LA PIETAS COME ORIGINE DI TUTTE LE VIRTÙ *
L’origine del culto della dea Pietas è purtroppo sconosciuta, ma sappiamo che vi erano a Roma due templi: uno - il più importante - nel Forum Holitorium, promesso in voto nel 191 a. C. durante la battaglia delle Termopili, dal console Manio Acilio Glabrione, ed eretto da suo figlio nel 181 a. C.; l’altro nel Circus Flaminius. Al tempio del Forum Holitorium è legato un racconto, che vale la pena riportare direttamente dalle parole di Valerio Massimo:
Si tratta, come si vede, di un caso molto particolare di pietas, che i Romani stessi percepivano
come esemplare: Plinio, raccontando lo stesso fatto, per introdurlo usa le seguenti parole:
pietatis exempla infinita quidem toto orbe extitere, sed Romae unum, cui comparari cuncta non possint
(Naturalis Historia 7, 36, 121: gli esempi di pietas sono infiniti in tutto il mondo, ma se ne ebbe a
Roma uno solo, che non è possibile paragonare a nessuno).
Proprio da Plinio ci giunge la
notizia che il luogo in cui si trovava il carcere in cui avvenne questa vicenda fu poi consacrato
alla dea Pietas: è chiaro che questo racconto deve essere stato particolarmente significativo, in
riferimento a Pietas come divinità. C’è, inoltre, anche un altro fattore da tenere in
considerazione: come abbiamo detto, il tempio fu eretto dal figlio del console Manio Acilio
Glabrio.
Wissowa, cui dobbiamo ancora una volta la connessione del racconto alla realtà
storica, ritiene che il tempio fu fatto edificare come un atto di pietas del figlio nei confronti del
padre, probabilmente per una circostanza legata alla guerra che si stava svolgendo in quel
momento6.
Proviamo a capire meglio il significato di questo racconto continuando a leggere Valerio Massimo, che, subito dopo aver esposto la storia della figlia che allatta la madre, aggiunge un giudizio molto utile, dal punto di vista antropologico:
Questa considerazione è estremamente illuminante, e vorremmo riportare in merito il commento di Roberto M. Danese:
Si tratta di un caso veramente straordinario: l’esempio percepito come il più eclatante di pietas,
che è poi «il più tipico Wertbegriff della cultura romana», nel momento in cui viene spiegato
presenta un ‘corto circuito’ culturale64. Prima di approfondire questa questione, è bene chiarire
più genericamente che cosa sia - in breve - la pietas.
Per farlo, ci rivolgeremo ad Alfonso Traina, che ha curato la voce Pietas nell’Enciclopedia Virgiliana, e che cerca di fissare i tratti
caratterizzanti di questa qualità, sintetizzandoli molto efficacemente nei seguenti punti65: a) il
senso del dovere; b) l’affettività: la pietas non è solo una virtù, è anche un sentimento; c) la
bipolarità: i destinatari della pietas sono sia gli dei, sia gli uomini (in quanto legati da un
vincolo affettivo, familiare o sociale); d) la reciprocità.
Dunque, la pietas è, in fondo, una rete di comportamenti e di atteggiamenti che fanno sistema:
è come se fosse un codice attraverso cui si comunicano le modalità relative a che cosa sia
giusto fare dentro e fuori dal gruppo familiare, verso gli uomini e verso gli dèi. Come mai il
racconto della figlia che allatta la madre appare così inusitatus, così inauditum? Cosa c’è
esattamente di contra rerum naturam? Evidentemente, anche riflettendo sulla giustificazione di
lex naturae che viene subito dopo, il problema è nella confusione dei ruoli che il gesto di una
figlia che allatti la madre inevitabilmente produce.
La lex naturae, infatti, implica ovviamente
che sia una madre ad allattare la sua prole (o - in ogni caso - che siano i genitori a provvedere
al sostentamento dei figli)68. L’aspetto che più ci interessa, e che costituisce, secondo noi, il
turning point risolutivo del «corto circuito», è quello relativo all’altezza morale di questa
nozione romana. La storia del genitore nutrito dal proprio figlio provoca il pensiero per
quanto riguarda i nodi culturali che tocca, e Cicerone riesce a darci delle informazioni preziose
in merito:
L’oratore, in questo punto della Pro Plancio, si sta riferendo appunto a Gneo Plancio, ma a noi
interessano le sue considerazioni rispetto al modello antropologico che abbiamo individuato,
ovvero rispetto alla presenza di questo gruppo omogeneo di virtù deificate che funzionano
come un codice di condotta, e non dobbiamo stupirci del fatto che proprio la pietas sia
considerata il fundamentum omnium virtutum.
Si tratta della virtù romana per eccellenza, manon si tratta di un banale luogo comune, è
anzi una qualità d’importanza sociale e morale
straordinaria: ci è dunque chiaro che siamo di fronte, in conclusione, ad un insieme di regole
che sono alla base della convivenza sociale e del comportamento morale civicamente
riconosciuti, in quanto riguardano tutti gli aspetti della vita del cittadino, dal rapporto con la
sua famiglia a quello con gli dèi e con la città stessa.
* UNA CITAZIONE, SENZA LE NOTE, dal lavoro (in rete) di Cfr. Laura R. Bevilacqua, UN PANTHEON PER LE VIRTÙ II 13, I QUADERNI DEL RAMO D’ORO ON-LINE n. 10 (2018).