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RIPENSARE L’EUROPA. PER IL "RISCHIARAMENTO" ("AUFKLARUNG") NECESSARIO. ANCORA NON SAPPIAMO DISTINGUERE L’UNO DI PLATONE DALL’UNO DI KANT, E L’IMPERATIVO CATEGORICO DI KANT DALL’IMPERATIVO DI HEIDEGGER E DI EICHMANN !!!

FREUD, KANT, E L’IDEOLOGIA DEL SUPERUOMO. ALLA RADICE DEI SOGNI DELLA TEOLOGIA POLITICA EUROPEA ATEA E DEVOTA. Un breve saggio di Federico La Sala, con prefazione di Riccardo Pozzo.

In questa lezione incontriamo un altro Kant (...) Foucault scopre in Kant il contemporaneo che trasforma la filosofia esoterica in una critica del presente che replica alla provocazione del momento storico (...)
venerdì 3 maggio 2024
Foto. Frontespizio dell’opera di Thomas Hobbes Leviatano.
SIGMUND FREUD E LA LEZIONE DI IMMANUEL KANT: L’UOMO MOSE’, L’ UOMO SUPREMO, E LA BANALITÀ DEL MALE. I SOGNI DELLA TEOLOGIA POLITICA ATEA E DEVOTA E LA RIVOLUZIONE COPERNICANA. NOTE PER UNA RI-LETTURA
QUESTO L’INDICE (il testo completo è allegato - qui in fondo - in pdf):
I
PRIMA PARTE:
SIGMUND FREUD, I DIRITTI UMANI, E IL PROBLEMA DELL’ (...)

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> FREUD, KANT, E L’IDEOLOGIA DEL SUPERUOMO. --- La filosofia e il «modello ariano». Martin Bernal, una scossa al mito del «miracolo greco» (di Luciano Canfora)

martedì 2 luglio 2013

Martin Bernal, una scossa al mito del «miracolo greco»

di Luciano Canfora (Corriere della Sera, 02.07.2013)

In una celebre scena del film The Train (1964) l’ufficiale nazista (Paul Scofield), proteso a portarsi via opere d’arte francesi, mentre la Wehrmacht è in rotta precipitosa, si rivolge al ferroviere francese Labiche (Burt Lancaster), abilissimo nel sabotaggio, e gli ingiunge: «Allarga i tuoi orizzonti, Labiche!». Allargare gli orizzonti molto spesso non piace: soprattutto quando sussiste una forte tradizione che è difesa da studiosi non inclini a modificare le loro categorie mentali, ed è sorretta dal «senso comune» e dalle conseguenti, robustissime, vulgate.

È il caso delle reazioni all’importante libro di Martin Bernal, Black Athena (Londra, 1987), tradotto opportunamente da Pratiche Editrice (Parma) nel 1991. Bernal ebbe il merito di dire con chiarezza e sorreggere con seria documentazione quello che alla cultura antica, da Erodoto a Diodoro Siculo, era ben noto: che cioè il cosiddetto «miracolo greco», lungi dall’essere un «miracolo», era in realtà un rilevante e originale tassello di un grande flusso di civiltà, sorto in Oriente e fervidamente operante sin dal III millennio in aree cruciali del mondo antico quali la Mesopotamia e l’Egitto.

Nel secondo libro delle Storie, Erodoto spiega distesamente la dipendenza del pantheon ellenico da quello egizio, e chiama in causa i semi-mitici Pelasgi come punto di partenza e intermediari di grandi fenomeni di trasmigrazione culturale. E ricorda anche l’imbarazzo del greco Ecateo di fronte all’antichissima realtà statale-religiosa dell’Egitto. Diodoro di Sicilia è molto più dettagliato e forse anche più divertente. Né si dimenticheranno il Crizia ed il Timeo di Platone. Attraverso la celebre metafora del «viaggio in Egitto» del legislatore ateniese Solone, Platone getta un ponte tra i Greci «fanciulli» ed il loro antefatto culturale: lì sono gli «antichissimi Egizi» ad aiutare i Greci a riscoprire un loro passato remoto e sepolto.

Come ogni «miracolo», anche il «miracolo» greco era una invenzione. Era una invenzione della cultura «ariana» sviluppatasi nell’Europa moderna del tardo XVIII secolo e affermatasi in modo sempre più fastidioso - e alla fine minaccioso - nei due secoli seguenti.

Quando apparve in italiano il bel libro di Bernal, un coltissimo outsider quale fu Beniamino Placido ne scrisse nella rivista «Quaderni di storia» (1992). E osservò efficacemente - andando al cuore del libro di Bernal - che il «modello ariano» è stato messo a punto nel momento in cui l’Europa bianca si preparava a colonizzare l’Africa nera. «E l’America anglosassone si preparava a dire "fatti più in là", con le buone o con le cattive, ai suoi indigeni dalla pelle rossa. Faceva comodo pensare che noi - noi bianchi, noi greci - siamo radicalmente diversi e definitivamente migliori».

Bernal (1937-2013), nato a Londra, aveva conseguito all’Università di Pechino nel 1960 un diploma di lingua cinese. A Cambridge, nel 1966, un PhD in «Oriental Studies». Poi era passato negli Stati Uniti alla Cornell University. Suo nonno era stato un notevole egittologo. Quando il suo libro fece scandalo e lo si tacciò di essere anti-europeo, replicò: «My enemy is not Europe, it’s purity»!


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