Cardinale, non c’è più religione
di Roberta de Monticelli (il Fatto Quotidiano, 26 gennaio 2012)
È proprio vero che non c’è più religione. In Vaticano, dico, e neppure ai vertici della Chiesa ambrosiana. Ma come: il Teatro Franco Parenti ospita uno spettacolo che gira da più di un anno, intessuto di citazioni bibliche, capace a suo modo di scuotere insieme le viscere e la mente. C’è un Padre, e un Figlio. C’è un’agonia terribile e umiliante. C’è un pianto sconsolato e un amore impotente.
C’è tutta intera la cognizione del dolore, e della mortalità. C’è tutta la tenerezza e la debolezza della carne, la sua fragilità, la sua corruzione. C’è una Passione, c’è un Giobbe che si sparge il corpo e le piaghe di melma.
C’è addirittura un velo che si squarcia e un fulmine che pare scuota la terra, e la terra del resto tremava già sotto il palco e le assi della platea, prima che lo spettacolo cominciasse, e così il brontolio cupo del cielo e delle viscere della terra avvolgeva lo spettatore, a prepararne l’anima.
E sopra tutto, fra terra e cielo - solo sfondo - il Volto. Quello del Salvator Mundi di Antonello da Messina. Nella sua infinita, indicibile, muta dolcezza. Che perfino quando si squarcia resta, si vede, partorisce ancora forme umane, si confonde con la Parola, si ricompone in filigrana. E lascia intravedere salmi di fede e di dubbio. Le citazioni preferite dal Cardinal Martini.
Sembra una lezione di teologia, o forse un’omelia, una parabola, un midrash. Con annesso talmud e glossario e commento, un dibattito che si trova disteso in rete da Parigi a qui, che dura e si riaccende. Ma cosa vogliono di più?
Non ci si può credere, che il cardinale Scola, certo un fine teologo, abbia davvero parlato di “opera contraria ai simboli religiosi”! Meno male che Scilipoti ha mostrato da quali profondità teologiche e spirituali possa salire questa scomunica, con un’interrogazione parlamentare in cui citando Scola chiede al ministro di proibire lo spettacolo: ma è possibile che qualcuno possa scrivere, dopo tutto questo, che il cardinale ha mostrato molta saggezza perché pur rammaricandosi non ha chiesto la sospensione della pièce al Parenti?
Ma scusi, caro Umberto Veronesi, a che titolo mai avrebbe potuto - anche soltanto osare? Siamo tutti impazziti? Vabbè, in fondo, grazie a queste bizzarrie torna a teatro perfino un po’ di emozione civile: dunque la gente ancora pensa, si emoziona, discute? Con il cielo e l’inferno forse tornano le idee, si risvegliano dalla formalina, anzi dal decerebrato bailamme dei talk-show? Magari!
Certo, girano in rete propositi di idiozia criminoide, mentre per strada, intruppate, girano vecchiette col rosario, che poverette col freddo che fa le camionette della polizia le tengono lontane dal caldo foyer del tetro, ma perché? Sì, certo, perché non si sa mai: pare che in questi giorni sia arrivato di tutto al Teatro Parenti e ad Andrée Ruth Shammah: minacce, insulti, perfino schifezza antisemita...
Ma ecco in tutto questo la frase più straniante, a suo modo davvero blasfema nella sua comicità surreale. Come surreale può essere una contraddizione logica e un’infamia etica che per nascondersi si cosparge di melliflua, socializzante gommosità. Eccola, viene diretta dal portavoce del Papa, Padre Lombardi, o almeno gli è attribuita: avrebbe potuto, la direttrice del teatro “farsi carico della dimensione sociale della libertà di espressione”!
Oh Dio, e sarebbe questa la Parola, cui “si addice la temperatura del fuoco”? Questo il tocco della grazia che rinnova e ricrea, che fa rinascere a vita eterna, che chi la ode non avrà più sete ? Davvero non c’è più religione, in Vaticano.