La Chiesa non «collusa» si ribella
di Luca Kocci
in “il manifesto” del 26 febbraio 2012
La Chiesa è spesso alleata del potere, invece dovrebbe schierarsi sempre con gli ultimi e con i senza potere. Lo chiedono in una «Lettera aperta alla Chiesa italiana» - rilanciata ieri dall’agenzia di informazioni Adista - 7 parroci e religiosi, fra cui don Alessandro Santoro della Comunità delle Piagge di Firenze e la teologa domenicana Antonietta Potente, insieme ad oltre 250 cattolici che l’hanno sottoscritta. Il malessere e l’insofferenza verso le strutture gerarchiche e i comportamenti di un’istituzione ecclesiastica che sembra assai distante dal Vangelo sono evidenti: «L’esempio che abbiamo dalla Chiesa ufficiale è, la maggior parte delle volte, quello di pretendere riconoscimenti e difendere i propri interessi, immischiandosi in politica solo per salvaguardare i propri privilegi», si legge nella Lettera aperta .
Non vogliamo «essere collusi e complici», scrivono i religiosi che chiedono che la Chiesa «ripensi la propria struttura gerarchica e i rapporti con la società. Vorremmo che si rifiutasse ogni privilegio economico e soprattutto vorremmo che l’economia delle strutture ecclesiali non fosse complice della finanza e delle banche che speculano con il denaro a scapito del sudore e del sangue di individui e intere comunità, praticando un indebito sfruttamento, non solo delle risorse umane, ma anche di quelle naturali». Fardelli, ma per altri
I credenti, denunciano, non sono considerati e trattati nel rispetto della loro autonomia e libertà - quel «popolo di Dio in cammino» proclamato da un Concilio Vaticano II sempre più soffocato e riportato nel solco della tradizione, da papa Wojtyla prima e da Ratzinger adesso -, bensì gregge obbediente da condurre: «La struttura ecclesiale sembra più preoccupata a guidarci che a farci partecipare», si legge nella Lettera , «le comunità cristiane appaiono più tese a difendere una tradizione che a vivere una esperienza di fede», «ci sentiamo trattati come persone immature, come se non fossimo responsabili delle nostre comunità, ma solo destinatari chiamati a obbedire a ciò che pochi decidono ed esprimono per noi».
Infatti molto spesso la Chiesa interviene «attraverso analisi, sentenze e a volte giudizi, che non ascoltano e non rispettano le ricerche e i tentativi che comunque la società fa per essere più autentica e giusta. Ci sembrano sempre più vere le parole di Gesù nel Vangelo: legano pesanti fardelli e li impongono sulle spalle della gente, ma loro non vogliono muoverli neppure con un dito».
Quello espresso dalla Lettera aperta è un disagio che emerge sempre di più. Dall’interno della stessa Chiesa - assai meno monolitica di quanto viene proclamato dalle gerarchie e dai media istituzionali -, spesso si levano voci critiche non di isolati "battitori liberi" ma di gruppi consistenti di preti, religiosi e religiose che non possono essere etichettati con la categoria del «dissenso», in voga qualche decennio fa, ma che sono pienamente inseriti nel tessuto ecclesiale e che chiedono riforme, anche radicali.
Come quella di un gruppo di preti del Triveneto, fra i quali Albino Bizzotto dei Beati i costruttori di pace, che ad inizio anno fecero un elenco: la Chiesa rinunci ai patrimoni, elimini i cappellani militari e l’ora di religione cattolica, dia spazio alle donne e si apra alla democrazia. Insomma sia più evangelica.