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"DA DOVE VENIAMO? CHI SIAMO? DOVE ANDIAMO?": IMPRESSIONISMO, POST-IMPRESSIONISMO .... E "L’ORIGINE DEL MONDO" (Gustave Courbet, 1866).

ARTE E CONOSCENZA: LA RIVOLUZIONE DELLO SGUARDO. Dal Musée d’Orsay di Parigi al Mart di Rovereto (Trento), opere di Monet, Cézanne, Pissarro, Sisley, Renoir, Degas, Toulouse-Lautrec, Van Gogh, Gauguin, Morisot, Vuillard, Bonnard, Denis, Courbet. Una breve presentazione, con una nota - a c. di Federico La Sala

(...) una rilettura di quel cruciale passaggio che ha preparato il terreno alle avanguardie artistiche europee del primo Novecento (...)
venerdì 8 febbraio 2013 di Federico La Sala
[...] I capolavori di questi ed altri artisti saranno presenti nella mostra del Mart: un’occasione unica per conoscere da vicino, attraverso opere esemplari, il più entusiasmante periodo della ricerca pittorica tra Ottocento e Novecento [...]
Da dove veniamo? Chi siamo? Dove andiamo? (Paul Gauguin, 1897)
"Duemila anni fa, un ovulo fu miracolosamente fecondato dall’azione soprannaturale di Dio, da questa meravigliosa unione risultò uno zigote con un patrimonio cromosomico proprio. Però in (...)

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> ARTE E CONOSCENZA: LA RIVOLUZIONE DELLO SGUARDO. --- LE VICENDE DEL QUADRO DI COURBET RICOSTRUITE DA THIERRY SAVATIER (di Sergio Luzzatto - L’ origine del mondo, storia di un tabù).

domenica 20 marzo 2011

-  THIERRY SAVATIER RICOSTRUISCE LE VICENDE DEL QUADRO DI COURBET.
-  AFFASCINÒ GONCOURT, SFUGGÌ AI NAZISTI E FINÌ NELLO STUDIO DELLO PSICOANALISTA

-  L’ origine del mondo, storia di un tabù

-  Tutti i collezionisti tennero il dipinto dietro un pannello.
-  Lacan si divertiva a guardare le facce degli spettatori

di Sergio Luzzatto (Corriere della Sera, 24 maggio 2008) *

Non era mai stato facile superare l’ esame del gusto di Edmond de Goncourt. E meno che mai dopo il 1870, quando, sia il disastro della guerra franco-prussiana, sia lo strazio per la morte del fratello Jules avevano reso il suo Journal lo sfogatoio di un uomo invecchiato e inacidito. Così, ad esempio, in data 30 giugno 1889. Mentre si celebrava in pompa magna il centenario della Rivoluzione francese, Edmond annotava, feroce: «Se esiste nel collezionismo un certificato di pessimo gusto, è la collezione di piatti della Rivoluzione messa insieme da Champfleury. Credo che nella ceramica di tutti i popoli, dall’ inizio dei tempi, nulla sia stato prodotto di tanto brutto, di tanto idiota, di tanto rivelatore dello stato anti-artistico di una società».

Ma proprio il giorno prima, sabato 29 giugno, il diario di Edmond aveva registrato un giudizio positivo: per una volta, un’ opera d’ arte era uscita promossa dall’ esame del severissimo connaisseur. Era successo dopo la visita a un antiquario parigino specializzato in arte orientale. Deluso dai nuovi arrivi di oggettistica giapponese, Goncourt stava per andarsene quando il commerciante aveva aperto il pannello di una cornice chiusa a chiave, rivelandogliene il contenuto nascosto. Ben altro che una giapponeseria: «È il quadro dipinto da Courbet per Khalil-Bey, un ventre di donna dal monte di Venere nero e prominente, sullo spiraglio d’ una vulva rosa... Davanti a questa tela che non avevo mai visto, devo fare ammenda e rendere onore a Courbet: quel ventre è bello come la carne di un Correggio».

Sebbene affidato al segreto del Journal, come doveva essere costato caro un simile riconoscimento all’ indole fiera di Edmond de Goncourt! Lui che di Gustave Courbet (grande amico di Champfleury) aveva sempre pensato tutto il male possibile, e che, quando aveva visto con Jules - oltre vent’ anni prima, nel 1867 - la collezione privata del diplomatico turco-egiziano Khalil-Bey, ne era rimasto letteralmente inorridito! Inorridito dai «corpi terrei, sporchi, merdosi» delle «due lesbiche» ritratte da Courbet nel Sonno, come pure dai corpi femminili «rigidi come manichini» ritratti nel Bagno turco da un altro «imbecille popolare», Dominique Ingres!

Nel 1867, però, a nessun visitatore era stata mostrata l’ opera più scandalosa della collezione di Khalil-Bey, la piccola tela che Goncourt avrebbe scoperto due decenni più tardi nella bottega di un mercante d’ arte giapponese. A nessuno era stata mostrata L’ origine del mondo.

Oggi, la tela di Courbet è tranquillamente esposta accanto ad altri suoi capolavori in una sala del Musée d’ Orsay, a Parigi. Ci è arrivata nel 1995, e rapidamente si è conquistata un posto di riguardo nelle preferenze dei visitatori: al borsino delle cartoline più vendute nel negozio del museo, risulta seconda soltanto al Moulin de la Galette di Renoir.

Su Google Images, chi digiti «l’ origine du monde» viene subissato da centinaia di migliaia di links, il video tappezzato da innumerevoli repliche o varianti di uno stesso monte di Venere nero e di uno stesso spiraglio di vulva rosa. Ma appunto, questa è la storia di oggi, o di ieri. Fino agli sgoccioli del Novecento - per un secolo e passa dopo che Courbet l’ aveva dipinta, nell’ estate del 1866 - L’ origine del mondo ha conosciuto un destino esattamente contrario. Non un massimo di notorietà e di visibilità, ma un massimo di segretezza e di dissimulazione.

Impossibile stupirsene, se è vero che il dipinto di Courbet rappresentava ben di più che una semplice sfida al vittoriano (o al comune) senso del pudore. L’ origine del mondo non era, banalmente, un nudo più spinto di altri nella lunga storia dei nudi. Era qualcosa di unico nella pittura occidentale, perché rappresentava precisamente quanto gli artisti avevano da sempre evitato di illustrare: il sesso femminile. Courbet aveva scelto addirittura di escludere dal quadro il viso della modella, non dipingendone che il ventre. E così facendo, aveva trasformato una donna senza volto nella donna in generale. La madre di tutti gli uomini e di tutte le donne di ogni tempo. La madre di ognuno di noi. Per questo, scrivere la storia del dipinto di Courbet equivale a scrivere, in fondo, la storia moderna di un tabù.

Che è poi quanto si è proposto il critico francese Thierry Savatier in un bel libro tradotto ora dalle edizioni Medusa, Courbet e «L’ origine del mondo». Dove vengono puntualmente ricostruite le circostanze di nascita della tela, dalla curiosa figura del committente, il dignitario ottomano Khalil-Bey, alla misteriosa figura della modella, legittima proprietaria della vulva rosa: tradizionalmente ritenuta un’ amante occasionale di Courbet, Joanna Hifferman detta Jo l’ Irlandese, mentre Savatier suppone che l’ artista si sia ispirato piuttosto a una fotografia licenziosa. E dove, soprattutto, vengono sapientemente ricostruite le misteriose identità dei successivi proprietari del quadro, di cui Khalil-Bey si era sbarazzato quasi subito dopo averlo acquistato da Courbet.

Colui che più a lungo possedette L’ origine del mondo (per quarantadue anni, dal 1912 al 1954) fu un collezionista ungherese di origini israelite, il barone Ferenc Hatvany. Come i proprietari precedenti, teneva il quadro nascosto dietro un pannello rappresentante un altro soggetto, e non lo mostrava che ad alcuni ospiti fortunati. Nel 1942, i progressi dell’ antisemitismo in Ungheria convinsero Hatvany a depositare nel forziere di una banca di Budapest, intestati a un prestanome «ariano», i pezzi della collezione che più gli erano cari: Courbet compreso.

Sicché due anni dopo, quando il plenipotenziario del Terzo Reich per la Soluzione finale del problema ebraico in Ungheria - Adolf Eichmann - sequestrò il grosso della collezione Hatvany e lo fece inviare in Germania, non gli riuscì di mettere le mani su L’ origine del mondo. Ci riuscirono invece, all’ inizio del ’ 45, i «liberatori» sovietici, dai quali Hatvany dovette ricomprare il dipinto sotto banco, dopo la fine della seconda guerra mondiale.

L’ ultimo privato che possedette il quadro di Courbet fu uno psicanalista francese, cui il barone ungherese lo aveva venduto poco prima di morire: il più adatto dei proprietari possibili, il più professionalmente consapevole del duplice significato della parola «possesso» applicata a un soggetto del genere. Anche Jacques Lacan conservava L’ origine del mondo nascosta dietro un pannello, nello studio della sua casa di campagna, non rivelandone il segreto che agli ospiti d’ élite: Dora Maar, Marguerite Duras, Claude Lévi-Strauss... E quando finalmente svelava il dipinto, Lacan concentrava il proprio sguardo non sul monte di Venere, ma sullo sguardo dello spettatore. Si divertiva a farsi voyeur del voyeur.

  • * * Il saggio Il volume del critico francese Thierry Savatier - Courbet e «L’ origine del mondo» - Storia di un quadro scandaloso, traduzione di Roberto Peverelli, Edizioni Medusa, pp. 344, 18,50 - è in libreria da oggi. Il saggio racconta la storia di un quadro definito «osceno» da più generazioni: dal committente, un diplomatico ottomano, all’ ultimo proprietario privato, lo psicoanalista Jacques Lacan.

*Luzzatto Sergio

* Corriere della Sera, 24 maggio 2008


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