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"LA SCENA PERDUTA": IMMAGINARIO CATTOLICO IN UNA STORIA ISRAELIANA. «Una raffigurazione della “caritas romana”, evocata nel mito di Pero e Cimone e ricordata per allusione nel titolo del mio romanzo: un padre condannato a morire di fame in prigione e salvato dalla pietà della figlia che gli offre il suo latte».

LA CARITÀ SPAGNOLA, LA "CARITAS ROMANA", LA VECCHIA ALLEANZA EDIPICA DELLA MADRE CON IL FIGLIO ("SPOSO" E "PADRE"). Abraham B. Yehoshua sul cammino di Santiago. Un’intervista di Elena Loewenthal - a c. di Federico La Sala

Carità spagnola è il titolo del nuovo romanzo di Abraham B. Yehoshua, uscito in Israele. (...) nell’edizione Einaudi ... La scena perduta, per evocare il mistero di un’assenza, di una lontananza nel tempo e nella mente
martedì 7 febbraio 2012
[...] «Il libro è cattolico solo nella sua cornice, nell’ambientazione - e non nella sostanza. È indubbio che però per me il rapporto tra questa religione e l’arte sia carico di fascino, attrazione - anche e soprattutto perché, all’opposto, l’ebraismo è una fede “avara”, anzi ostile, nei confronti dell’arte. Ho dunque attinto all’immaginario cattolico, innestandolo in una storia secondo me profondamente israeliana» [...]
SAN PAOLO, COSTANTINO, E LA NASCITA DEL CATTOLICESIMO. La (...)

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> "LA PIETAS COME ORIGINE DI TUTTE LE VIRTÙ. A che punto non arriva o cosa non escogita la pietas, per salvare una madre dal carcere (di Laura R. Bevilacqua - "Un Pantheon per le virtù").

giovedì 8 giugno 2023

LA PIETAS COME ORIGINE DI TUTTE LE VIRTÙ *

L’origine del culto della dea Pietas è purtroppo sconosciuta, ma sappiamo che vi erano a Roma due templi: uno - il più importante - nel Forum Holitorium, promesso in voto nel 191 a. C. durante la battaglia delle Termopili, dal console Manio Acilio Glabrione, ed eretto da suo figlio nel 181 a. C.; l’altro nel Circus Flaminius. Al tempio del Forum Holitorium è legato un racconto, che vale la pena riportare direttamente dalle parole di Valerio Massimo:

      • Sanguinis ingenui mulierem praetor apud tribunal suum capitali crimine damnatam triumuiro in carcere necandam tradidit. quo receptam is, qui custodiae praeerat, misericordia motus non protinus strangulauit: aditum quoque ad eam filiae, sed diligenter excussae, ne quid cibi inferret, dedit existimans futurum ut inedia consumeretur. cum autem plures iam dies intercederent, secum ipse quaerens quidnam esset quo tam diu sustentaretur, curiosius obseruata filia animaduertit illam exerto ubere famem matris lactis sui subsidio lenientem.
        -  quae tam admirabilis spectaculi nouitas ab ipso ad triumuirum, a triumuiro ad praetorem, a praetore ad consilium iudicum perlata remissionem poenae mulieri impetrauit.

      • Un pretore consegnò al triumviro una donna di nobile stirpe condannata alla pena capitale presso il suo tribunale affinché fosse uccisa in carcere. Colui che era a capo della custodia, dopo averla presa, mosso da misericordia non la strangolò subito: diede anche il permesso alla figlia di andare da lei, ma diligentemente perquisita affinché non portasse del cibo, ritenendo che sarebbe morta di fame. Poiché trascorsero molti giorni, lui stesso si chiedeva con che cosa mai riuscisse a sostentarsi così a lungo, osservando la figlia con più attenzione si accorse che quella, denudando il petto, placava la fame della madre con l’aiuto del suo latte.
        -  Di uno spettacolo così straordinario quella novità fu portata da lui stesso al triumviro, dal triumviro al pretore, dal pretore al consiglio dei giudici, e procurò alla donna la remissione della pena.

Si tratta, come si vede, di un caso molto particolare di pietas, che i Romani stessi percepivano come esemplare: Plinio, raccontando lo stesso fatto, per introdurlo usa le seguenti parole: pietatis exempla infinita quidem toto orbe extitere, sed Romae unum, cui comparari cuncta non possint (Naturalis Historia 7, 36, 121: gli esempi di pietas sono infiniti in tutto il mondo, ma se ne ebbe a Roma uno solo, che non è possibile paragonare a nessuno).
-  Proprio da Plinio ci giunge la notizia che il luogo in cui si trovava il carcere in cui avvenne questa vicenda fu poi consacrato alla dea Pietas: è chiaro che questo racconto deve essere stato particolarmente significativo, in riferimento a Pietas come divinità. C’è, inoltre, anche un altro fattore da tenere in considerazione: come abbiamo detto, il tempio fu eretto dal figlio del console Manio Acilio Glabrio.
-  Wissowa, cui dobbiamo ancora una volta la connessione del racconto alla realtà storica, ritiene che il tempio fu fatto edificare come un atto di pietas del figlio nei confronti del padre, probabilmente per una circostanza legata alla guerra che si stava svolgendo in quel momento6.

Proviamo a capire meglio il significato di questo racconto continuando a leggere Valerio Massimo, che, subito dopo aver esposto la storia della figlia che allatta la madre, aggiunge un giudizio molto utile, dal punto di vista antropologico:

      • Quo non penetrat aut quid non excogitat pietas, quae in carcere seruandae genetricis nouam rationem inuenit? quid enim tam inusitatum, quid tam inauditum quam matrem uberibus natae alitam? putarit aliquis hoc contra rerum naturam factum, nisi diligere parentis prima naturae lex esset.

      • A che punto non arriva o cosa non escogita la pietas, che scoprì un nuovo sistema per salvare una madre dal carcere? Cosa c’è di tanto inusitato, che cosa di tanto inaudito se non che una madre sia nutrita dal petto di sua figlia? Qualcuno potrebbe ritenere questo fatto contro natura, se amare i genitori non fosse la prima legge di natura.

Questa considerazione è estremamente illuminante, e vorremmo riportare in merito il commento di Roberto M. Danese:

      • L’allattamento filiale è anche un fatto inusitatum ed inauditum, cioè una cosa che non si è mai fatta o non si è mai vista fare, né si è mai sentita raccontare. Ciò che è fuori dall’usus e dalla traditio di un popolo è anche fuori dalla sua cultura e Valerio Massimo, proprio attraverso gli aggettivi inusitatum ed inauditum, ci comunica l’imbarazzante inconciliabilità dell’allattamento filiale con i meccanismi e la storia della cultura antica. Poi si spinge più oltre, arrivando a sostenere che il fatto potrebbe essere ritenuto contrario anche alle leggi di natura, se non fosse giustificato da quella superiore legge naturale che impone di diligere parentes.

Si tratta di un caso veramente straordinario: l’esempio percepito come il più eclatante di pietas, che è poi «il più tipico Wertbegriff della cultura romana», nel momento in cui viene spiegato presenta un ‘corto circuito’ culturale64. Prima di approfondire questa questione, è bene chiarire più genericamente che cosa sia - in breve - la pietas.
-  Per farlo, ci rivolgeremo ad Alfonso Traina, che ha curato la voce Pietas nell’Enciclopedia Virgiliana, e che cerca di fissare i tratti caratterizzanti di questa qualità, sintetizzandoli molto efficacemente nei seguenti punti65: a) il senso del dovere; b) l’affettività: la pietas non è solo una virtù, è anche un sentimento; c) la bipolarità: i destinatari della pietas sono sia gli dei, sia gli uomini (in quanto legati da un vincolo affettivo, familiare o sociale); d) la reciprocità.
-  Dunque, la pietas è, in fondo, una rete di comportamenti e di atteggiamenti che fanno sistema: è come se fosse un codice attraverso cui si comunicano le modalità relative a che cosa sia giusto fare dentro e fuori dal gruppo familiare, verso gli uomini e verso gli dèi. Come mai il racconto della figlia che allatta la madre appare così inusitatus, così inauditum? Cosa c’è esattamente di contra rerum naturam? Evidentemente, anche riflettendo sulla giustificazione di lex naturae che viene subito dopo, il problema è nella confusione dei ruoli che il gesto di una figlia che allatti la madre inevitabilmente produce.
-  La lex naturae, infatti, implica ovviamente che sia una madre ad allattare la sua prole (o - in ogni caso - che siano i genitori a provvedere al sostentamento dei figli)68. L’aspetto che più ci interessa, e che costituisce, secondo noi, il turning point risolutivo del «corto circuito», è quello relativo all’altezza morale di questa nozione romana. La storia del genitore nutrito dal proprio figlio provoca il pensiero per quanto riguarda i nodi culturali che tocca, e Cicerone riesce a darci delle informazioni preziose in merito:

      • Omitto illa quae, si minus in scaena sunt, at certe, cum sunt prolata, laudantur, ut vivat cum suis, primum cum parente - nam meo iudicio pietas fundamentum est omnium virtutum - quem veretur ut deum - neque enim multo secus est parens liberis - amat vero ut sodalem, ut fratrem, ut aequalem.

      • Non dico nulla di quelle cose che, se sono meno evidenti, vengono comunque lodate quando si vengono a sapere, ad esempio come viva con i parenti, soprattutto con il padre - infatti a mio giudizio la pietas è l’origine di tutte le virtù - che si rispetta come se fosse un dio - infatti un padre non è di molto inferiore a un dio per i suoi figli - lo ama anzi come un amico, come un fratello, come un coetaneo.

L’oratore, in questo punto della Pro Plancio, si sta riferendo appunto a Gneo Plancio, ma a noi interessano le sue considerazioni rispetto al modello antropologico che abbiamo individuato, ovvero rispetto alla presenza di questo gruppo omogeneo di virtù deificate che funzionano come un codice di condotta, e non dobbiamo stupirci del fatto che proprio la pietas sia considerata il fundamentum omnium virtutum.
-  Si tratta della virtù romana per eccellenza, manon si tratta di un banale luogo comune, è anzi una qualità d’importanza sociale e morale straordinaria: ci è dunque chiaro che siamo di fronte, in conclusione, ad un insieme di regole che sono alla base della convivenza sociale e del comportamento morale civicamente riconosciuti, in quanto riguardano tutti gli aspetti della vita del cittadino, dal rapporto con la sua famiglia a quello con gli dèi e con la città stessa.

* UNA CITAZIONE, SENZA LE NOTE, dal lavoro (in rete) di Cfr. Laura R. Bevilacqua, UN PANTHEON PER LE VIRTÙ II 13, I QUADERNI DEL RAMO D’ORO ON-LINE n. 10 (2018).


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