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NORBERTO BOBBIO (18 OTTOBRE 1909-12 GENNAIO 2004). Manifestazioni per il centenario della nascita...

NORBERTO BOBBIO: I PRINCIPI DELLA DEMOCRAZIA. Una ’raccomandazione’ del 1958, commentata da Gustavo Zagrebelsky. Con una nota di Massimo Novelli

Il cammino della democrazia non è un cammino facile. Per questo bisogna essere continuamente vigilanti, non rassegnarsi al peggio
martedì 30 dicembre 2008 di Federico La Sala
[...] abbiamo pensato che la democrazia sia un regime naturale, al quale tutti, purché non coartati da qualche dittatore, si sarebbero orientati spontaneamente. Ricorda il discorso di Montesquieu sulla "molla della politica"? La molla che fa funzionare il dispotismo, per esempio, è la paura; il potere dei privilegiati, l’invidia (finché dura e non si trasforma in rabbia). Per la democrazia, che è il regime di tutti, occorre una "virtù" particolare, fatta di serietà e sobrietà negli stili (...)

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> NORBERTO BOBBIO: I PRINCIPI DELLA DEMOCRAZIA. Una ’raccomandazione’ del 1958, commentata da Gustavo Zagrebelsky. ---- Democrazia - "Demo" e "Open Source" (di Antonio Caruso).

martedì 13 gennaio 2009

Democrazia - "Demo" e "Open Source"

di Antonio Caruso

δήμος (démos): popolo e κράτος (cràtos): potere

Democrazia è un termine che ha attraversato il corso del tempo senza peraltro aver mai assunto il valore reale di governo del popolo e oggi, più che mai, sembra aver perso completamente quel significato per assumerne altri due: maschera e dimostrazione ingannevole.

Nel nome del cràtos sono stati commessi crimini terribili e ancora se ne commettono, Gaza è un esempio lampante. Nel nome del démos si perpetuano abusi di ogni tipo.

La democrazia è un’opera incompiuta, una concessione parziale che prevede solo nella sua teorizzazione la partecipazione del popolo e che funge da maschera per quelle oligarchie che si nutrono di potere e prosperano grazie all’egemonia, alla sopraffazione e all’assoggettamento. Gli oligarchi non hanno mai pensato di concedere realmente qualcosa alla popolazione, piuttosto hanno sempre meditato di ingannarla con strumenti subdoli capaci di imporre la dipendenza; per contrastare la forza dirompente di un’umanità stanca e desiderosa di affrancarsi dall’assoggettamento, hanno pensato, di applicare l’etichetta democratica a tutte le loro azioni, così da convincere il popolino incosciente a ostacolare e a contestare il popolo cosciente.

La bilancia pende un po’ troppo sul cràtos, e mai sul dèmos.

La cultura dominante (che domina invece di servire) ci ha abituato a dividere, a separare, a classificare ma mai a considerare gli eventi o le persone in una prospettiva di UNI - ONE in cui gli UNI, i tanti, grazie alla relazione diventano ONE, uno. Ci siamo sempre preoccupati di connotare in modo analitico ogni cosa senza riuscire mai a cogliere l’intero. Edgar Morin ci ha suggerito qualcosa in merito:“C’è un’inadeguatezza sempre più ampia, profonda e grave tra i nostri saperi disgiunti, frazionati, suddivisi in discipline da una parte, e realtà o problemi sempre più polidisciplinari, trasversali, multidimensionali, transnazionali, globali, planetari dall’altra.”

E’ stata la nostra forma mentis a separare il démos dal cràtos, a farci perdere l’equilibrio e a prediligere la dimensione disgregante rispetto a quella unificante. Abbiamo creduto e crediamo che la democrazia sia la panacea per tutti i mali. Ma è proprio nella sua radice che si nasconde l’inganno: demo - crazia.

Le “demo” in informatica sono versioni dimostrative di software che consentono la prova dell’applicativo con delle forti limitazioni temporali o funzionali. Si possono usare solo per alcuni giorni e non permettono di "salvare” il lavoro svolto, ciò che faticosamente l’utente ha “costruito". Sono versioni subdole che fanno "assaggiare” la libertà e la sovranità - la creazione è un atto di sovranità - solo a metà", il fine è sempre lo stesso: invogliare l’utente a comprare il prodotto per rendersi dipendente da altri.

Così è la democrazia, una dimostrazione molto limitata, che lascia solo "assaggiare" la libertà e la sovranità ponendo delle forti limitazioni. Il fine è quello delle “demo”: ottenere il consenso (far comprare il programma) per mantenere il popolo in una condizione di dipendenza. E’ un’ombra nella grotta platonica che ci mantiene legati alla memoria storica in senso stretto, ma non a quella memoria capace di svelarci chi siamo, da dove veniamo e dove andiamo.

Per liberarsi dalla dipendenza il popolo pensante ha dato vita ad un progetto che trova nell’UNI - ONE il suo fondamento e che si chiama “Open Source”. Esso è l’epifania del popolo libero e cosciente, è una sorgente aperta e accogliente che non sopporta le limitazioni e trova nella relazione il suo equilibrio e il suo punto di forza. L’”Open Source” crea in base alle necessità e distribuisce le risorse in modo equo e solidale. E’ il prodromo di una società che potrebbe ESSERE ... se solo volesse.

Antonio Caruso


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