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IL MESSAGGIO EVANGELICO, LA COSTITUZIONE, E IL PARADOSSO ISTITUZIONALE DEL MENTITORE, ATEO E DEVOTO. COME LA "SACRA FAMIGLIA" DIVENNE ZOPPA E CIECA E IL FIGLIO PRESE IL POSTO DEL PADRE DI GESU’ E DEL "PADRE NOSTRO" E DIVENNE IL SANTO "PADRINO".... CON E ACCANTO A "MAMMASANTISSIMA".

LA QUESTIONE MORALE, QUELLA VERA - EPOCALE. AL GOVERNO DELLA CHIESA UN PAPA CHE PREDICA CHE GESU’ E’ IL FIGLIO DEL DIO "MAMMONA" ("Deus caritas est") E AL GOVERNO DELL’ **ITALIA** UN PRESIDENTE DI UN PARTITO (che si camuffa da "Presidente della Repubblica"), che canta "Forza Italia" con il suo "Popolo della libertà" (1994-2012). Questo è il nodo da sciogliere. Materiali sul tema - di Federico La Sala

giovedì 14 giugno 2012 di Maria Paola Falchinelli
VIVA L’ITALIA. LA QUESTIONE "CATTOLICA" E LO SPIRITO DEI NOSTRI PADRI E E DELLE NOSTRE MADRI COSTITUENTI. Per un ri-orientamento antropologico e teologico-politico.
PER L’ITALIA E PER LA COSTITUZIONE. CARO PRESIDENTE NAPOLITANO, CREDO CHE SIA ORA DI FARE CHIAREZZA. PRIMA CHE SIA TROPPO TARDI ...
PER UNA NUOVA TEOLOGIA E PER UNA NUOVA CHIESA.
L’INDICAZIONE DI GIOVANNI XXIII E DI GIOVANNI PAOLO II: LA RESTITUZIONE DELL’ANELLO DEL PESCATORE A GIUSEPPE.
Il loro successore ha il cuore di (...)

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> LA QUESTIONE MORALE, QUELLA VERA - EPOCALE. ---- SULL’INCONTRO DI MONTI CON BENEDETTO XVI. Perché, secondo il pontefice, la soluzione della crisi sarebbe “quasi” insolubile? (diRosario Amico Roxas)

domenica 15 gennaio 2012

Perché, secondo il pontefice, la soluzione della crisi sarebbe “quasi” insolubile ?

di Rosario Amico Roxas

Il Papa al premier: avete cominciato bene in una situazione quasi insolubile

(Il Messaggero del 14 gen.2012

****

Cominciato bene... senza dubbio, perché a essere toccati dalle esigenze di “fare” cassa” sono stati i cittadini di serie B, quelli che non evadono anche perché non possono evadere, stante il fatto di dover subire il prelievo fiscale alla fonte; cominciato bene... perché non si è parlato di patrimoniale per i grandi capitali, perché c’è un tentennamento per indire l’asta per le frequenze TV tanto care all’ex premier Berlusconi, tanto attentamente sostenuto dall’attuale pontefice; cominciato bene perché ancora nessuno ha deciso di far pagare le tasse, sotto qualunque forma, anche al Vaticano.

La situazione diventa così insostenibile, almeno, nell’ottica di Benedetto XVI, che è la medesima ottica berlusconiana ancorata al capitalismo liberista, sì da formare una indegna miscela tra religione, fede, politica ed economia . Diventa insolubile quando sarà necessario “fare cassa” presso quelle caste da troppo tempo aduse ad evadere i doveri per avanzare solamente diritti

Non si riesce nemmeno a capire adeguatamente quale sia la gerarchia dei valori nell’attuale pontefice, e meno che meno lo si capisce attraverso i suoi scritti, a cominciare da quel “Senza radici” scritto a quattro mani con l’ateo razzista Pera, nel quale il cristianesimo viene ridotto ad un elemento distintivo antropologico che riserva un primato agli occidentali europei, in quanto provenienti dalle radici cristiane dell’Europa; un adeguamento ai tempi delle “radici ariane della razza pura”.

L’esaltazione del liberismo si evidenzia nella lettera di presentazione al libercolo di Marcello Pera “Perché dobbiamo dirci cristiani”, firmata Benedetto XVI, come se il pontefice volesse trasferire al suo scritto l’autorevolezza della carica; leggiamo infatti:

«all’essenza del liberalismo appartiene il suo radicamento nell’immagine cristiana di Dio».

Allora il fallimento del liberismo, sancito dall’attuale crisi, che diventerebbe irreversibile se non dovesse arrivare un nuovo modo di intendere e attuare le regole dell’economia, riportando l’economia del lavoro al centro dei rapporti umani, sia politici che economici, sociali e religiosi, porterebbe come diretta conseguenza il fallimento di Cristo; è stato il liberismo che ha stimolato le peggiori evoluzioni del capitalismo, ma il pontefice aggiunge che senza questo radicamento il liberalismo “distrugge se stesso”. Ne deriverebbe che l’antica promessa “non praevalebunt” sarebbe legata e connessa alle sorti dell’economia liberista, fallita l’economia liberista fallirebbe il cristianesimo; Cristo e il cristianesimo trattati, così, come una banca zeppa di titoli-spazzatura.

Allora se l’ateo razzista Pera scrive “Perché dobbiamo dirci cristiani” dobbiamo aspettarci che un prossimo scritto del pontefice esibisca il titolo “Perché dobbiamo dirci liberisti”.

Rosario Amico Roxas

N.B.

Per facilitare il riscontro con il testo originale della lettera-presentazione al libercolo di Pera “Perché dobbiamo dirci cristiani”, ne accludo copia.

*****

Caro Senatore Pera,

in questi giorni ho potuto leggere il Suo nuovo libro “Perché dobbiamo dirci cristiani”.

Era per me una lettura affascinante. Con una conoscenza stupenda delle fonti e con una logica cogente Ella analizza l’essenza del liberalismo a partire dai suoi fondamenti, mostrando che all’essenza del liberalismo appartiene il suo radicamento nell’immagine cristiana di Dio: la sua relazione con Dio di cui l’uomo è immagine e da cui abbiamo ricevuto il dono della libertà.

Con una logica inconfutabile Ella fa vedere che il liberalismo perde la sua base e distrugge se stesso se abbandona questo suo fondamento.

Non meno impressionato sono stato dalla Sua analisi della libertà e dall’analisi della multiculturalità in cui Ella mostra la contraddittorietà interna di questo concetto e quindi la sua impossibilità politica e culturale. Di importanza fondamentale è la Sua analisi di ciò che possono essere l’Europa e una Costituzione europea in cui l’Europa non si trasformi in una realtà cosmopolita, ma trovi, a partire dal suo fondamento cristiano-liberale, la sua propria identità. Particolarmente significativa è per me anche la Sua analisi dei concetti di dialogo interreligioso e interculturale.

Ella spiega con grande chiarezza che un dialogo interreligioso nel senso stretto della parola non è possibile, mentre urge tanto più il dialogo interculturale che approfondisce le conseguenze culturali della decisione religiosa di fondo. Mentre su quest’ultima un vero dialogo non è possibile senza mettere fra parentesi la propria fede, occorre affrontare nel confronto pubblico le conseguenze culturali delle decisioni religiose di fondo. Qui il dialogo e una mutua correzione e un arricchimento vicendevole sono possibili e necessari.

Del contributo circa il significato di tutto questo per la crisi contemporanea dell’etica trovo importante ciò che Ella dice sulla parabola dell’etica liberale. Ella mostra che il liberalismo, senza cessare di essere liberalismoma, al contrario, per essere fedele a se stesso, può collegarsi con una dottrina del bene, in particolare quella cristiana che gli è congenere, offrendo così veramente un contributo al superamento della crisi. Con la sua sobria razionalità, la sua ampia informazione filosofica e la forza della sua argomentazione, il presente libro è, a mio parere, di fondamentale importanza in quest’ora dell’Europa e del mondo. Spero che trovi larga accoglienza e aiuti a dare al dibattito politico, al di là dei problemi urgenti, quella profondità senza la quale non possiamo superare la sfida del nostro momento storico. Grato per la Sua opera Le auguro di cuore la benedizione di Dio.

Benedetto XVI


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