Sulla posizione di Armando Torno a proposito di Heidegger
cfr. la lettera seguente, inviata il 17 aprile scorso da Livia Profeti
al Corriere della sera a seguito della pubblicazione di un articolo apologetico su uno dei corsi universatori più nazisti di Heidegger:
Gentile Direttore,
le scrivo come intellettuale preoccupata dal razzismo che serpeggia nel nostro paese, ritenendo che le pagine culturali di un grande quotidiano democratico come il Corriere della Sera possano costituirne una difesa. Sono quindi rimasta sorpresa da quella dedicata ieri ai corsi del primo rettore-führer del nazionalsocialimo Martin Heidegger, nella cui critica al biologismo, secondo Armando Torno, ci sarebbe la prova che già nel 1933 egli aveva compiuto uno «strappo» dal Terzo Reich.
Al contrario, da diversi anni vige un dibattito internazionale che, ben oltre l’impegno di rettorato, verte sui fondamenti nazisti dell’intera filosofia heideggeriana, dimostrati dal francese Emmanuel Faye nel suo Heidegger, l’introduction du nazisme dans la philosophie, della cui prossima traduzione in Italia (dopo Germania, Spagna e Stati Uniti) sono curatrice per L’Asino d’oro. Infatti, per rimanere alla questione del biologismo, già Hitler in un discorso dell’agosto del 1933 l’aveva “superato” proprio con il vocabolario heidegerriano, sostenendo che l’appartenere «autentico» dei nazionalsocialisti a una specifica razza dipendeva dalla loro «essenza», e dopo il 1933 molti ufficiali delle SS, Himmler per primo, sostenevano che l’«identità razziale» fosse più un «un modo di intendere la vita» che una questione di consanguineità.
Ciò dimostra che una certa distanza dal biologismo era perfettamente compatibile con l’adesione al razzismo nazista, come nel caso appunto di Heidegger, che al suo posto reclama quell’alleanza di “sangue e spirito” che si ritrova anche in teorici nazisti più manifesti come Baeumler e Rosenberg.
L’argomento usato da Torno è dunque insostenibile, perché in quei micidiali corsi di “educazione politica” del 1933/34 Heidegger, semplicemente, propone di pensare la razza a partire dalle sue proprie analisi dell’esistenza, e non più sulla base di quella che chiama con disprezzo biologia «liberale», per il fatto che essa non era di origine tedesca bensì appartenente alla inglese «concezione liberale dell’uomo» del XIX secolo.
Se dunque le case editrici italiane dovrebbero essere caute nel divulgare certe posizioni, un quotidiano stimato come il Corriere della Sera potrebbe almeno esporle più problematicamente, al fine di scongiurare il pericolo di una diffusione di tesi naziste nel pensiero, modo attraverso il quale esse possono espandersi come un virus. Con i miei più cordiali saluti e ringraziamenti anticipati per una sperata pubblicazione,
Livia Profeti
Sebbene Armando Torno abbia dato verbalmente risposta alla lettera, egli continua a non presentare quanto meno "problematicamente" il nazismo di Heidegger, nonostante siano molte le fonti, note da tempo, che smentiscono le affermazioni difensive, assolutorie o minimizzanti continute in proposito nell’articolo pubblicato oggi.
A titolo di esempio, per quanto riguarda un aspetto particolare del legame tra Heidegger e il cattolicesimo, ricordiamo il saggio degli psichiatri Peter e Paul Matussek, pubblicato su Il sogno della farfalla (nn. 3/2009 e 1/2010, traduzione Blume Gra a cura di Livia Profeti), che chiarisce la natura della reale "malattia" a seguito della quale Heidegger venne allontanato dal noviziato dei Gesuiti in gioventù.
Mentre a proposito dell’influenza della filosofia heideggeriana sulla chiesa cattolica contemporanea
L’ombra di Heidegger sul Sinodo - di Livia Profeti
* FONTE: "Segnalazioni" di Associazione Culturale Amore e Psiche,
Sul tema, nel sito, si cfr.: