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EICHMANN A GERUSALEMME (1961). “come fu possibile la hitlerizzazione dell’Imperativo Categorico di Kant? E perché è ancora attuale oggi?” (Emil L. Fackenheim, Tiqqun. Riparare il mondo).

HEIDEGGER, KANT, E LA MISERIA DELLA FILOSOFIA - OGGI. Alcune note di Federico La Sala

(...) Ancora oggi, ci sono studiosi che sembrano “prendere sul serio il profetismo di Heidegger” e insistono a dare credibilità ai sogni dei visionari e dei metafisici (...)
lunedì 22 agosto 2011
[...] Nel 1933, il discorso del rettorato di Martin Heidegger è la ‘logica’ conseguenza dell’assassinio non solo del “Mosè della nazione tedesca” (come voleva Holderlin), ma del Mosè Liberatore e Legislatore dell’intera tradizione abramica (ebraismo, cristianesimo, e islamismo) ed europea. L’"Uno" di Mosè (“Ascolta Israele, il Signore nostro Dio, il Signore è Uno”), come l’“uno”di Kant, diventa l’uno della monarchia prussiana prima (si cfr. la (...)

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> HEIDEGGER --- I Quaderni neri. Confessioni che non lasciano dubbi. ---- Quando Heidegger sul palco pensò: non sono un cretino (di Emanuele Trevi)

lunedì 7 luglio 2014

Quando Heidegger sul palco pensò: non sono un cretino

di Emanuele Trevi (Corriere della Sera, 07.07.2014)

Perché si prendono certi impegni inutili e assurdi, che finiscono puntualmente per trasformarsi in figure di merda.

Lo volete sapere perché Martin Heidegger, un individuo così mite e distinto, diventò nazista - lui che non sarebbe stato capace di far male a una mosca? Pur esprimendo un discutibile amore per il suolo natio, non c’è, in effetti, un’oncia di vero nazismo nel pensiero del povero Martin.

E allora? Allora lui era nazista perché i nazisti lo chiamavano al telefono. Come va, Herr Professor? Appiamo pizogno ti lei! Zuo penziero è fontamentale per Cermania! Ma davvero?, si chiedeva lui, grande esperto di tutte le forme dello stupore umano. Non avranno sbagliato numero? No, era proprio lui che cercavano: l’autore di Essere e tempo. Lo facevano sentire importante. Considerato. Lo invitavano alle loro parate, alle inaugurazioni. Lo passavano a prendere in macchina. La moglie, quella che preparava le torte, era contenta. Gli faceva bene, al Professor, vedere qualcuno. A volte i nazisti lo mettevano su un palco tutto addobbato di svastiche e aquile, a discorrere di cose per loro incomprensibili. E mentre quei criminali sonnecchiavano, aspettando educatamente che lui arrivasse alla fine, prendeva corpo la più grande figura di merda della storia della filosofia.

Ma lui, poveretto, non ci arrivava. Come poteva? Rientrava forse nei suoi doveri di profondo pensatore quello di far caso a quei lugubri addobbi, a quella gentaglia che lo applaudiva, prima di riportarlo a casa? Il suo unico pensiero sarà stato: allora funziona. Allora non sono cretino.


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