibo che sono alla base della genesi di società complesse basate sulla divisione del lavoro. L’aratura è una pratica antica, il poeta latino Virgilio lo considerava “lavoro dell’uomo e dei buoi in grado di rivoltare la #terra” [...]” (cfr. SDS Archivio Storico: https://archiviostorico.sdfgroup.com/racconti/due-grandi-rivoluzioni-la-nascita-dellagricoltura-e-linvenzione-dellaratro/ ).
ANDROCENTRISMO DELLA GRECIA ANTICA E ANTROPOLOGIA DELLA RIVOLUZIONE SCIENTIFICA NELL’EUROPA RINASCIMENTALE:
a) GLI UOMINI COME”CHICCHI” DI GRANO E LE DONNE COME “TERRA” DA ARARE E SEMINARE: “[,,,] In una cultura che concepisce il matrimonio come attività agricola, fatica, semina, la contiguità fra una giovane nubile e i chicchi di grano è marcata in senso forte. La formula tradizionale, pronunciata in occasione del fidanzamento dal padre della fanciulla da maritare, suona infatti: «D’ora in poi ti fidanzo a mia figlia, ragazzo, per la semina («ep’arotoi») di figli legittimi.» Il genero è il «lavoratore» o il «seminatore» di una «terra» identica alla figlia: il suo seme assicurerà la nascita di figli legittimi. Grazie al seme, la rigenerazione è assicurata. Il padre di una figlia «epìkleros» è assimilato a una spiga di grano priva di chicchi, tagliata alla radice durante la mietitura: manca dei semi necessari alla rigenerazione della sua stirpe. Non ha un figlio maschio, e lascia dopo di sé solo una «terra»” (Jesper Svenbro, “Storia della lettura nella Grecia antica” [“Phrasikleia, 1988], Laterza, 1991, p. 99);
b) “ANATOMIA” (VALVERDE, 1560): “I TESTICOLI DELLE DONNE [...] Avrei voluto con mio honore poter lasciar questo capitolo, accioche non diventassero le Donne più superbe di quel, che sono, sapendo, che elleno hanno anchora i testicoli, come gli uomini; e che non solo sopportano il travaglio di nutrire la creatura dentro suoi corpi, come si mantiene qual si voglia altro seme nella terra, ma che anche vi pongono la sua parte, e non manco fertile, che quella degli uomini, poi che non mancano loro le membra, nelle quali si fa; pure sforzato dall’historia medesima non ho potuto far altro. Dico adunque che le Donne non meno hanno testicoli, che gli huomini, benche non si veggiano per esser posti dentro del corpo [...]”: così inizia il cap.15 dell’Anatomia di #GiovanniValverde, stampata a Roma nel 1560, intitolato “De Testicoli delle donne” (p. 91).
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