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SUPERATA LA VELOCITA’ DELLA LUCE. «Siamo piuttosto certi dei nostri risultati ma abbiamo bisogno che altri colleghi li confermino», ha dichiarato il ricercatore italiano, Antonio Ereditato, che lavora al centro di fisica delle particelle del Cern

AL DI LA’ DELLA TEORIA DELLA RELATIVITA’. I neutrini battono la luce di 60 nanosecondi sulla distanza di 730 km, tra Ginevra, sede del Cern, e il Gran Sasso, sede del laboratorio dell’Istituto di Fisica Nazionale (Infn). Una nota - a c. di Federico La Sala

sabato 24 settembre 2011 di Federico La Sala
Il Cern di Ginevrà infligge un duro colpo ad uno degli assiomi della relatività di Albert Einstein, secondo il quale nell’universo niente può superare il limite della velocità della luce. Un team di ricercatori guidato dall’italiano Antonio Ereditato ha registrato che i neutrini, le particelle più piccole e così sfuggente da attraversare qualsiasi solido, hanno superato i 300.000 chilometri al secondo.

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> AL DI LA’ DELLA TEORIA RELATIVITA’. --- Zichicche più veloci della luce (di Armando MAssarenti). --- Gli scienziati non possono sedersi a festeggiare. Ora misure con metodi diversi (di CArlo Bernardini).

martedì 27 settembre 2011

Filosofia minima

-  Zichicche più veloci della luce

di Armando Massarenti (il Sole 24 Ore, 25.09.2011)

Dunque se i conti si riveleranno corretti, e il margine di errore ragionevole, i neutrini sono più veloci della luce. Con l’esperimento Opera del Cern, partendo da Ginevra, i neutrini arrivano al laboratorio sotterraneo del Gran Sasso con un piccolissimo anticipo (sessanta miliardesimi di secondo) rispetto al previsto. La notizia era sui giornali di giovedì. Ma Antonino Zichichi ha cercato di essere più veloce dei neutrini. Prima ancora del comunicato ufficiale del Cern, ha telefonato a «Il Giornale» per anticipare la notizia: «Qui gira voce di una scoperta straordinaria».

Con il senso della misura che lo contraddistingue, ci ha regalato una delle sue deliziose Zichicche (così le aveva battezzate Piergiorgio Odifreddi in un libro esilarante di alcuni anni fa). Zichichi ha pensato bene di seminare il panico epistemologico, sostenendo che la scoperta «farebbe saltare uno dei pilastri fondamentali della nostra fisica, il principio di causalità». In altri termini, gli effetti potrebbero in qualche circostanza precedere le cause - un’eventualità piuttosto sgradevole, e non solo per la fisica -.

Per esempio, mentre mi accingo a scrivere queste righe, l’effetto (cioè questo stesso scritto) potrebbe aver preceduto la causa (l’atto di battere i tasti della tastiera), e io arriverei dopo, magari ritrovandomi stampate frasi che non condivido o errori madornali. Qualcosa del genere potrebbe essere successo al ministro Gelmini che ha diramato un comunicato, divenuto subito di culto nel popolo del web, in cui si legge che «alla costruzione del tunnel tra il Cern e i laboratori del Gran Sasso, attraverso il quale si è svolto l’esperimento, l’Italia ha contribuito con uno stanziamento oggi stimabile intorno ai 45 milioni di euro». Che siano inesistenti, oltre che il tunnel, anche i finanziamenti? Per fortuna, le cose non stanno così.

Come spiega ogni buon libro di relatività, il principio di causalità richiede unicamente l’esistenza di una velocità limite universale, cioè di una velocità che nessun corpo e nessun segnale possono superare. Basta questo a garantire che la successione temporale tra due eventi connessi causalmente non si inverta se cambia il sistema di riferimento. L’esperimento del Cern non mostra che una velocità limite non esiste, ma solo che potrebbe non essere uguale a quella della luce, come previsto dalla relatività einsteiniana. Se i risultati di Opera saranno confermati, alcune idee sullo spazio-tempo dovranno essere riviste, ma, con buona pace di Zichichi, continuerete sempre a leggere queste righe (oltre che gli strafalcioni del ministro) solo dopo che le avrò scritte.


-  Un neutrino tira l’altro. Ora misure con metodi diversi

-  L’esperimento del Cern ha prodotto un risultato memorabile, un brivido da Superenalotto
-  
Ma gli scienziati non possono sedersi a festeggiare. Perché se scoprire è bene, verificare è meglio

di Carlo Bernardini (l’Unità, 27.09.2011)

L’’esperimento Opera di cui tanto si parla in questi giorni nei media italiani, è senza dubbio il risultato di uno sforzo eccezionale di ricerca di base di un gruppo numeroso anche di nostri fisici al Cern di Ginevra; meriterebbe perciò un risultato memorabile come quello di cui si parla. Ma proprio per questo motivo la prudenza è d’obbligo. Un sorgente di neutrini del tipo «mu», cioè prodotti dai mesoni detti mu nel loro decadimento in volo, è generata a seguito delle collisioni dei protoni energici del Super Proton Sincrotrone contro un bersaglio materiale all’imbocco del canale detto Cngs (Cern Neutrino verso il Gran Sasso) che punta verso il Laboratorio dell’Infn sotto la montagna abruzzese (Lngs).

I neutrini di decadimento, dopo avere attraversato circa 730 km di sottosuolo terrestre, possono arrivare sull’apparato che sta nel Lngs e hanno una piccola probabilità di essere identificati. Ma, dai e dai, in 3 anni di raccolta gli «arrivi» registrati sono circa 15.000. Quanto basta per fare una buona «distribuzione» dei tempi di arrivo. Questa distribuzione è confrontata con quella dei mesoni mu possibili genitori di quei neutrini, senza però che si possa sapere chi è il padre di chi: si può solo dire che la distribuzione dei padri si allarga rispetto a un istante centrale che, confrontato con la distribuzione in tempo degli eventi generati dai figli, corrisponde a una velocità di circa 6 km/s superiore a quella della luce.

Apriti cielo! E come la mettiamo con la relatività speciale di Einstein che, come verificato in un numero incredibile di esperimenti con particelle subnucleari di ogni tipo eccetto i neutrini, sembrava fondarsi sul fatto che la velocità della luce fosse un limite invalicabile dai corpi con una massa, cioè dello spostamento di materia nello spazio? Quei neutrini già sono stravaganti per i fatti loro: perché ne esistono di tre tipi, il tipo «e» associato ai decadimenti con elettroni (per esempio dei neutroni nella radioattività beta), il tipo «mu» come abbiamo già detto e il tipo «tau» associato a certi «superelettroni» detti tau, di recente scoperta; ma il bello è che un neutrino che viaggia ha la straordinaria proprietà di oscillare tra le tre possibilità e, nato mu, può morire tau, come nel caso del Gran Sasso. Questo permette la teoria quantistica e questo succede.

Già visto, anche da altri (giapponesi, americani). Ma che, oscillando, superino la velocità della luce, è nuova. Vi ho detto come: lo si vede confrontando le distribuzioni di partenza e di arrivo, 730 km dopo. Sarà vero? Sperarlo è bene, verificarlo è meglio. L’errore statistico (dalle distribuzioni) è confrontabile con l’errore sistematico (la distanza dal Cern è proprio 730 km con 10 cm di errore? La misura dei tempi quanto è precisa? Ecc.).

Finora, sembra che l’errore statistico e quello sistematico siano confrontabili e che la velocità della luce non sia in contraddizione con le distribuzioni ma solo piuttosto improbabile. Un brivido da Superenalotto. Che fa un vero fisico, in questa situazione? Aspetta una nuova misura, possibilmente con un metodo diverso. La pazienza non manca, intanto possiamo ridere degli sfondoni ministeriali e non, per far passare il tempo con mesta allegria.


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