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EICHMANN A GERUSALEMME (1961). “come fu possibile la hitlerizzazione dell’Imperativo Categorico di Kant? E perché è ancora attuale oggi?” (Emil L. Fackenheim, Tiqqun. Riparare il mondo).

HEIDEGGER, KANT, E LA MISERIA DELLA FILOSOFIA - OGGI. Alcune note di Federico La Sala

(...) Ancora oggi, ci sono studiosi che sembrano “prendere sul serio il profetismo di Heidegger” e insistono a dare credibilità ai sogni dei visionari e dei metafisici (...)
lunedì 22 agosto 2011
[...] Nel 1933, il discorso del rettorato di Martin Heidegger è la ‘logica’ conseguenza dell’assassinio non solo del “Mosè della nazione tedesca” (come voleva Holderlin), ma del Mosè Liberatore e Legislatore dell’intera tradizione abramica (ebraismo, cristianesimo, e islamismo) ed europea. L’"Uno" di Mosè (“Ascolta Israele, il Signore nostro Dio, il Signore è Uno”), come l’“uno”di Kant, diventa l’uno della monarchia prussiana prima (si cfr. la (...)

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> HEIDEGGER, KANT, E LA MISERIA DELLA FILOSOFIA - OGGI. - ---- RESISTENZA E RESA. Il problema degli stupidi (di Goffredo Fofi).

domenica 6 giugno 2010

Il problema degli stupidi

di Goffredo Fofi (l’Unità, 6 giugno 2010)

Dieci anni dopo è il titolo del testo che il pastore protestante Dietrich Bonhoeffer scrisse nella prigione dove era rinchiuso in attesa di venire impiccato per la sua partecipazione all’attentato a Hitler. Lo ebbero fortunosamente i suoi famigliari ed è compreso in un libro che è un classico, Resistenza e resa (Edizioni Paoline 1989, a cura di un amico prematuramente scomparso, Alberto Gallas), che documenta la traversata degli anni bui di una grande anima, dalla nonviolenza alla sofferta decisione di intervenire.

Un decennio dopo la vittoria elettorale del nazismo, il testo di Bonhoeffer è una riflessione che ha perfino di più che in passato molto da insegnarci. Il punto centrale ne è la riflessione sulla “stupidità”. «Per il bene la stupidità è un nemico più pericoloso della malvagità. Contro il male è possibile protestare, ci si può compromettere, in caso di necessità è possibile opporsi con la forza (...) ma contro la stupidità non abbiamo difese». Lo stupido è soddisfatto di sé e «non ascolta argomentazioni », ma parlandogli «ci si accorge che non si ha a che fare direttamente con lui personalmente, ma con slogan, motti ecc. da cui egli è dominato». Lo stupido è «ammaliato, accecato, vittima di un abuso e di un trattamento pervertito, (...) è uno strumento senza volontà» che proprio per questo può essere «capace di qualsiasi malvagità, essendo contemporaneamente incapace di riconoscerla come tale». Una sua «liberazione interiore è possibile, nella maggioranza dei casi», dice Bonhoeffer, «solo dopo esser stata preceduta dalla liberazione esteriore; fino a quel momento dovremo rinunciare ad ogni tentativo di convincere lo stupido».

Inutile cercar di capire cosa pensi “Il popolo” da parte di chi «pensa e agisce in modo responsabile». Utile è cercar di fare quanto è possibile perché reimpari a pensare, ma a partire da cosa se non dall’esempio di pochi, dall’attenzione che i non-stupidi potranno avere per loro, purché, aggiungo, siano davvero non-stupidi? Trent’anni dopo potrebbe essere il titolo di un saggio sul «problema degli stupidi» nell’Italia contemporanea, su una popolazione che è convinta di ragionare («io penso che», esordiamo tutti) e ragiona invece con la testa del potere e del mercato, «degli slogan, motti ecc.» che il potere ha pervicacemente instillato nella sua mente, sul modello nato sotto le dittature e tra Wall Street, Washington, e Hollywood.

L’Italia è un paese di stupidi, di un’immensa maggioranza di stupidi di cui facciamo in qualche modo parte tutti, catturati dal binomio diventato indissolubile, che ci ha drogati e pervertiti: il consumo-e-consenso. Non insisto su questo, ma è bene guardarsi allo specchio, stupidi siamo tutti, chi più chi meno (e di più chi pensa di non esserlo).

L’abbiamo dimostrato nei fatti, il nostro è un paese di un’immensa maggioranza omologata e conformista dove tutti si credono minoranza perché si aggrappano a tradizioni e identità di cui restano minime eco, o a differenze fasulle, di consumi. (Le più fastidiose, per me, le “minoranze narcise”, gruppi e associazioni che riempiono la penisola reagendo al fatto di non contar niente con l’invenzione di carità pelose e divertimenti alternativi, ovviamente “culturali”...).

Un problema forte si poneva a Bonhoeffer e si pone a noi: «il rischio di lasciarci spingere al disprezzo per gli uomini»; per gli stupidi che credono di pensare con la loro testa e oggi, mettiamo, pensano con quella di Berlusconi e dei giornalisti, dei pubblicitari e dei guru, o anche degli “indignati” di una sinistra tutta di chiacchiera. «Disprezzando gli uomini cadremmo esattamente nello stesso errore dei nostri avversari». È un’impresa titanica, di questi tempi, e tuttavia irrinunciabile. Il segreto per riuscirvi sta nell’«imparare a valutare gli uomini più per quello che soffrono che per quello che fanno o non fanno », e qui dovrebbe essere, credo, la chiave del nostro lavoro. Non tagliare i fili e anche se è una fatica di Sisifo, specialmente con i “vicini”, tentare sempre il dialogo, la comunicazione diretta essendo quella mediatica e istituzionale così fortemente corrotta. Per fortuna «è un’esperienza molto sorprendente, ma innegabile, che il male si riveli - e spesso in un arco di tempo inaspettatamente breve - stupido e incapace di raggiungere i suoi obiettivi ».

Per chi vuole essere meno stupido, nell’Italia stupidissima di fine trentennio, e per chi voglia aiutare gli altri a non esserlo, importa, per cominciare, riconoscere la propria parte di stupidità (complicità). Vale per tutti, ma soprattutto per coloro che si sono assunti o si sono trovati ad avere responsabilità minime o massime verso la collettività.


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