Ormai ci si arrampica sui vetri per dimostrare l’autenticità del lenzuolo di Torino
Sindone ovvero come accalappiare turisti
I promotori della sacra reliquia hanno anche inventato una scienza che si chiama «sindonologia» che però non ha nulla di scientifico ma incrementa il mercato religioso
di Carlo Papini ("RIFORMA", VENERDÌ 11 DICEMBRE 2009, p. 14)
CON perfetta tempestività, data l’annunciata «ostensione » della Sindone di Torino, l’archeologa vaticana Barbara Frale ha pubblicato due libri di «scoperte» cui i media hanno dato grande rilievo. Non potendo più contestare direttamente i risultati della prova scientifica del Carbonio 14, che ha datato il telo alla prima metà del XIV secolo, si cerca ora di riesumare vecchie presunte «scoperte» per mantenere vivo l’interesse del pubblico e rimettere in discussione l’antichità e l’autenticità del reperto.
Nel suo primo libro I Templari e la Sindone1 la Frale ha cercato di dimostrare che la nostra Sindone non sarebbe altro che l’antico Mandylien (fazzoletto) di Edessa tenuto sempre piegato. Una vecchia tesi già formulata da Ian Wilson e del tutto insostenibile perché il fazzoletto di Edessa (perduto ma di cui esistono molte copie), seguendo la leggenda della Veronica, raffigurava il volto di Gesù vivo, con gli occhi aperti, prima della Passione, e non morto come nella Sindone.
Inoltre basandosi soltanto su un’omonimia (uno dei capi dei Templari si chiamava de Charmy come il primo possessore occidentale della Sindone), la Frale ha sostenuto che la Sindone era stata conquistata dai Templari che l’avrebbero adorata in segreto come loro «idolo» particolare. Ipotesi assurda perché, se l’idolo che erano accusati di adorare fosse stato la Sindone di Gesù, essi lo avrebbero confessato apertamente, anziché farsi condannare come idolatri.
In realtà pare che il cognome de Charny fosse molto diffuso nella Francia del tempo e nulla prova che vi sia stato un qualche rapporto tra i Templari e la nostra Sindone. Ma oggi, si sa, i Templari vanno di moda! Il giornalista de La Repubblica Michele Serra ha scritto: «Mi basta sentire la parola “templari” e subito mi precipito perché presagisco una formidabile serie di spassose fandonie»2.
Infatti! Non così L’Osservatore Romano che ha preso molto sul serio il primo libro della Frale dedicandogli una lunga recensione positiva. Un secondo libro della Frale: La Sindone di Gesù Nazareno3, appena uscito, riprende l’annosa questione delle «scritte» rilevate sulla Sindone spingendosi fino a sostenere che il nostro telo conterrebbe addirittura: «l’atto di sepoltura di Gesù Nazareno», scritto sulla Sindone da un funzionario imperiale, «un ignoto impiegato ebreo della morgue di Gerusalemme 4.
Naturalmente nessuno studioso dell’epoca ha mai sentito parlare di una prassi funeraria così assurda e inverosimile: scrivere un «atto di sepoltura» sull’abito funebre che avvolge il corpo del defunto e che andrà distrutto insieme al cadavere! A che pro? Del resto l’esistenza di «scritte» di ogni tipo sulla Sindone di Torino (su cui si è sbizzarrita la fantasia di molti «sindonologi») è stata da molto tempo contestata. Il telo sindonico è di grana grossa, intessuto a spina di pesce. Illuminato a luce radente dà luogo a ombre del tessuto che, con molta fantasia, possono essere interpretate come «scritte». Ma si tratta di un semplice e banale trucco ottico. In realtà sul telo sindonico illuminato perpendicolarmente non appare alcuna scritta.
Tutto questo per non voler accettare i dati storici e scientifici, che sono in perfetto accordo. Essi dimostrano che la Sindone di Torino è stata prodotta a Smirne (attuale Turchia) nei primi decenni del ‘300 con una tecnica raffinata ignota in Occidente (l’immagine è una strinatura del tessuto prodotta da un bassorilievo di metallo riscaldato), donata come bottino di guerra a un modesto feudatario francese - Goffredo de Charny - che se la tenne in casa a Lirey come souvenir della Crociata in Oriente guidata dall’ultimo delfino di Vienne Umberto II (1345- 46), cui aveva partecipato.
La storia dimostra che sia Goffredo sia i suoi eredi sapevano benissimo che si trattava di una «figura seu representacio » della vera Sindone (cioè di un’imitazione). Questa è la verità storica pienamente confermata dalla scienza. Tutto il resto è solo fantasia utile per portare a Torino qualche visitatore in più.
1) I Templari e la Sindone, Il
Mulino, Bologna, 2000.
2) M. Serra, «Il Venerdì di Repubblica
», n. 1115, del
31/07/2009, p. 154.
3) Il Mulino, Bologna, 2009.
4) Così Michele Smargiassi,
Sindone. «Così ho decifrato l’atto
di sepoltura di Gesù Nazareno»,
«La Repubblica», venerdì 20 novembre
2009, pp. 58-59.