Le piazze e la Costituzione
di Curzio Maltese (la Repubblica, 13.03.2011)
Piazze invase dai tricolori, guerra di cifre. Giustizia, parla Vietti: la riforma non punisca i magistrati
"Un milione per Costituzione e scuola"
Il tricolore e la Costituzione, l’inno di Mameli e «Bella ciao».
Le cento piazze italiane hanno sapute leggere, fin dai simboli, la storia di questi anni, l’essenza della scontro politico in atto da quindici anni.
Assai meglio di quanto non sappiano fare i partiti.
Nel Paese c’è una minoranza che non si riconosce nei valori della Carta e c’è una maggioranza che invece vorrebbe vedere applicato il patto fondante della Patria. Questo è il vero conflitto
Nei 150 anni di unità, l’Italia, al prezzo di immani tragedie, è riuscita a darsi una sola vera e grande patria. Questa patria è la Costituzione antifascista. Le altre idee di patria, dal fascismo in su o in giù, sono state piccole, miserabili e funeste. Da quindici anni la lotta politica non è quella che si racconta, fra una destra e una sinistra quasi altrettanto immaginarie, almeno secondo i parametri delle altre democrazie. Tanto meno fra berlusconismo e anti berlusconismo, categorie al pari esagerate rispetto all’esiguità e a tratti il grottesco del personaggio.
Il cuore del conflitto sta altrove, fra un’Italia di larga e compatta minoranza che non crede ai valori della Costituzione, non li pratica e vorrebbe cancellarli, e un’Italia maggioritaria, ma divisa, che si riconosce nel patto fondante della Repubblica e vorrebbe vederlo finalmente applicato. Era questa la fotografia politica del Paese nel ’94, subito dopo la discesa in campo di Berlusconi, confermata dai referendum costituzionali del 2006, e tale rimane ancora oggi. In mezzo, il grumo di poteri ideologicamente anticostituzionali che ora chiamiamo col nome di un ricco imprenditore che si è adoperato con ogni strumento culturale, politico, economico per attaccare e distruggere le basi stesse del patto democratico. Senza risparmiare nessuno dei valori fondanti, dal ripudio della guerra alla prevalenza dell’interesse pubblico sul privato, dalla separazione dei poteri alla laicità dello Stato, al ruolo di garante costituzionale del Presidente della Repubblica. Anche attraverso l’azione parallela di un revisionismo storico che punta al massimo e blasfemo scopo di equiparare i partigiani e i repubblichini di Salò.
Se domani, per ipotesi, sparisse Berlusconi, il conflitto non cambierebbe nella sostanza di una virgola. Diventerebbe soltanto più limpido, sgombrato dalle nebbie del populismo mediatico. Lasciando più spazio alla Lega, cioè alla forza che con schiettezza identifica l’attacco alla Costituzione antifascista con l’attacco all’unità del Paese. Come avviene già in questi tempi di berlusconismo agonizzante, in cui è la Lega l’autentico motore politico dell’azione di governo.
Questa è la posta in gioco. Così l’hanno illustrata le cento piazze d’Italia, con la semplice forza dei simboli, degli inni e delle duecento parole con le quali i padri costituenti hanno scritto la prima parte della Carta. In modo che proprio tutti possano comprenderla, anche coloro che continuano a non volerlo fare. Così l’hanno percepita e spiegata di recente artisti come Roberto Benigni o Roberto Saviano, e l’hanno trasformata in racconto popolare. Il giorno in cui i partiti dell’opposizione sapranno capire e spiegare la posta in gioco con altrettanta chiarezza, sarà un gran bel giorno per la democrazia italiana.