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RICERCHE LOGICO-FILOSOFICHE (E POLITICHE), NELLA SCIA DI KANT (NON DI HEGEL, NON DI DEWEY, E NON DI HEIDEGGER). "L’Io è il mistero profondo", "e non dell’io in senso psicologico"(L. W., Quaderni 1914-1916).

WITTGENSTEIN E "IL MISTERO PROFONDO": UNA QUESTIONE TUTTA DA RIAPRIRE, SUL FILO DELL’ARCHIVIO RITROVATO. Ne parla Arthur Gibson. Un resoconto di Riccardo Staglianò - a c. di Federico La Sala

Prima ha cambiato la storia del pensiero sostenendo di aver trovato la soluzione ultima. Poi l’ha cambiata dicendo il contrario. a sessant’anni dalla morte, a Cambridge salta fuori un baule di scritti che potrebbero cambiare tutto un’altra volta
venerdì 3 giugno 2011 di Federico La Sala
[...] Spiega Gibson: «Da quest’archivio si capiscono cose che illuminano meglio anche scritti successivi. Che la verità per lui non è auto-evidente. Anzi, ciò che sappiamo spesso ci confonde sulla nostra reale ignoranza. Un po’ come illudersi che conoscere le previsioni del tempo per oggi ci dica qualcosa su come sarà tra un mese. E ancora, pur abbandonando l’idea della filosofia come sistema, è come se volesse ricomporre le due parti del suo pensiero. Nelle profondità dell’uso ordinario (...)

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> WITTGENSTEIN E "IL MISTERO PROFONDO": UNA QUESTIONE TUTTA DA RIAPRIRE --- LA SOLUZIONE IN "UN ANEDDOTO DI ARTAUD" (Marie Laure Colasson)

giovedì 22 luglio 2021

LA SCALA DI WITTGENSTEIN, IL MANICOMIO, E LA SOVRANITA’ DI ARTAUD... *

      • Le mie proposizioni illuminano [erläutern] così: Colui che mi comprende [versteht], infine le riconosce insensate [unsinnig], se è asceso [hinaussteigen] per esse - su esse - oltre esse. (Egli deve, per così dire, gettar via la scala [Leiter] dopo essere asceso su essa.) / Egli deve trascendere [überwinden] queste proposizioni; è allora che egli vede rettamente il mondo." (L. Wittgenstein, Tractatus logico-philosophicus, in Id., Tractatus logico-philosophicus e Quaderni 1914-1916, trad. it. di A. G. Conte, Torino, Einaudi, 2009, p. 109).


Antonin Artaud (1896-1948), Poesie scelte, traduzione e commento di Marie Laure Colasson,

La crudeltà della parola

      • [...]

Un aneddoto.

Una sera mentre era internato in un manicomio psichiatrico (alla fine della sua vita che durò nove anni), Artaud si cala dal muro di cinta alla ricerca della libertà perduta. A un certo punto, ritorna al manicomio scalando all’incontrario il muro. Dei poliziotti accorgendosi dello scalatore vogliono arrestarlo. E lui risponde: “ma io sto tornando al manicomio, sono un pazzo”. Ho narrato questo aneddoto in quanto ci dà un profilo del geniale sovversivo, nero, Antonin Artaud il quale ha una importanza fondamentale per la poesia che prenderà corpo nel corso del novecento, una poiesis che fa della immaginazione il perno attorno al quale si può costruire una poesia moderna.

Per Deleuze l’immaginazione non è una facoltà della mente, ma una collezione di idee: «collezione senza album, messa in scena senza teatro, o anche flusso delle percezioni»;1 dunque, non qualcosa che funzioni seguendo un ordine, ma un processo delirante, libero, al quale le idee partecipano. E che cos’è l’idea? In questo senso, non è nient’altro che il dato, l’esperienza: un’impressione nell’immaginazione.

Per il tramite della immaginazione «la letteratura (ormai sarebbe meglio dire la scrittura), rifiutandosi di assegnare al testo (e al mondo come testo) un «segreto», cioè un senso ultimo, libera un’attività che potremmo chiamare contro-teologica, o meglio rivoluzionaria, poiché rifiutarsi di bloccare il senso equivale sostanzialmente a rifiutare Dio e le sue ipostasi, la ragione, la scienza, la legge. [...] Per restituire alla scrittura il suo avvenire, bisogna rovesciarne il mito: prezzo della nascita del lettore non può essere che la morte dell’Autore».2

1 G. Deleuze, Empirismo e soggettività, Orthotes, Napoli-Salerno, 2018, p. 13

2 R. Barthes, Il brusio della lingua. Saggi critici IV, Einaudi, Torino, 1988, p. 55

(Marie Laure Colasson)


NOTE:

CUM GRANO SALIS (#KANT/#FOUCAULT, 1784/1984). BRILLANTISSIMO #ARTAUD! SUL SALIRE E SCENDERE (#DANTE2021), CONSIDERARE ANCHE LA LEZIONE DI #WITTGENSTEIN ("Tractatus", 6.54).

FLS


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